I numeri sono agghiaccianti: 67 i casi di abusi sessuali, di cui 59 ai danni di minorenni (pienamente comprovati), nella Chiesa altoatesina tra il 1964 e il 2024.
Ad abusare sessualmente sono stati 29 preti di età media tra i 28 e i 35 anni.
Mentre l’età media delle vittime minorenni è tra gli 8 i 14 anni, poco più di metà di sesso femminile.
L’indagine - così come molte altre indagini differenti - voluta dalla diocesi di Bolzano e Bressanone e affidata allo studio legale Westpfahl-Spilker-Wastl di Monaco di Baviera - noto in questo campo avendo già preparato studi sugli abusi nelle diocesi di Colonia (2018) e Aquisgrana (2020) nonchè per l'arcidiocesi di Monaco-Frisinga (2022) - non lascia spazio a dubbi: alcuni membri della casta sacerdotale (in questo caso della Chiesa altoatesina) hanno abusato per anni della loro posizione e della fragilità delle vittime per soddisfare i loro più biechi istinti.
E le autorità della Chiesa si sono voltate dall’altra parte: è tutto scritto in u rapporto di rapporto di oltre 600 pagine pubblicato online in italiano e tedesco commissionato dal vescovo Ivo Muser allo studio legale tedesco Westpfahl-Spilker-Wastl, lo stesso che anni fa passò al pettine fine gli abusi avvenuti nella diocesi di Monaco di Baviera scoprendo che anche Benedetto XVI, quando era arcivescovo, aveva preso sottogamba il caso di un prete pedofilo.
Nel rapporto, per esempio, viene citato un prete che era stato notato già negli anni '60 per aver abusato di ragazze e, dopo alcuni trasferimenti, è stato rimosso dall'incarico solo nel 2010. Ma nel frattempo avrà commesso altri crimini?
Sul documento pubblico, naturalmente, non sono stati riportati i nomi dei preti autori degli abusi mentre lo saranno su un documento riservato al vescovo Muser e al vicario generale Eugen Runggaldier.


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Tra i 67 casi di abusi sessuali da parte della Chiesa dell'Alto Adige, il "numero 15" è decisamente il più sconvolgente e riferisce di un prete che ha celebrato le esequie, tra l'indignazione dei fedeli presenti in chiesa, di un giovane insegnante morto suicida dopo essere stato vittima dei suoi abusi. Ovviamente tutto anonimato, nessun luogo e nessun anno viene riportato nel rapporto pubblico commissionato dalla diocesi di Bolzano e Bressanone.
Nel rapporto viene citato, per esempio, il "caso 1", di un sacerdote di lingua tedesca consacrato a meta' degli anni Cinquanta, che ebbe relazioni con donne, alcune delle quali minorenni. Il sacerdote ammise svariate di queste relazioni, compresi atti sessuali con una minorenne e l'allora Amministratore Apostolico dell'Arcidiocesi Joseph Gargitter, conoscitore del caso, lo trasferi'. Il "caso 3" risale agli anni Settanta: il sacerdote, che fungeva da cooperatore in una parrocchia, si legge nel report, "ha pubblicamente infilato la mano sotto la camicetta di una donna (...) e palpeggiato più volte la nipote in biblioteca (...), ragazza se ne è lamentata con la madre e non è mai più andata in biblioteca". E ancora: il "caso 6" che riguarda un sacerdote (morto nel 2010), anche insegnante di religione, indagato nei primi anni Settanta per atti di abuso su ragazzine non ancora quattordicenni. "La Procura della Repubblica ne dava notizia all'Ordinariato diocesano e al vescovo Joseph Gargitter e su decisione della sovrintendenza scolastica statale, il sacerdote veniva in seguito temporaneamente sospeso dall'insegnamento e un anno dopo l'incriminazione, il sacerdote veniva assolto", si legge sul documento. Nelle motivazioni della sentenza, la mancanza di prove della sussistenza del fatto. Nel report anche il "caso 12, che stando a una nota dell'ufficio parrocchiale, nei primi anni Sessanta, un sacerdote si intratteneva "troppo a lungo con le giovani", ovvero "dopo l'orazione quaresimale, trascorreva ore con le ragazze più grandi, davanti alla canonica, e non le lasciava andare a casa".
“Nel guardare alla gestione dei casi di abuso sessuale commesso dai sacerdoti - si legge nel documento - stupisce, inoltre, che non sia stato rispettato nemmeno il diritto (penale) canonico proprio della Chiesa. Solo a metà degli anni 2000 si individuano sporadici provvedimenti canonici, intensificatisi poi a partire dal 2010, seppure
inizialmente in misura modesta. Anche a partire da questo momento, tuttavia, la procedura seguita non era sempre coerente, mantenendosi fino all’ultimo al di sotto di quanto richiesto dal diritto canonico. Nel rispondere alle critiche avanzate in tal senso dai relatori, un alto funzionario della Curia argomentava che la valutazione canonistica dell’atteggiamento dei responsabili diocesani nei confronti dei casi (presunti) di abuso, fatta dai relatori sulla base delle norme processuali (penali), sarebbe un criterio errato, essendoci già stato in questi casi un intervento amministrativo. A modo di vedere dei relatori, e considerando le norme di diritto canonico precedentemente illustrate al punto B. IV., questa asserzione rivela la profonda mancanza di cultura giuridica che, in ogni caso per il passato e fino al 2010, ha caratterizzato l’amministrazione della diocesi".

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