L'intervista condotta della ex senatrice del Movimento 5 Stelle Bianca Laura Granato
Minacciare detenuti in carcere per evitare che rivelino informazioni alla magistratura, organizzare attentati terroristici, mettersi a capo di organizzazioni mafiose o di trafficanti di droga. Con l'articolo 31 del Ddl sicurezza i servizi segreti potranno fare tutto questo impunemente poiché coperti dall'autorizzazione del Presidente del Consiglio. La magistratura inquirente non potrà far altro che interrompere le indagini e sigillare l'intero fascicolo, come avvenuto per l'omicidio del capitano Natale De Grazia. Ma questo è solo un esempio.
In realtà sono tantissimi gli episodi criminosi che hanno avuto come protagonisti i nostri 007 in sinergia con organizzazioni sia mafiose che terroristiche.
A parlarne sono stati Stefano Mormile, fratello dell'educatore carcerario Umberto Mormile, ucciso l'11 aprile 1990, e Brizio Montinaro, fratello di Antonio Montinaro, il poliziotto assegnato alla scorta di Giovanni Falcone.
Dialogando con Bianca Laura Granato (ex senatrice del Movimento 5 Stelle) Stefano Mormile ha evidenziato il collegamento tra l'omicidio di suo fratello.
Ci sono stati processi, sentenze. Sono stati condannati come mandanti Domenico e Antonio Papalia, Franco Coco Trovato e come esecutori materiali Antonio Schettini e Nino Cuzzola.
Ma la causale del delitto è da individuare nel rapporto tra 'Ndrangheta e servizi segreti, come ricostruito dalle sentenze.
Umberto - ha raccontato Stefano - doveva essere eliminato perché "minacciava di raccontare incontri proibiti che avvenivano all'interno del suo carcere tra agenti dei servizi segreti che entravano, senza essere registrati, e si relegavano in salette riservate dove avvenivano questi colloqui con Domenico Papalia, boss indiscusso della 'Ndrangheta lombarda".
Ma non solo: una volta consumati questi colloqui i boss, "quindi Domenico Papalia, otteneva incredibilmente dei privilegi carcerari, otteneva dei permessi premi ed altre misure premiali".
Questi incontri erano "una consuetudine abbastanza diffusa all'interno delle carceri", ha raccontato Stefano Mormile, "perché le carceri avevano bisogno di essere controllate in maniera militare, evidentemente, dagli apparati di sicurezza".
Un esempio parallelo a questi incontri nel carcere di Opera è quello avvenuto tra i servizi e il boss della Nuova camorra Organizzata di Raffaele Cutolo per negoziare la liberazione del potente assessore campano della Democrazia Cristiana Ciro Cirillo, sequestrato il 27 aprile 1981 dalle Brigate Rosse.
"Pure quello fu un caso passato sotto silenzio ma assolutamente illegale nelle sue forme", ha detto.
Questo modus operandi dei servizi sarebbe poi stato identificato nel famigerato 'Protocollo Farfalla’, “un accordo segreto e illegale siglato tra tra i vertici dell'amministrazione penitenziaria, allora presieduta da Giovanni Tinebra (il magistrato che si occupò in prima battuta delle indagini sulla strage di via d'Amelio ndr) e i vertici del SISDE, allora presieduto da Mario Mori (ex ufficiale dell'Arma ndr).
Questo accordo prevedeva appunto un canale di comunicazione diretta tra i servizi di intelligence, quindi il SISDE, e le carceri. Secondo alcuni racconti prevedeva anche la costituzione, la creazione di archivi, su figure di detenuti, sulla popolazione detenuta, ma anche su personale che si riteneva utile, non si sa bene a quali scopi".
Ebbene con l'articolo 31 del Ddl sicurezza, che deve ancora passare dal Senato, i servizi di intelligenze avranno mani libere e carta bianca all'interno delle carceri. Il che significa anche uccidere all'occorrenza operatori come Umberto Mormile con la scusa di proteggere la 'sicurezza nazionale'.
Potrebbe significare che, nel più totale anonimato, gli 007 potranno trattare con i capi mafia e, all'occorrenza, concedergli dei permessi premio.
Potranno "pilotare le testimonianze", ha aggiunto l'ex senatrice, e "deviare addirittura il corso della storia".
Le stragi di Mafia e di Stato
Il pulsante che ha azionato l'ordigno della strage di Capaci del 31 maggio 1992 “si dice che l'abbia schiacciato, lo dice lui, Giovanni Brusca. Io - ha raccontato Brizio Montinaro - che ho studiato per lungo tempo geometria descrittiva, sono andato sui luoghi quando ho potuto, e ho potuto verificare che da lì non c'è una visibilità tale da poter schiacciare, in un sincronismo di pochi millisecondi, la possibilità di far saltare in aria una macchina che viaggiava normalmente a 160-170 km/h, detto dai colleghi di Antonio. Ma, a causa di un'interlocuzione avvenuta tra Falcone, che guidava, e Giuseppe Costanza, che era dietro – in quanto Falcone guidava con la moglie a fianco, la quale aveva problemi evidentemente di mal d'auto – in un momento di disattenzione cerca di togliere le chiavi dal cruscotto per darle a Costanza, che in quel momento ricordava di restituire a lui le chiavi per un motivo ovvio. In quel momento di disattenzione la macchina decelera a 120. Questo è confermato da Angelo Corbo. Quindi loro hanno dovuto rallentare. In quel momento, oltre al rallentamento, Brusca dice che ha avuto un momento di incertezza. Allora, tutto questo - ha detto Montinaro - a livello di sincronismo e di esposizione, vuol dire che Brusca, a mio parere, per le questioni che ho cercato di sintetizzare ora, non è stato lui a schiacciare il pulsante".
"Ma per spostarci un po' da quello che la maggior parte delle persone sa sulla strage di Capaci, la cosa che mi preme sottolineare è che, nell'approfondire con Stefano e con tanti altri familiari le vicende che sono avvenute dalle stragi del dopoguerra al '94, quindi da Portella della Ginestra al '94, ci sono tutta una serie di fatti documentati, anche da testi ben strutturati, di cui la maggior parte delle persone non è a conoscenza", ha ribadito.
Dalla strage di Portella della Ginestra, passando per le stragi 'nere' degli anni '60 - '70 e '80 fino agli eccidi del 1992 - '94 la presenza degli apparati di sicurezza è sempre stata una costante.
Brizio Montinaro invita ad avere una visione unitaria e non "a scompartimenti". C'è un filo invisibile, ma per certi versi visibilissimo, che lega tutte queste stragi. Non si tratta di essere "complottisti” ma di "mettere insieme quei famosi puntini per andare a disegnare non il volto, ma la strategia che ha determinato il coinvolgimento dei tantissimi soggetti".
Una strategia che ha diversi nomi: "Nell'81 Maria Grazia Gelli a Fiumicino viene fermata e nel sottofondo della valigetta trovano un manuale top secret del generale Westmoreland. In questo manuale ci si rende conto che c'è una strategia gestita da servizi segreti USA ed esercito USA con indicazioni finalizzate a infiltrazioni, strumentalizzazioni sia di destra che di sinistra (per compiere stragi e omicidi ndr).
Tra l'altro questo manuale fa parte di un piano ben denominato, si chiama Piano Chaos ed è del 1963. E' citato anche in un rapporto del Ross, dove si annotano attività di guerra psicologica e non ortodossa".
Come risaputo le guerra non ortodossa implica soprattutto l'uso di strutture di intelligence sia nazionale che estere.
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