Il controesame delle parti civili
Il 21 maggio 1974, ai funerali del camerato Silvio Ferrari, saltato in aria due giorni prima con la sua Vespa a Brescia, vennero fermati cinque estremisti neri di Verona.
Tre giovani si diedero alla fuga a bordo di una Fiat 600, intestata alla mamma del camerato Umberto Zamboni, Imelda Zuliani.
I carabinieri di Brescia chiesero ai colleghi veronesi l'identificazione, ma nulla si fece.
"Nessuno è interessato poi ad accertare chi ci fosse su quell'autovettura. Nessuno chiede allo Zorzi (Roberto ndr), visto che era ai funerali di Silvio Ferrari, se conosceva Silvio Ferrari". "C'è una coerenza omissiva negli atti sia di polizia che dell'arma dei carabinieri".
Così il generale dell’Arma in quiescenza ed ex comandante dei carabinieri del Ros Massimo Giraudo durante sua deposizione al processo davanti alla Corte d’assise (presidente Roberto Spanò) sull’eccidio di Piazza della Loggia del 28 maggio 1974.
Com'è noto per la strage di Brescia sono imputati Roberto Zorzi e Marco Toffaloni - che dovrà essere giudicato dal tribunale dei minori in quanto minorenne all'epoca dei fatti - entrambi appartenenti alla formazione politica di estrema destra nota come 'Ordine Nuovo'.
Nessuno, ha detto Giraudo, "ha fatto nulla per identificare gli altri passeggeri" a bordo della 600.
Si tratta, secondo il teste, dell'ennesimo mancato approfondimento (copertura?) frutto "di una inescusabile negligenza non compatibile con la preparazione degli ufficiali di polizia giudiziaria". "Il nucleo investigativo era la punta di diamante dell'attività operativa dell'arma dei carabinieri sul territorio. Quindi è una negligenza che è in conflitto con la preparazione che questi soggetti dovevano avere".
Non a caso, l’avvocato Paolo De Zan ha ricordato quegli "apparati deviati dello Stato, dei Servizi" che si occuparono della strage, certificati anche dalle sentenze.
I rapporti di Carlo Maria Maggi e la presenza di Zorzi a Brescia
"Carlo Maria Maggi era responsabile di ordine nuovo per il Triveneto. Questo significa che la nomina di tutti i responsabili dell'area Triveneta dipendeva dal dottor Carlo Maria Maggi. Quindi il posizionamento a Verona del Besutti e del Massagrande discende direttamente da una decisione del dottor Carlo Maria Maggi".
Per Carlo Digilio, l’armiere di Ordine Nuovo che mise in sicurezza l’ordigno "era anche dentro una rete informativa dell’intelligence americana".
I due dirigenti di ON di Verona, Roberto Besutti e Elio Massagrande passarono per collezionisti d’armi - anche granate - che si è accertato erano poi finite nella disponibilità di Marco Toffaloni, oggi imputato per strage.
Maggi "andava spesso nelle altre città per incontrare i responsabili di On da lui stesso designati. Impartire ordini e confrontarsi sulla strategia da intraprendere". Anche a Verona. Pare che nel periodo della strage venisse “scarrozzato” da un’auto particolare: la Dyane "azzurrina" di Elio Massagrande; "spesso in uso a Zorzi e a disposizione del gruppo, una sorta di automobile di servizio anche per distribuire le riviste di Anno Zero".
Quell’auto era "finita poi in Grecia, dove Zorzi si rifugiò per evitare le indagini e che era rimasta ferma, a lungo, nascosta dietro i cespugli, nel cortile di casa della fidanzata di Zorzi".
Decine di testimoni avrebbero detto di aver visto tale auto a Brescia, compresa Ombretta Giacomazzi. Anche la sera del 18 maggio 1974, prima che Silvio Ferrari saltasse in aria in piazza Mercato a bordo della sua Vespa mentre stava trasportando esplosivo.
Agli atti, ha dichiarato il generale Giraudo, "c’è una lettera in cui Ermanno Buzzi — condannato in primo grado nella prima inchiesta per la strage, poi definito in appello ‘un cadavere da assolvere’ e infine, in via definitiva, ‘da condannare’ come presunto basista — parla di tale Antonio Pasetto che, a bordo della Dyane, seguiva la Vespa di Silvio". Pasetto, stando agli accertamenti, "altro non poteva essere che Roberto Zorzi: tra le altre cose, Antonio era il suo secondo nome, Pasetto quello di una figura di spicco dell’Msi".
Quindi uno dei presunti esecutori dell’attentato bresciano, quindi, quella sera sarebbe stato a Brescia. Anche Maurizio Tramonte, per il generale Giraudo, sarebbe stato "un uomo di Maggi". E frequentatore "dell'appartamento di Via Aleardi".
Le riunioni a Cattolica
Le riunioni di Cattolica "furono di tre giorni, ebbero luogo all’hotel Giada di Cattolica, che era gestito da un profugo bulgaro, Caterino Falzari, che è stato accertato essere informatore del servizio segreto militare". "Queste riunioni - ha detto Giraudo davanti alla Corte - sono estremamente importanti perché fanno parte di quel ciclo di riunioni tese alla riorganizzazione della campagna terroristica del '74, che è l'unico anno nel quale abbiamo due stragi, la nascita di Ordine Nero, e quindi sono delle riunioni estremamente importanti. Partecipa la moglie di Massagrande, partecipa Massagrande — anche se era in Grecia però rientrava in Italia — partecipa il sostituto di Massagrande, quindi quello che è stato eletto come continuatore, che è Nico De Filippi Venezia, che poi verrà tratto in arresto ai funerali di Silvio Ferrari”.
“Lo Zamboni riconosce tra i presenti alle riunioni, o meglio tra i presenti nell’albergo in due diverse circostanze, la presenza di Mario Mori. Allora, questa presenza ha un riscontro, diciamo, una compatibilità estremamente importante perché il gestore dell’hotel Giada è un profugo bulgaro, Caterino Falzari. Allora, quando Mori arriva al servizio segreto, va proprio a occuparsi dei paesi dell’est e, dalle dichiarazioni di Venturi — anche lui defunto — aveva una specifica competenza in campo bulgaro".
Al tempo il diretto superiore del capitano Mori era "il direttore del Raggruppamento Centri e quindi era il colonnello Marzollo".
Anche lui "proviene da Verona. Il capitano Mori era stato in una tenenza nel veronese. Tant’è vero che, agli atti del Comando Generale, noi troviamo la predisposizione di intervento in caso di conflitto del capitano Mori, che sarebbe passato alle dipendenze del comando Ftase. Quindi è sempre molto importante andare a vedere il percorso che hanno fatto i soggetti. Quindi Mori si trova alle dipendenze del colonnello Marzollo".
Dopo le ultime dichiarazioni il presidente della Corte ha annunciato che la prossima udienza si terra il 4 febbraio.
Foto © ACFB
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