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La vittima era il braccio destro di Naizhong Zhang, noto come “l’Uomo Nero”, capo indiscusso della Triade 

Resta alta l’attenzione degli inquirenti che stanno indagando sull’omicidio di un cittadino cinese in Italia, freddato la sera del 14 aprile a Roma insieme alla sua compagna in via Prenestina, non molto distante dai quartieri di Centocelle e Tor Bella Monaca. I colpi esplosi,  uno alla testa e tre al torace, non hanno lasciato scampo a Zang Dayong, noto anche con il nome di Asheng, ucciso in pieno stile Triade cinese. L’omicidio è avvenuto alle 22:57, e poche ore dopo i carabinieri sono già in azione. Così, in piena notte, gli uomini dell’Arma si presentano in via Casilina, nel cuore di Roma, davanti alla porta di un appartamento che decidono di sfondare. Dentro l’abitazione la scena appare ordinaria: un uomo, sua moglie e la figlia ventenne dormono nelle rispettive stanze. I militari passano al setaccio ogni angolo della casa e della Mercedes parcheggiata fuori. Alla fine, portano via il telefono della donna e la sua scheda SIM. Il motivo dell’interesse da parte dei carabinieri è chiaro: dieci giorni prima, infatti, la famiglia residente in via Casilina era stata fermata dalla polizia proprio in compagnia delle vittime, in via Principe Amedeo, nel quartiere Esquilino, nei pressi di piazza Vittorio, zona nota per la forte presenza della comunità orientale. Dunque, un legame c’è, e gli inquirenti vogliono saperne di più, anche se, come ha spiegato il loro legale, l’avvocato Pasqualino Ferrante, la famiglia ha negato ogni coinvolgimento. “Sono totalmente estranei ai fatti - ha precisato l’avvocato penalista - semplicemente erano amici di una delle due vittime. Confidiamo che le indagini possano restituire verità ai fatti e ribadiamo la piena disponibilità a collaborare con le autorità competenti. Ci appelliamo alla responsabilità degli organi di informazione affinché non si alimentino ricostruzioni arbitrarie che possano arrecare danno all’onorabilità e alla serenità dei miei assistiti”. Tornando al cittadino cinese Zang Dayong, ucciso insieme alla sua compagna la sera del 14 aprile, di lui si sa che non era un semplice commerciante che gestiva un negozio all’Esquilino, ma un soggetto di spicco della criminalità organizzata cinese attiva nella capitale. Dayong era infatti il punto di riferimento a Roma di un personaggio noto agli inquirenti: Naizhong Zhang, soprannominato “l’Uomo Nero”. Secondo l’Antimafia di Firenze, si tratta del capo indiscusso della rete criminale cinese in Italia, un uomo che dirige e coordina attività illecite non solo sul territorio nazionale, ma anche in Francia, Germania e Spagna. Dopo l’intensificarsi del conflitto tra clan rivali - la cosiddetta “guerra delle grucce” che ha insanguinato Prato - l’Uomo Nero si sarebbe trasferito a Roma insieme al figlio e ai suoi uomini di fiducia. Intanto, le indagini dell’Antimafia proseguono, guidate da indizi all’apparenza banali: un telefono, una SIM e una custodia da violino che, forse, nasconde molto più di quanto sembri.

Fonte: Repubblica

Foto © Imagoeconomica

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