Le parole del fondatore del Movimento delle Agende Rosse ai microfoni del Corriere di Siena
“Un valore importantissimo. È necessario sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema della mafia e della criminalità organizzata su cui purtroppo si spendono troppo parole ma la realtà va in senso opposto”. A parlare è Salvatore Borsellino, fratello del giudice Paolo e fondatore del Movimento delle Agende Rosse, ai microfoni del Corriere di Siena.
“Negli ultimi anni abbiamo assistito a tante iniziative che tendono a contrastare la malavita comune ma non la grande criminalità, quella delle mafie - spiega -. Contro la corruzione, gli abusi di potere, la penetrazione nei meccanismi del potere si tende ormai a spuntare le armi della magistratura che sono state date dall'opera di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino”.
Ad esempio, continua, “attraverso la riforma dell'ergastolo ostativo oppure il 41 bis che è a rischio per l'affollamento delle carceri”. “I politici a parole si ispirano a Borsellino, invece tutta la struttura per contrastare la mafia viene demolita a poco a poco”, dice incalzato dalle domande di Andrea Bianchi Sugarelli.
“La mafia è cambiata. La spinta a collaborare come accaduto con Brusca ed altri si sta annullando. Nel momento in cui è stato smantellato l'ergastolo ostativo tutto cambiato”, aggiunge commentando le parole del procuratore di Prato Luca Tescaroli, che nei giorni scorsi, durante la presentazione del suo libro “Pentiti” (ed. Rubettino) a Siena, sottolineava la necessità di estendere agli stranieri le norme dei collaboratori di giustizia. Un modo per affrontare la mafia cinese, quella albanese e nigeriana.
“Oggi i mafiosi godono di permessi premio senza dichiarare la volontà di collaborare con la giustizia - continua Salvatore -. Si stanno smussando le armi e nel contempo vengono limitate le possibilità per la magistratura, ad esempio le intercettazioni che sono sempre state fondamentali”.
“A mio avviso - conclude - è necessario ripristinare i dispositivi del decreto Falcone e poi affrontare la lotta alla criminalità organizzata che oggi si avvale di strumenti nuovi. La mafia non è più quella di trent'anni fa, è vero. Prima era limitata al sud del nostro Paese, oggi non c'è regione in Italia che non sia stata colonizzata dalla grande criminalità attraverso strumenti sofisticati di penetrazione”.
Foto © Imagoeconomica
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