L’analisi sulla criminalità organizzata internazionale nella relazione del primo semestre 2024
Non solo Cosa nostra, ‘Ndrangheta, Camorra e Sacra Corona Unita. Dalla relazione della Dia emerge chiaramente come accanto alle cosiddette mafie tradizionali è sempre più presente nell’intero territorio nazionale l’influenza della criminalità organizzata straniera.
Non una semplice presenza, ma una vera e propria componente strutturale e consolidata del panorama mafioso nazionale. Le indagini più recenti confermano un dato inequivocabile: le mafie italiane e i gruppi criminali stranieri cooperano, si spartiscono affari, territori e profitti, in un equilibrio spesso tacito ma sempre più evidente.
Nel 2024, gli investigatori fotografano una realtà inquietante: i sodalizi criminali di matrice etnica non solo crescono in numero e organizzazione, ma in alcuni settori – come il traffico di stupefacenti – operano ormai alla pari con le storiche mafie italiane.
Dall’Albania all’Africa, il nuovo asse del crimine
Non si tratta più di una presenza marginale o subordinata. La criminalità albanese in Italia ha ormai conquistato un ruolo centrale, spesso paritario rispetto alle mafie autoctone. Silenziosa, spietata, tecnologica, radicata nei traffici internazionali e capace di interloquire direttamente con i cartelli sudamericani, questa nuova mafia sta ridisegnando la geografia del crimine organizzato europeo.
Un’alleanza strategica con le mafie italiane
Le indagini più recenti confermano una collaborazione stabile tra le consorterie albanesi e la ‘ndrangheta, in particolare per la gestione del narcotraffico. La mafia albanese, forte di una presenza consolidata nei principali porti del Nord Europa (Rotterdam, Anversa, Amburgo), gestisce in autonomia importazioni di cocaina dal Sud America, che poi approdano in Italia attraverso la “rotta adriatica” – tra le coste albanesi e quelle pugliesi.
Questo traffico si basa su accordi taciti e patti di non belligeranza: agli albanesi la logistica e l’ingrosso, alle mafie italiane il controllo dello spaccio sul territorio. È la nuova divisione del lavoro criminale, che assicura profitti milionari senza guerre di mafia.
Dalla droga all’economia legale
Il business principale rimane il narcotraffico, ma le consorterie albanesi stanno diversificando i propri investimenti. I proventi illeciti vengono reinvestiti in attività economiche lecite, immobiliari e commerciali, spesso intestate a prestanome. L’infiltrazione nell’economia legale non solo consente di riciclare denaro sporco, ma anche di consolidare il potere sociale e criminale sul territorio.
Secondo le evidenze investigative, alcuni gruppi albanesi operano con modalità tipiche delle mafie tradizionali, comprese le strutture gerarchiche, l’uso sistematico della violenza e codici di affiliazione basati su vincoli familiari o di provenienza territoriale.
© Imagoeconomica
La metamorfosi del crimine: dalla violenza al know-how tecnologico
Se da un lato la mafia albanese resta spietata nella risoluzione dei conflitti interni, dall’altro si dimostra sempre più sofisticata sul piano tecnologico. Alcuni clan sono coinvolti in frodi informatiche, trading online illecito e uso di criptovalute per eludere i controlli finanziari.
In questo, la criminalità albanese si inserisce pienamente in una tendenza comune a molte mafie straniere attive in Italia: sfruttare le falle normative e le innovazioni digitali per muovere capitali e gestire traffici su scala globale.
Dalle strade ai porti: un controllo capillare
La presenza albanese non si limita ai vertici della filiera. I gruppi criminali gestiscono anche il controllo del territorio e la violenza di strada, spesso servendosi di giovani reclutati tra comunità di immigrati o soggetti irregolari. In molte città italiane – da Milano a Bari, da Torino a Roma – i clan albanesi sono diventati punto di riferimento operativo per lo smercio di droga, il recupero crediti illecito e persino per il traffico di armi.
In alcune regioni centro-meridionali, i sodalizi albanesi stanno guadagnando autonomia operativa, affrancandosi dal controllo delle mafie italiane e gestendo direttamente interi segmenti del traffico di droga.
Una minaccia globale, non più periferica
La mafia albanese rappresenta oggi una minaccia sistemica per l’Italia e l’Unione Europea. È quanto emerge anche dal Consiglio Europeo, che ha inserito le reti criminali transnazionali tra le priorità strategiche nella lotta alla criminalità organizzata.
