Emilio Miceli era presente in via Notarbartolo il 23 maggio: “Come può esserci unità se si smantellano gli strumenti di lotta alla mafia”
“Dal corteo si è vista benissimo tutta la scena di un palco smontato che si svuotava, una fuga davvero brutta a vedersi. Comunque la si voglia mettere la sensazione è stata quella di volersi nascondere dall’arrivo di un terzo incomodo”. A dirlo, in un’intervista a La Repubblica, è Emilio Miceli, presidente del Centro Studi Pio La Torre, parlando della polemica scoppiata il 23 maggio a Palermo quando è stato anticipato di dieci minuti il minuto di silenzio, probabilmente per consentire alle istituzioni presenti sul palco dell’Albero Falcone di dileguarsi, per non venire contestate con l’arrivo del corteo di giovani e sindacati. “C’è una parte del Paese che ha la percezione che il Governo sulla lotta alla mafia vada in direzione ostinata e contraria”. Una parte del Paese rappresentata proprio dal corteo di duemila persone che ha sfilato venerdì pomeriggio da Piazza Verdi a Via Notarbartolo. La Fondazione Falcone, nella persona di Maria Falcone, ha parlato di “equivoco” escludendo alcuna intenzionalità. Intervistato sempre da Repubblica l’ex procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso, che aveva letto i nomi delle vittime della strage di Capaci all’Albero, si è detto dispiaciuto. “Ho pensato che anche il corteo fosse arrivato. E ho cominciato a leggere i nomi delle vittime”, ha detto. “Se fossi stato sul palco avrei tenuto d’occhio l’orologio e non credo possa esserci stata una distrazione lunga 10 minuti”, ha commentato Miceli. “Che ci sia stata una regia precisa non saprei, ma di certo il messaggio che è passato negli ultimi anni è sbagliato: due anni fa le cariche e quest’anno una fuga per non rispondere e non affrontare il dialogo. Così è un’inutile parata”. “Se la Fondazione si è appiattita al governo? Non mi sentirei di dire questo, ma è chiaro che la Fondazione non deve essere un’espressione di nessun governo e coltivare la propria autonomia dalla politica di qualsiasi colore”. E sul richiamo all’unità espresso da Maria Falcone “mi sento di dire che questa va costruita giorno per giorno ed è compito della politica e delle istituzioni. Ma è difficile quando la lotta alla mafia non è considerata emergenza nazionale, dato che questa si è radicata anche al Centro e al Nord, come dimostrano tutte le indagini”. “Se mettiamo in fila i fatti che stanno accadendo - ha aggiunto - sembra che si stia andando in direzione ostinata e contraria rispetto alla lotta alla mafia”. Secondo Emilio Miceli “sembra che si stiano cominciando a smantellare gli strumenti a disposizione per la lotta alla mafia. Poi basta vedere cosa sta accadendo nella commissione nazionale antimafia - ha spiegato - dove si sta cercando di derubricare il fenomeno a una mera questione siciliana, come se si volesse riscrivere la storia e questo irrita molto. È come se a queste commemorazioni le istituzioni avessero avuto parla di affrontare una giornata difficile e impegnativa. Perché la verità è che il governo non ha fatto nulla per la lotta alla mafia. Anzi sta smantellando la legislazione antimafia, iniziata con la legge Rognoni-La Torre. Basti pensare a quello che ha detto il pm Alfonso Sabella sulla cattura di Pietro Aglieri. Ha detto espressamente che con il limite di 45 giorni alle intercettazioni non avrebbe mai catturato il boss. Occorre una relazione di minoranza della commissione antimafia - ha concluso - come fu fatto da Pio La Torre nel 1976”.
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