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Presenti anche Roberta Gatani, Walter Ferrari e la professoressa Lucia Sciumbata

"Voi giovani siete la mia unica speranza di poter arrivare alla verità e alla giustizia, che è quello per cui combatto da 30 anni". Lo ha dichiarato Salvatore Borsellino, fratello del giudice ucciso dalla mafia il 19 luglio 1992, in videocollegamento con gli studenti dell’ITT Buonarroti di Trento.
L’iniziativa si è svolta nell’ambito del “Progetto Legalità”, attivo da oltre quattro anni, come ha spiegato la docente referente, Lucia Sciumbata. "Vogliamo promuovere il concetto di legalità, cercando di risvegliare gli animi delle nuove generazioni", ha dichiarato all’Ansa.
Altri ospiti sono stati Roberta Gatani, nipote del giudice Paolo Borsellino, e Walter Ferrari, portavoce del Coordinamento Lavoro Porfido, da anni in prima linea nella difesa dei diritti dei lavoratori e nella promozione di una cultura della legalità sul territorio.
"In questo momento", ha aggiunto Borsellino, "sto combattendo una lotta terribile contro un decreto legge, il cosiddetto decreto sicurezza. Oltre a limitare le libertà di tutti, trasformando il nostro Stato in uno Stato di polizia, perché aumenta le pene per le manifestazioni, anche quelle legittime, contiene l’articolo 31, che consente ai servizi segreti – a mio avviso coinvolti in tutte le stragi nel nostro Paese, da Portella della Ginestra in poi – di non rispondere del loro operato di fronte alla legge".
Nell’aula magna dell’Istituto, Roberta Gatani, autrice del libro Cinquantasette giorni, ha raccontato il periodo intercorso tra la strage di Capaci e quella di via d’Amelio. Il libro, ha spiegato, è stato scritto perché "si stanno piano piano cancellando quei giorni che vanno dalla strage di Capaci a quella di via D’Amelio". "Cancellando questi 57 giorni", ha aggiunto, "cancelliamo la grandezza di quest’uomo: la sua passione, il suo senso del dovere, ma anche la sua paura. Era un uomo che amava la vita e che avrebbe certamente preferito non morire. Ma cancellando questi 57 giorni cancelliamo anche le responsabilità di tutte le persone che in quei 57 giorni non hanno fatto nulla. Perché, in realtà, non è stato fatto nulla per provare a salvare Paolo Borsellino".
Insieme a Borsellino e Gatani, ha partecipato all’incontro Walter Ferrari, portavoce del Coordinamento Lavoro Porfido. Nel suo intervento ha invitato i giovani a scegliere tra essere "sudditi o cittadini", ispirandosi a Paolo Borsellino e al motto di Gramsci: “Pessimismo dell’intelligenza, ottimismo della volontà".
Ha citato Leonardo Sciascia e Il giorno della civetta per descrivere l’espansione della mafia dal Sud al Nord, con la metafora della "linea della palma". Sciascia aveva inizialmente creduto che la classe operaia sindacalizzata potesse opporsi alla mafia, ma i fatti, come quelli emersi in Trentino, lo hanno portato a ricredersi. L’indagine “Perfido”, in effetti, ha rivelato un "locale di ‘Ndrangheta" nel settore del porfido, con soggetti legati a clan calabresi che hanno acquisito concessioni estrattive e condizionato amministrazioni locali.
Lo stesso giorno, in un’altra sede, si è svolto un ulteriore incontro, promosso dal Coordinamento Trentino Imprenditori e dal suo presidente Andrea Basso, dalla Provincia di Trento e dalla Camera di Commercio. Per parlare di mafia e legalità, è intervenuto don Luigi Ciotti, fondatore del Gruppo Abele e dell’associazione Libera contro le mafie, nella tavola rotonda moderata dall’ex questore di Trento Alberto Francini. Presenti anche il presidente della Camera di Commercio Andrea De Zordo, il presidente del Consiglio provinciale Claudio Soini e il presidente del Consorzio dei Comuni Paride Gianmoena.
"Il procuratore nazionale antimafia ha detto che oggi i rapporti della criminalità organizzata sono diffusi, disincantati e pragmatici", ha spiegato don Luigi Ciotti. "Al Nord le imprese mafiose condividono affari con imprese normali. Hanno una capacità strategica nuova e sono molto adattive ai territori. Nella sua storia, la camorra è stata presente anche in Trentino". E ha poi aggiunto: "Papa Francesco ha chiesto a Libera di organizzare con il Vaticano un momento mondiale sui beni confiscati alle mafie. Per lui, sottrarre ai corrotti quel frutto di violenza e restituirlo per aiutare i poveri era lo schiaffo più forte alla criminalità".
"L’approccio secondo cui saremmo un’isola felice è sbagliato", ha dichiarato il sindaco di Trento Franco Ianeselli. "Il processo Perfido è stato un’occasione di riflessione critica e di consapevolezza. La città è spesso preoccupata per fenomeni di insicurezza in strada: non li sottovalutiamo. Ma il rischio è che, mentre siamo concentrati su questo, ci dimentichiamo di ciò che avviene sotterraneamente. Queste infiltrazioni criminali non sono solo un danno alla libera concorrenza, ma anche alla morale della società".
Insomma, il Trentino non è immune, e la mafia, specialmente la ‘Ndrangheta, lo sa da tempo.

Foto © Davide de Bari

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