Nuove perquisizioni degli inquirenti e ulteriore sopralluogo del procuratore Luca Tescaroli
A un mese di distanza prosegue a ritmo serrato il lavoro degli investigatori per accertare fatti e responsabilità sulla tragedia del deposito Eni di Calenzano, dove la mattina dello scorso 9 dicembre una potentissima esplosione ha tolto la vita a cinque lavoratori. Dalle indagini il punto esatto da cui è scaturita l'esplosione è esattamente quello in cui una squadra di operai della manutenzione stava operando e dentro le condotte smontate potrebbe esserci rimasta della benzina. Secondo gli accertamenti disposti dalla procura di Prato guidata da Luca Tescaroli i manutentori quella mattina erano al lavoro su una linea di rifornimento - una serie di tubi che corrono sopra le corsie di carico - tecnicamente considerata dismessa, da anni. Invece la conduttura, in base a quanto risulta dai rilievi tecnici, avrebbe conservato residui di carburante o forse addirittura ne stava pompando ancora. Da lì si sarebbe generata la fuoriuscita di liquidi, mista a vapori infiammabili in atmosfera, che poi ha provocato il primo scoppio. La procura di Prato sta compiendo una serie di riscontri incrociando le immagini delle telecamere del deposito, i documenti e le testimonianze. Si tratta di elementi che concorrono a delineare con maggiore nitidezza la dinamica della vicenda. Secondo la ricostruzione a quell'ora c'erano almeno 4-5 autocisterne sotto la tettoia di carico. I camion erano in coda aspettando di fare il pieno di carburante, mentre una squadra di operai della ditta Sergen era impegnata a rimuovere alcune valvole e tronchetti sulla linea dismessa. I manutentori avrebbero svitato i bulloni di sicurezza di un tubo che avrebbe contenuto ancora carburante, che non era svuotato: questa operazione potrebbe aver innescato l'esplosione per il surriscaldamento provocato dai loro stessi attrezzi o strumenti utensili. Il fascicolo d'indagine è aperto per i reati di omicidio colposo plurimo, crollo doloso di costruzioni o altri disastri e rimozione o omissione dolosa delle cautele contro gli infortuni sul lavoro. Le strade imboccate dagli inquirenti pratesi per fare chiarezza tengono anche in considerazione il fatto che venivano compiuti allo stesso tempo i lavori di manutenzione mentre continuavano le normali operazioni di carico delle autocisterne. Tre delle cinque vittime sono autisti di autobotti: Vincenzo Martinelli, Carmelo Corso, Davide Baronti. Gli altri morti furono i tecnici che stavano eseguendo i lavori di manutenzione per conto della Sergen: Gerardo Pepe e Fabio Cirielli. Quali erano le modalità stabilite per garantire la sicurezza durante queste operazioni? Nelle settimane precedenti alla strage ci sarebbe stato un sopralluogo di responsabili di Eni con la ditta in appalto Sergen in vista di quei lavori, proprio per valutare questi aspetti. Di quell'incontro gli inquirenti cercano la documentazione che al momento non risulta trovata. Altre perquisizioni sono fatte due giorni fa a questo scopo. C'è stato anche un ulteriore sopralluogo del procuratore Luca Tescaroli. I carabinieri di Firenze sono andati di nuovo nei giorni scorsi negli uffici dell'Eni e della Sergen alla ricerca dei documenti mancanti, e-mail, fotografie o il verbale del sopralluogo. La procura lavora in coordinamento continuo con sei consulenti, esperti in varie discipline, che hanno tempo fino alla fine di febbraio per depositare la relazione.
Fonte: Ansa
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