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Non un’organizzazione criminale unitaria, bensì una pluralità di gruppi autoctoni frammentati, ciascuno con una sua diversa origine territoriale”. È questa la composizione intestina della mafia in Puglia. Lo mette nero su bianco Antonio Laronga, procuratore aggiunto presso il Tribunale di Foggia, autore di un saggio intitolato proprio “L’ascesa della quarta mafia. Espansione e metamorfosi della criminalità organizzata foggiana” (ed. Zolfo). Laronga da oltre vent’anni si occupa di criminalità organizzata e delle mafie foggiane. È autore di saggi e pubblicazioni scientifiche in materia di diritto penale e processuale. Non è il primo libro che scrive sull’argomento. Nel 2021, per PaperFirst, ha pubblicato il volume “La quarta mafia”. 
Nel territorio si distingue la "società foggiana", composta da almeno tre clan familiari - o anche detti “batterie” - che si contendono il controllo della città capoluogo. Poi la "mafia cerignolana", attiva nell’area del basso Tavoliere, dove si sono alternati il clan Piarulli-Ferraro-Mastrangelo e il clan Taddone. Infine, la "mafia garganica", principalmente associata al clan dei montanari, e infine la "mafia sanseverese", l’ultima riconosciuta dalle autorità giudiziarie, che controlla la zona dell’alto Tavoliere ed è legata in particolare ai clan La Piccirella-Testa e Nardino. “Sono tutte mafie giovani”, spiega il procuratore, nate a cavallo tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio degli anni Novanta. Come fu per la ‘Ndrangheta, anche in questo caso “per decenni sono state sottovalutate dagli storici e dagli esperti – scrive Laronga – ma oggi sono considerate delle vere e proprie emergenze nazionali”. 
Anche l’ex direttore della centrale anticrimine della polizia Francesco Messina ha sottolineato la pericolosità della “quarta mafia”: “quella foggiana, è forse la più efferata e arcaica. È pericolosissima dal punto di vista militare, non si può abbassare la guardia”. Ma non c’è solo l’ala “militare”, che permea i livelli più bassi di manovalanza sui cui poggia l’organizzazione. Negli anni si sta affermando un livello superiore occulto di capi e “quadri” in grado di tessere una rete di professionisti, faccendieri, imprenditori collusi anche pubblici amministratori.
Un’evoluzione in soggetto imprenditoriale”, che ricorda un po’ la storia di Cosa nostra, ’Ndrangheta e Camorra. Mafie, cioè, “capaci di inabissarsi e mimetizzarsi nel tessuto socioeconomico di territori anche molto distanti da quelli di origine, per sfruttare la disponibilità di ampi settori dell’impresa a fare affari avvalendosi della loro forza economica e mafiosa”.
Nel suo nuovo libro, Laronga menziona fatti, luoghi e nomi autentici, basandosi su atti giudiziari e amministrativi, opere letterarie sull'argomento e fonti giornalistiche. Un racconto che si trasforma in una spirale discendente dentro uno dei fenomeni più pericolosi e contemporanei d’Italia. Anche se ancora troppo taciuto.

Fonte: repubblica.it

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