Un grave atto intimidatorio ha scosso la cittadina di Manfredonia nella notte tra il 19 e il 20 aprile: colpi d’arma da fuoco sono stati esplosi contro l’auto della madre di Roberto Galli, pubblico ministero della Procura di Foggia, parcheggiata nei pressi dell’abitazione di famiglia. Un gesto definito “vile” e “inquietante” dalle autorità e dalla società civile, che ha riacceso i riflettori sulla lotta alla criminalità organizzata nel territorio foggiano.
Il sindaco di Manfredonia, Domenico La Marca, ha espresso la sua condanna attraverso un post su Facebook, definendo l’episodio “un gesto grave, di minaccia, di fronte al quale la nostra comunità non può far finta di niente”. La Marca ha ribadito l’impegno della sua amministrazione nella lotta alla mafia, sottolineando la scelta di costituirsi parte civile nel processo “Giù le mani”, simbolo di un’amministrazione “blindata” contro corruzione e illegalità. “Non gireremo lo sguardo, non ci laveremo le mani”, ha dichiarato, assicurando piena solidarietà al magistrato Galli, concittadino di Manfredonia. “Siamo sicuri che i responsabili saranno individuati. A testa alta difenderemo la bellezza del nostro territorio dalla puzza della mafia”, ha aggiunto, citando Giuseppe Impastato.
Anche l’associazione antimafia Giovanni Panunzio, intitolata all’imprenditore foggiano ucciso dalla mafia nel 1992, ha preso posizione. In una nota, il presidente Dimitri Lioi ha definito l’atto “un attacco diretto allo Stato e alla giustizia”. L’associazione ha espresso “incondizionata solidarietà” a Galli, sottolineando che “chi colpisce un magistrato colpisce l’intera collettività”. Lioi ha chiesto alle istituzioni una risposta ferma, con protezione per chi opera in prima linea e giustizia per i responsabili. “Non c’è spazio per l’intimidazione, solo per legalità, coraggio e verità”, ha concluso.

  

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