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Si è concluso con 25 condanne per un totale di 236 anni di carcere il processo legato all’inchiesta "Tre croci", condotta dalla Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria. La sentenza, emessa ieri dal gup del tribunale reggino, ha inflitto pene severe, sebbene inferiori rispetto ai 484 anni richiesti dal pm durante la requisitoria.
Al centro dell’indagine, una delle più rilevanti degli ultimi anni sul traffico internazionale di stupefacenti, si trova il porto di Gioia Tauro, punto nevralgico dei traffici gestiti dalle cosche della 'ndrangheta. Un ruolo chiave è stato attribuito a un gruppo di presunti operatori portuali infedeli, accusati di collaborare con i narcotrafficanti esteri per facilitare l’ingresso e lo smistamento della droga. Resta aperta la posizione di Bartolo Bruzzaniti, il cui caso è stato stralciato e verrà giudicato il prossimo 6 dicembre. La complessità dell’inchiesta ha ritardato il pronunciamento della sentenza, giunto a quasi un anno dalla requisitoria e a otto mesi dalla conclusione delle arringhe difensive.
Tutti gli imputati sono accusati, a vario titolo, di traffico internazionale di sostanze stupefacenti, con l’aggravante di agevolare le attività della 'ndrangheta. L’operazione "Tre croci" è il frutto di anni di lavoro della Procura antimafia e del Gruppo investigazione criminalità organizzata (Gico) della Guardia di finanza di Reggio Calabria. Durante le indagini, sono state sequestrate oltre quattro tonnellate di cocaina, per un valore stimato al dettaglio di circa 800 milioni di euro.
La droga arrivava nel porto calabrese nascosta su portacontainer provenienti dall’America Latina. Una volta sbarcata, i presunti complici all'interno dello scalo si occupavano di estrarre il carico illecito, trasportarlo fuori dall’area portuale e consegnarlo ai destinatari finali. Gli inquirenti hanno descritto un sistema criminale ramificato, in cui i portuali agivano come ponte tra i narcotrafficanti esteri e le cosche italiane.
L’inchiesta rappresenta un duro colpo al narcotraffico internazionale, ma anche un monito sul livello di infiltrazione della criminalità organizzata in un'infrastruttura strategica come il porto di Gioia Tauro.

Fonte: reggio.gazzettadelsud.it 

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