L'intervista del procuratore aggiunto della Dda di Milano

"La legislazione sulle indagini antimafia non è stata cambiata, eppure i cambiamenti introdotti non aiutano. La mafia di oggi si combatte contrastando i reati economici. Se le nuove regole indeboliscono le indagini, per esempio riducendo a 45 i giorni delle intercettazioni, è chiaro che questo non giova alle investigazioni anche sui reati di mafia. Perché non sempre è configurabile fin dall’inizio l’aggravante mafiosa, spesso le nostre indagini partono da spunti investigativi rappresentati semplicemente da un reato economico, un fatto di bancarotta, di evasione fiscale".

Anche nel caso dell'abolizione dell'abuso d'ufficio: "È raro che venga contestato nelle indagini antimafia. Ma quello che pesa è il segnale che con queste riforme viene mandato: che non sono poi così rilevanti né socialmente riprovevoli i reati contro la pubblica amministrazione o quelli fiscali. Così vengono di fatto agevolate le mafie che sono riuscite a colonizzare il nostro territorio proprio perché hanno trovato terreno fertile, hanno offerto una serie di servizi a un mondo imprenditoriale già insofferente al rispetto delle regole minime di correttezza fiscale e del libero mercato. Le ultime riforme della giustizia mandano un segnale anche simbolico che è pesantissimo".

Sono state queste le parole di Alessandra Dolci, procuratore aggiunto alla Direzione distrettuale antimafia di Milano in un'intervista al 'Fatto Quotidiano'.

La magistrata ha spiegato che "l'antimafia delle istituzioni" ha fatto notevoli passi avanti "qui al Nord, a partire dall’indagine Infinito-Crimine" dopo "anni di negazionismo, in cui perfino un prefetto di Milano diceva che al Nord la mafia". Tuttavia oggi "la tensione nell’opinione pubblica è calata rispetto a 30 anni fa, al periodo delle stragi. È quindi importante proseguire l’opera di sensibilizzazione e soprattutto di conoscenza del fenomeno mafioso. Devo dire che anche gli organi di informazione non è che siano proprio così sensibili a questi temi".

Inoltre le mafie si sono specializzate nella commissione di reati di natura economica "usando gli stessi modelli comportamentali. In sostanza risponde a una domanda diffusa di evasione fiscale, di conquista di fette di mercato in violazione delle regole della concorrenza. È successo anche nell’ultima indagine, 'Hydra', in cui abbiamo individuato una associazione di stampo mafioso con la compresenza di soggetti che fanno riferimento alla ’Ndrangheta, alla Camorra, a Cosa nostra".

Le mafie, ha detto infine Alessandra Dolci, non hanno abbandonato il "ricorso alla violenza"; "vi ricorrono solo se e quando è assolutamente necessario".

E poi: "Quelli che sono stati scarcerati dopo aver espiato la pena sono diventati tutti imprenditori, mentre quando li avevamo arrestati, anni fa, si occupavano di droga. Settori preferiti, la logistica, la ristorazione e da ultimo è emerso il loro interesse per il mondo del calcio, il mondo ultrà. Certo, resta anche la droga: Milano è rimasta un crocevia dei traffici di droga, come e più di prima".

Fonte: Ilfattoquotidiano.it

Foto © Imagoeconomica

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