La Prima Sezione Penale, presieduta da Giuseppe De Marzo, ha stabilito come non sia "del tutto in linea con il contenuto delle disposizioni di legge" prevedere che possono essere imposti divieti generalizzati alla corrispondenza tra detenuti sottoposti al regime speciale del 41 - bis ribadendo che lo strumento ordinario deve essere il "visto di censura" e considerando che questi ultimi hanno già contatti diretti con gli altri detenuti del medesimo gruppo di socialità.
In altre parole ora la gestione della corrispondenza detenuti in regime di 41 bis richiederà una valutazione caso per caso e una motivazione specifica per limitazione che vada oltre il normale visto di censura.
Tali restrizioni aggiuntive devono essere "motivate in modo stringente" e sono ammissibili solo quando il normale visto di censura risulti insufficiente a garantire la sicurezza.
Secondo la Suprema Corte, mentre l'articolo 41 bis dell'ordinamento penitenziario prevede come "contenuto necessario" la sottoposizione a visto di censura della corrispondenza, eventuali ulteriori limitazioni possono essere disposte solo in presenza di "specifiche esigenze di sicurezza".
La decisione nasce dal ricorso presentato da un detenuto, recluso perché boss camorrista, contro un'ordinanza del Tribunale di Napoli del 17 giugno 2024, che aveva confermato le limitazioni alla sua corrispondenza.
Il provvedimento è stato quindi annullato con rinvio al Tribunale di Napoli per un nuovo esame, che dovrà tenere conto dei principi espressi dalla Cassazione.
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