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La Squadra Mobile di Catania ha eseguito una misura cautelare della Procura etnea nei confronti di quattro persone ritenute responsabili di tentata estorsione, in concorso tra loro, con l’aggravante mafiosa.
Secondo l'accusa accolta dal gip di Catania, i 4 arrestati avrebbero tentato, in concorso tra loro, un'estorsione aggravata dal metodo mafioso. Il provvedimento ha tratto spunto dalla denuncia sporta da un dirigente della società di spedizioni BRT Spa, che riferiva come, a seguito della interruzione dei rapporti commerciali tra quest’ultima società e la Gifra Srl, azienda locale addetta allo svolgimento di attività di facchinaggio nel Capoluogo etneo, due dipendenti della estromessa società lo avrebbero condotto presso l’abitazione di I.F., all’epoca dei fatti sottoposto agli arresti domiciliari, che pretendeva spiegazioni sulla cessazione dei rapporti contrattuali. In tale ambito, I.F. – manifestando interessi economici di fatto sulla Gifra Srl, pur non rivestendo formalmente alcuna carica societaria – avrebbe minacciato il dirigente di gravi ritorsioni all’azienda e agli amministratori dell’azienda di spedizioni qualora i rapporti economici non fossero proseguiti regolarmente. Le indagini svolte, su direttiva della Procura di Catania, da parte della Sezione Reati contro il Patrimonio e la P.A. – Squadra Antiestorsioni – hanno consentito di verificare come I.F. fosse il figlio del detenuto I.G., ritenuto storico appartenente alla compagine mafiosa Santapaola-Ercolano e che i due soggetti che si sarebbero occupati dell’accompagnamento presso l'abitazione sarebbero i cognati di I.F. e dipendenti della Gifra Srl, ovvero gli indagati C.L. e C.F.. Nel corso delle indagini, si sono acquisiti gravi indizi in ordine alle reiterate pressioni intimidatorie e minacce gravi da parte di P.V. (cognato di I.G. ed amministratore di fatto della Gifra S.r.l.) nei confronti dei rappresentanti locali della BRT Spa al fine di ottenere la revoca della risoluzione del contratto di appalto di servizi stipulato con la Gifra S.r.l. ovvero, in alternativa, la corresponsione alla società medesima di una somma di danaro a titolo di “indennità di buonuscita” con parallele richieste di ottenere ulteriori appalti in altre regioni italiane.

Foto © Imagoeconomica

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