Una strage nera (e americana) in territorio italiano; i passi felpati degli 007 e lo spettro dell’Alleanza Atlantica.
Il processo sull’eccidio di Piazza della Loggia del 28 maggio 1974 è iniziato da qualche udienza con la deposizione generale dell’Arma in quiescenza ex comandante dei carabinieri del Ros Massimo Giraudo.
Parlando dal 13 novembre scorso davanti alla Corte di Assise presieduta da Roberto Spano l’ex ufficiale dell’Arma ha già toccato diversi aspetti di quel terribile periodo.
Erano gli anni della guerra fredda, di Gladio non si sapeva ancora nulla, nel ’69 c’era già stata la strage di Piazza Fontana e la strage di Viale Lazio.
Un periodo molto intenso in cui la Repubblica era sotto attacco da parte dell’ala più reazionaria della società: imprenditori, nostalgici del fascismo, vecchie aristocrazie industriali e militari.
Com'è noto per la strage di Piazza Della Loggia sono imputati Roberto Zorzi e Marco Toffaloni - che dovrà essere giudicato dal tribunale dei minori in quanto minorenne all'epoca dei fatti - entrambi appartenenti alla formazione politica di estrema destra nota come 'Ordine Nuovo'.
"Ritengo che l’addestramento degli ordinovisti fosse fatto dagli americani e dipendesse dalla Ftase (Comando delle Forze Terrestri Alleate del Sud Europa ndr) di Verona", aveva detto Giraudo la scorsa udienza. Anche per l'accusa, sostenuta dal procuratore aggiunto Massimo Bonfigli e dalla pm Caty Bressanelli, gli esponenti di On erano proprio ‘al soldo’ degli americani.
La base della Ftase era comandata dal generale Betram Gorwitz, che "teneva i fili della borsa": "Era il vicecomandante logistico e amministrativo della base" ha confermato il teste. "Ne gestiva le risorse e il fondo spese". Alle sue dipendenze ci sarebbe stato poi Lucio Inneco, ufficiale dei paracadutisti, al lavoro all’ufficio logistico e amministrativo della Ftase di cui diventerà comandante.
Inquadrare il contesto storico nel quale è stata eseguita la strage non è semplice: la morte di Silvio Ferrari avvenuta circa alle 3.30 della mattina del 19 maggio in via IV Novembre e la bomba rinvenuta nelle vicinanze di una discoteca per omosessuali chiamata Blu Note, di proprietà di Marco Bruschi, sono solo due dei molti punti che vanno formare il complesso mosaico che la Corte è chiamata a ricostruire.
"Silvio in teoria era un fiduciario operativo Nato, ma non si poteva dire", ha detto il teste; ma fino alla sua morte "era uno sconosciuto per crimini politici".
E non sarebbe saltato in aria per un errore: "La Vespa era ferma e non stava manipolando l’esplosivo. Verosimilmente, il timer — una sveglia rudimentale — è scattato a un orario diverso rispetto a quello che gli era stato comunicato". Proprio per vendicare la sua morte, Zorzi e Toffaloni avrebbero "fatto il botto" in piazza della Loggia.
In teoria. Dopo ben 17 processi la Corte si trova fra le mani un caso particolarmente complicato.
Le ricostruzioni degli accadimenti vanno avanti sin dalla prima istruttoria, formalizzata il 14 giugno 1974 (cosiddetto “processo Buzzi”) che si concluse il 17 maggio 1977 con l’ordinanza-sentenza del giudice istruttore Domenico Vino, che accolse in toto le richieste formulate dal pubblico ministero Francesco Trovato, sulla base di un'indagine condotta in larga parte dall'allora capitano dei Carabinieri Francesco Delfino, morto il 3 settembre 2014. Quest'ultimo era "un militare in carriera, tra l'altro con un passato anche nel servizio segreto militare e con incarichi anche all'estero, quindi era un ufficiale decisamente lanciato" ha detto Giraudo.
Tuttavia dopo la sentenza definitiva di condanna (23 gennaio 2001) in merito al caso del sequestro dell'imprenditore Giuseppe Soffiantini a Delfino venne "applicata la rimozione dal grado". Difatti si congedò dall'Arma come carabiniere semplice.
Prima di questa condanna "avrebbe dovuto diventare capo di una agenzia unica di intelligence. Cioè i due servizi segreti quello civile e quello militare avrebbero dovuto essere fusi e Delfino era il candidato per dirigere questa neonata agenzia di intelligence".
D'altronde l'Arma dei Carabinieri e i servizi segreti hanno avuto rapporti estremamente stretti.
Giraudo ha dichiarato nell'udienza del 16 dicembre che i componenti di un centro del SID (nel caso in esame quello di Verona), Servizio Informazioni di Difesa, quindi la nostra intelligence militare dell'epoca, "erano essenzialmente, nella quasi totalità, membri dell'arma dei carabinieri. Questa è la ragione per cui chi tenta di fare colpi di Stato in Italia si è rivolto a noi, perché noi governavamo l'unica polizia militare e governavamo l'intelligence. Per farle un esempio, all'epoca della strage di Piazza Fontana, nel ’69, il centro contro spionaggio di Milano, che aveva circa 60 elementi, aveva un solo elemento che non apparteneva all'arma dei carabinieri".
Al termine della deposizione il presidente della corte ha annunciato che il processo riprenderà il prossimo 21 gennaio 2025.
Foto © ACFB
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