Sei nastri con intercettazioni, provenienti da Massa Carrara, poi prodotti al dibattimento sulle spartizioni illecite degli appalti sono stati scoperti dai legali dell'ex magistrato del pool antimafia Gioachino Natoli, da qualche mese sotto indagine dalla procura nissena guidata dal procuratore Salvatore De Luca con l'accusa di aver favorito Cosa nostra insabbiando nei primi anni '90, un'indagine sui legami tra imprenditori palermitani come Antonino Buscemi e la mafia.
Un piano ordito, a dire dell'accusa dall'allora procuratore Pietro Giammanco, nel frattempo deceduto, e dall'ex pm Giuseppe Pignatone, anche lui iscritto nel registro degli indagati per favoreggiamento aggravato.
Nello specifico del ritrovamento gli avvocati di Natoli hanno trovato un plico chiuso con i nastri, con scritto "servizio con esito negativo", segno che gli stessi investigatori di Massa avevano ritenuto non rilevanti i contenuti delle intercettazioni.
Le stesse erano state depositate nel dibattimento celebrato a Palermo a carico degli imprenditori Buscemi, Giovanni Bini, Filippo Salamone, Giovanni Miccichè, Lorenzo Panzavolta, Franco Canepa, Giuliano Bizzentin, Giuseppe Bondì e Sergio Pironi, imputati e poi condannati al processo sul cosiddetto "tavolino" che aveva ad oggetto la spartizione degli appalti pubblici in Sicilia con la regia di Cosa nostra.
E’ la seconda volta che nel corso delle indagini difensive emergono particolari significativi per gli indagati: ad ottobre i legali scoprirono un particolare non da poco. L’ordine di distruzione delle intercettazioni e dei brogliacci dell’inchiesta sull'imprenditore mafioso Buscemi, indizio, per la Procura di Caltanissetta, del tentativo di Natoli di affossare gli accertamenti sul costruttore, in realtà era un provvedimento prestampato che, all’epoca, - parliamo degli anni '90 - veniva usato in tutti i casi di archiviazione e nei processi definiti.
I difensori di Natoli avevano trovato lo stesso ordine prestampato di distruzione, con la scritta a macchina "ordina la smagnetizzazione dei nastri" e quella a penna incriminata, "e la distruzione dei brogliacci", risulta infatti in 62 di fascicoli relativi a indagini di diverso tipo (mafia, droga...). Quel che cambia nei moduli è ovviamente il numero del provvedimento di distruzione, la firma del magistrato che disponeva la smagnetizzazione e che non necessariamente era il titolare dell'inchiesta e la presa in carico (anche questa scritta a penna) della segreteria.
La cancellazione dei nastri, dunque era una prassi - l'aveva detto lo stesso Natoli audito dalla commissione nazionale antimafia - ed era legata all'esigenza di riutilizzare le cassette. Inoltre, una volta smagnetizzati i nastri, evidentemente ritenuti non rilevanti, conservare i brogliacci sarebbe stato inutile. Ora è arrivata la scoperta dei sei nastri ritenuti "irrilevanti" dagli investigatori dell'epoca nell'atto di accusa a Buscemi che, comunque, venne arrestato, processato e condannato nel processo sulle illecite spartizioni degli appalti.

Foto © Paolo Bassani

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