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Il legale: completamente estraneo ai fatti

La Procura di Milano ha chiesto nuovamente gli arresti domiciliari per Enrico Pazzali come capo del "sistema dei dossier", e il presidente autosospeso della Fondazione Fiera ha risposto difendendosi nel "merito". Ha sostenuto di essere stato vittima di una macchinazione dei suoi ex collaboratori della Equalize, che lo hanno tagliato fuori dalla "gestione operativa". I contatti con "apparati di sicurezza" dello Stato e servizi segreti sono stati definiti "fantasiosi", e il manager pubblico sessantenne ha affermato di essere sempre stato "inconsapevole" dei furti alle banche dati di forze dell’ordine e istituzioni.
Nell’inchiesta Equalize, i primi indagati hanno sfilato in tribunale a Milano. Davanti ai giudici del Riesame Savoia-Nosenzo-Ambrosino, il pm Francesco De Tommasi e il sostituto della Direzione nazionale antimafia, Antonello Ardituro, hanno rinunciato a chiedere la custodia cautelare in carcere per i tre membri della banda di via Pattari 6 che hanno collaborato, rendendo decine di ore di interrogatorio: l’ex superpoliziotto Carmine Gallo, morto il 9 marzo d’infarto mentre era detenuto in casa, l’informatico-hacker Samuele Calamucci, il suo socio e amico Massimiliano Camponovo e il 38enne di Reggio Emilia, fornitore della società di business intelligence, Giulio Cornelli. Sono state ribadite invece le richieste di custodia cautelare in carcere per altre nove persone, nei cui confronti a ottobre il gip ha ritenuto non sufficienti gli indizi raccolti dai carabinieri del Nucleo investigativo di Varese nei due anni di inchiesta, ora passata definitivamente nelle mani del ROS, ufficialmente per ragioni "organizzative" e di "razionalizzazione": l’imprenditore romano Lorenzo Sbraccia, al centro – secondo gli inquirenti – di affari oscuri e presunte corruzioni per alcune nomine al Csm, gli investigatori privati Luca Cavicchi, Lorenzo Di Iulio, Daniele Rovini, Samuele Abbadessa, Mattia Coffetti, l’ex militare del ROS, sedicente appartenente ai servizi segreti, Vincenzo Di Marzio, il poliziotto Marco Malerba e il finanziere della Dia di Lecce, Giuliano Schiano, presunti agenti infedeli delle forze dell’ordine attraverso cui hanno avuto accesso illegalmente alle banche dati di polizia, guardia di finanza, fisco e Agenzia delle Entrate.

Oltre a Pazzali, i pm hanno chiesto di mettere ai domiciliari anche Gabriele Edmondo Pegoraro, informatico già dipendente di società che hanno fornito intercettazioni per diverse procure, e il 55enne dell’hinterland milanese, Daniele Sirtori. È stato chiesto anche il sequestro preventivo finalizzato alla confisca di "beni aziendali, conti correnti e il 100% del capitale sociale" delle società private di intelligence e investigazioni non toccate dall’ordinanza di sei mesi fa: la Neis Agency di De Marzio, la SKP Investigazioni & Servizi di Sicurezza e SKP Servizi di Sicurezza, amministrate dall’indagato Rovini, e la Safe Harbour srl. Queste si sono sommate alle aziende già "sigillate", come la Equalize di Pazzali, che è finita in liquidazione.
Il manager pubblico, vicino al centrodestra ed ex capo dell’EUR, si è dichiarato totalmente "estraneo ai fatti", ha affermato l’avvocato Federico Cecconi che lo ha assistito. "Ancora non è stato interrogato" e ha inteso "certamente farsi sentire dai pm", ma ha negato di essere mai stato a conoscenza di intercettazioni e accessi abusivi per realizzare i report che la società ha venduto a grandi clienti dell’industria e della finanza italiana. Le dichiarazioni di Gallo e Calamucci, messe a verbale in sei interrogatori fra dicembre e febbraio, sono state considerate "del tutto inattendibili", ha scritto il legale in una memoria di 35 pagine in cui ha raccolto quella parte di intercettazioni telefoniche e ambientali che hanno sembrato suggerire l’estraneità di Pazzali ("io non gli dico nulla, manco dello SDI gli ho mai detto", ha affermato a un certo punto Gallo), seppure in contraddizione con altre che sono apparse di senso opposto. Di certo, Pazzali ha negato di aver mai ordinato dossieraggi nei confronti degli amici di una vita e sponsor politici, su tutti quello nei confronti del Presidente del Senato, Ignazio La Russa, e dei suoi familiari. Per una decisione dei giudici, ci sono state almeno altre due udienze per vagliare tutte le posizioni a fine marzo e inizio aprile.

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