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Nove persone sono state arrestate dai Carabinieri nell'ambito di un'operazione contro un traffico illecito di rifiuti che coinvolgeva le province di Bari, Taranto, Barletta-Andria-Trani, Brindisi, Caserta, Napoli, Avellino, Cosenza, Matera, Campobasso, Viterbo e Potenza. Gli arrestati facevano parte di un'organizzazione criminale che, sfruttando una falsa autorizzazione intestata a un'impresa di Onano, nel Viterbese, dichiarava la disponibilità di un impianto autorizzato per il trattamento dei rifiuti, al fine di movimentare ingenti quantità di rifiuti industriali provenienti dalla Puglia e dalla Campania. Questi rifiuti venivano poi smaltiti illegalmente in Puglia, Calabria, Campania e Basilicata, tramite sversamenti sul suolo o abbandono in capannoni dismessi.
L'operazione è stata condotta dal Gruppo Carabinieri per la Tutela dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica di Napoli, in collaborazione con i Comandi Provinciali territorialmente competenti. Le ordinanze di custodia cautelare sono state emesse dal Gip del Tribunale di Lecce, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Lecce, a seguito di un'indagine avviata nel giugno 2023 dal Nucleo Operativo Ecologico (NOE) di Lecce, Bari e Napoli. L'indagine, durata diversi mesi, ha coinvolto numerose regioni italiane e ha portato alla scoperta di una rete criminale specializzata nello smaltimento illecito di rifiuti speciali provenienti dalla Campania.
Gli investigatori del NOE, coordinati dalla Dda di Lecce, hanno identificato una ben nota organizzazione criminale responsabile della gestione illecita di rifiuti speciali, tra cui materiali con codici EER 191212 e 150106. Questi rifiuti, costituiti principalmente da scarti derivanti dal trattamento di rifiuti speciali e industriali, frazione indifferenziata di rifiuti solidi urbani e scarti tessili, venivano raccolti, trasportati e poi smaltiti abusivamente in terreni o capannoni abbandonati. Tra i siti di abbandono individuati figurano località a Villapiana e Cassano allo Ionio, in provincia di Cosenza, a Ferrandina nel Materano e a Pulsano, in provincia di Taranto.
Il traffico illecito si basava su una fittizia classificazione dei rifiuti da parte degli impianti di produzione, accompagnata da documentazione falsa che indicava siti di destinazione inesistenti. Questo stratagemma consentiva di giustificare il trasporto dei rifiuti e il loro successivo abbandono in luoghi abusivi, scelti di volta in volta dall'organizzazione. La vicinanza con la Campania, principale area di provenienza dei rifiuti, insieme alla vastità e alla complessa orografia del territorio pugliese, ha facilitato il perpetuarsi di queste attività illecite, rendendo difficile il controllo e la prevenzione del fenomeno.

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