La DIA, attraverso la Rete Operativa Antimafia @ON, ha promosso un nuovo modello di cooperazione investigativa internazionale per fronteggiare queste organizzazioni. Ma gli esperti avvertono: non bastano indagini e arresti. Serve una strategia integrata che coniughi prevenzione, tracciabilità finanziaria, controlli antimafia sugli appalti e strumenti contro il riciclaggio.
La nuova frontiera: baby gang e cybercrime
Se il traffico di droga resta il core business, le nuove generazioni criminali spostano l’asse del pericolo anche nel cyberspazio e tra le strade delle periferie. Le baby gang – spesso composte da giovani salvadoregni o magrebini – sono responsabili di rapine violente e reati predatori. Parallelamente, cresce l’interesse dei gruppi criminali stranieri per il mondo Hi-Tech e la finanza digitale, dove trovano terreno fertile grazie alle falle normative e alla difficoltà di tracciamento.
Mafia nigeriana tra poteri occulti e complessa rete
La mafia nigeriana in Italia è una delle espressioni più pericolose e complesse della criminalità straniera. I gruppi nigeriani operano in modo strutturato e ramificato su tutto il territorio nazionale, con un’influenza crescente nei settori legati al traffico di droga, tratta di esseri umani, prostituzione e frode informatica.
Le consorterie nigeriane, note per le loro strutture paramilitari e le gerarchie rigidamente definite, si rifanno alle tradizioni delle confraternite universitarie nigeriane (i cosiddetti "cults"), come la Black Axe, Viking, EIYE e Maphite. Questi gruppi si caratterizzano per rituali di affiliazione e un forte senso di appartenenza, elementi che conferiscono loro una coesione interna solida e una grande pericolosità.
Anche se spesso agiscono in modo autonomo, questi gruppi hanno mostrato anche una certa capacità di collaborare con altre organizzazioni criminali, comprese le mafie italiane, soprattutto nel settore del narcotraffico. L’attività di spaccio di cocaina, eroina e altre sostanze stupefacenti è uno dei settori principali in cui sono attivi, con una gestione transnazionale che coinvolge rotte europee e collegamenti diretti con i cartelli sudamericani.
Le bande nigeriane sono inoltre fortemente presenti nel settore delle frodi informatiche e nel riciclaggio di denaro, utilizzando sistemi di pagamento informali per eludere il controllo delle autorità e gestire ingenti somme di denaro sporco.
Una caratteristica distintiva di queste organizzazioni è la loro immunità culturale: la lingua, le pratiche rituali e il forte legame con la comunità di origine in Nigeria, rendono difficile per le forze di polizia infiltrarsi o ottenere prove solidi per incriminazioni durevoli. Nonostante ciò, le indagini hanno rivelato che i profitti derivanti dalle attività illecite vengono spesso trasferiti in Nigeria tramite sistemi informali e utilizzati per reinvestire in attività legali o creare fondi neri da reinserire nel circuito economico legale.
Mafie silenziose: i casi Cina e Romania
Diverso, ma non meno pericoloso, il profilo della criminalità cinese, che agisce nell’ombra. Le sue consorterie sono impermeabili, fondate su legami familiari e solidarietà etnica, difficili da infiltrare. Operano tra ristoranti, laboratori tessili e centri massaggi, spesso come copertura di attività come estorsioni, traffico di rifiuti, e riciclaggio.
La criminalità romena, invece, mostra due volti: da un lato bande dedite alla microcriminalità urbana, dall’altro strutture organizzate che ricordano le mafie italiane, attive nel caporalato, nello sfruttamento della manodopera e nel traffico di stupefacenti.
L’Europa alza la voce: la @ON antimafia
A questo quadro in evoluzione risponde la Rete Operativa Antimafia @ON, un progetto di cooperazione internazionale guidato dalla DIA (Direzione Investigativa Antimafia), che mira a scambi rapidi di informazioni e buone pratiche tra forze
dell’ordine europeo e non solo. L’obiettivo è chiaro: trattare le mafie straniere come minacce transnazionali, alla pari delle organizzazioni nostrane.
Perché oggi il crimine organizzato non ha passaporto. Ma ha conti bancari, logistica, cyber-competenze e alleanze strategiche. L’Italia, da sempre terra di mafia, è ora anche snodo e teatro di una criminalità globalizzata che parla tutte le lingue e conosce bene le debolezze del sistema.
ARTICOLI CORRELATI
Ponte sullo Stretto, la DIA: ''Le mafie ora parlano il linguaggio del potere''
Dia: 'Ndrangheta attrae politici e imprenditori. Interessata a opere pubbliche e tecnologia
DIA: ''La Camorra è sempre più evoluta e conquista spazio nelle istituzioni locali''