Macario: “Non basta confiscare i beni mafiosi, servono dialogo e fondi per trasformarli in risorse sociali”
Il bilancio del 2024 per l’antimafia in Liguria non sembra particolarmente brillante, al punto che il referente regionale di Libera, Andrea Macario, lo ha definito un “annus horribilis” per l’impegno contro le mafie. L’associazione fondata da don Luigi Ciotti, che si occupa di sensibilizzazione e lotta alla criminalità organizzata, ha spesso sottolineato come in Italia il problema non sia solo di natura economica, ma anche culturale e politico. Anche in Liguria, le cose non sembrano andare meglio. Secondo Macario, la situazione emersa sul territorio ligure non è soltanto preoccupante, ma rappresenta un vero e proprio segnale d’allarme per l’intero Paese, un campanello che non può essere sottovalutato. Del resto, la cronaca ligure del 2024 - come ricordato anche da Repubblica - è segnata da eventi e polemiche particolarmente rilevanti. Si va dalle confische di beni appartenenti alle mafie alla percezione del fenomeno mafioso, che resta ancora troppo sfumata e spesso negata da alcune istituzioni. Emblematica è stata l’inchiesta che, la scorsa estate, ha travolto l’ex governatore della Regione, Giovanni Toti, o lo scontro tra il procuratore di Imperia, Alberto Lari, e il sindaco Claudio Scajola, che ha respinto con forza l’idea di una presenza mafiosa nella sua città, sostenendo, invece, che l’assenza di denunce sia la prova della loro inesistenza.
Un altro tema chiave evidenziato da Macario riguarda la gestione dei beni confiscati alla mafia. Nel corso dell’anno è stata finalmente approvata una legge regionale per la loro gestione, accompagnata da un bando che ha incrementato i fondi destinati a questo scopo, portandoli a 600mila euro. Tuttavia, secondo il referente di Libera, questa somma è “una goccia nell’oceano”, soprattutto considerando le necessità di una regione come la Liguria. I fatti parlano chiaro: mentre alcune proprietà confiscate, come le ville Pellegrino a Bordighera, sono diventate simboli di rinascita sociale, altre, come la villa Canfarotta a Genova, restano abbandonate da anni. Macario ha ribadito che non è sufficiente riassegnare i beni confiscati: è indispensabile trasformarli in luoghi di utilità sociale, simboli di una lotta più ampia contro l’illegalità. Tuttavia, ciò che manca è soprattutto un dialogo costruttivo tra istituzioni, associazioni di categoria e cittadini, a cui si aggiunge la scarsa collaborazione tra commercianti, imprenditori e amministrazioni.
Poche settimane fa, anche il colonnello Maurizio Panzironi, capo della Direzione Investigativa Antimafia (DIA) ligure, ha sottolineato il problema della presenza mafiosa in Liguria. Durante la presentazione del calendario intitolato Follow the Money, un progetto che richiama l’importanza di seguire le tracce finanziarie per combattere le mafie, Panzironi ha spiegato come le principali organizzazioni criminali - Cosa Nostra, ’Ndrangheta e Camorra - abbiano sviluppato una presenza radicata sul territorio ligure. Ciascuna di queste organizzazioni avrebbe trovato un settore economico di riferimento in cui inserirsi e prosperare: la mafia siciliana si concentra soprattutto sulla logistica, mentre la ’Ndrangheta e la Camorra sembrano puntare rispettivamente sul movimento terra e sulla ristorazione. Settori diversi, ma uniti da un unico collante: il denaro. Per questo motivo, l’attenzione della DIA si è focalizzata sui cantieri e sulle grandi opere finanziate dal PNRR, un terreno straordinariamente fertile per le mafie.
Foto © Davide de Bari
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