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Riflessioni di Giovanni Spinosa e Giorgio Mazzetti alla presentazione del loro ultimo libro a Bologna

"La Falange Armata è una convenzione strategica unitaria, un compromesso politico a termine."
Voltaire avrebbe detto - “Se vuoi conversare con me, definisci i tuoi termini.” - per questo la presentazione del libro 'I documenti della Falange Armata. La decodifica dei misteri italiani' (Paper First ed.) è iniziata con una definizione data da Giorgio Mazzetti, co-autore del libro assieme all'ex magistrato Giovanni Spinosa.
La sala della Galleria Acquaderni di Bologna, presso la libreria Feltrinelli, ha visto la partecipazione di molti cittadini nonostante il tema non è stato certo uno dei più semplici.
D'altronde si tratta di rivalutazione di tutti gli eventi traumatici tra cui le stragi mafiose e il clima di destabilizzazione politica legate alle bombe di Milano e Roma (luglio 1993), l’attentato di via Fauro a Roma (maggio 1993) e la strage di via dei Georgofili a Firenze (maggio 1993).
Analizzando documenti e comunicati dell’epoca, Mazzetti ha evidenziato, come detto all'inizio, l’esistenza di una “convenzione strategica unitaria”, un’alleanza tra gruppi mafiosi, frange deviate dello Stato e organizzazioni terroristiche.
La Falange Armata, che in pancia aveva anarchici, comunisti, camerati, brigatisti, mafiosi, servizi segreti, apparati e via elencando - insomma tanti gruppi - ha avuto un solo obiettivo: colpire le istituzioni e la giustizia, destabilizzando la Prima Repubblica. Cita, ad esempio, i comunicati che richiamavano un linguaggio politico-terroristico (e per alcuni anche stretto burocratese) simile a quello di gruppi come la RAF tedesca o le Brigate Rosse, rivelando una rete complessa di complicità.


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Mazzetti interpreta questi eventi come un attacco deliberato alla democrazia italiana, culminato nella fine della Prima Repubblica nel 1994. Sottolinea che le stragi non solo distrussero vite e simboli, ma segnarono la morte di un certo modo di fare politica, basato su strutture intermedie. Conclude che comprendere queste dinamiche è cruciale oggi, in un contesto di crisi delle democrazie liberali, per capire come il degrado politico e sociale abbia radici in quegli anni, quando bombe e strategie criminali hanno minato la fiducia nello Stato e nella politica.
Verrebbe da chiedersi, a questo punto, perché questi comunicati, dato che disegnano un quadro tanto complesso quanto inquietante, siano stati nascosti per tutto questo tempo.
Ritrovati grazie al lavoro dei giornalisti di inchiesta Massimiliano Giannantoni e Antonella Beccaria non sono stati accessibili nemmeno alla magistratura, eppure le Istituzioni sapevano, eccome se sapevano.
E oltre al danno, anche la beffa: non solo la Falange Armata venne 'occultata' ma addirittura ridotta alla sola Uno Bianca.
Il 3 novembre 1994 c’è un punto di svolta, ha raccontato Giovanni Spinosa. È l'inizio di una "storia incredibile". Quel giorno, due poliziotti a Rimini seguono una Fiat Tipo bianca sospetta, che li conduce casualmente a Torriana, dove risiede Fabio Savi.


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Un controllo 'fortuito' all’anagrafe rivela la somiglianza di Savi con l’autore di una rapina, avviando le indagini che culminano con il suo arresto e quello del fratello Roberto il 21 novembre 1994. Le perquisizioni nelle loro abitazioni portano al ritrovamento di un arsenale, denaro e prove schiaccianti, confermando il loro coinvolgimento nei crimini della Uno Bianca.
Alle 15:20 del 3 novembre, la Falange Armata invia un comunicato all’Ansa di Trieste (la stessa con la quale ha anticipato la cattura di Salvatore Riina), con riferimenti criptici al processo in corso per l’eccidio del Pilastro (1991) e dettagli che dimostrano una conoscenza approfondita delle indagini e dei processi.
La pubblica accusa in quel processo era rappresentata proprio da Giovanni Spinosa. E il comunicato non gli venne mai mostrato; né a lui, né ad altri magistrati.
Il comunicato è sincronizzato con la scoperta di Savi, cioè l’organizzazione era consapevole della fine imminente della sua operatività. La Falange Armata si dissocia dai Savi il 1° dicembre 1994, sottolineando la propria natura di “intelligence” con “contatti politico-militari” capaci di destabilizzare il Paese.
I Savi, attraverso confessioni rapide e autoincriminanti favoriscono l’assoluzione di altri.
"A scanso di equivoci", ha detto Spinosa, "le sentenze io le rispetto e vanno sempre rispettate" ma sono passati "trent'anni, chi sa qualcosa parli".

Foto © ACFB

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