Proprio così: Placido Rizzotto, nipote del sindacalista ucciso da Luciano Liggio e dai suoi scagnozzi nel 1948 a Corleone, è stato un uomo che ha dedicato la vita al “fare memoria”. Oggi che ci ha lasciati, con lui vanno via non soltanto l’affetto ed il ricordo di un uomo buono, gentile, d’altri tempi come si direbbe, ma anche il coraggio di chi sa che occorre tramandare la memoria di storie di lotta e di riscatto alle nuove generazioni; una memoria che deve essere fertile, far germogliare nuove piante nelle coscienze dei più giovani per il riscatto di una terra, la nostra Sicilia, che alza la testa se ha la forza di contrastare la criminalità e il malaffare.
Placido ho avuto modo di incontrarlo, e per lunghi periodi, diverse volte negli ultimi venti anni. Prese parte alle riprese di un mio documentario dal titolo “A testa alta” sulla lotta di liberazione dei sindacalisti nel secondo dopoguerra. Ricordo la grande lucidità nel parlare dello zio e l’orgoglio, una riflessione che, nelle sue parole, non era mai ostentazione e celebrazione dell’eroe con cui condividi lo stesso sangue, ma era qualcosa di più, era quello che dovrebbe essere il ricordo: raccontare agli altri che quel sacrificio è servito a tutti noi e che proprio di quel sacrificio dobbiamo aver cura, ogni giorno.
Placido era un uomo di poche parole ma di grande generosità: oggi che ci ha lasciati non possiamo che dirgli grazie, dal profondo, farlo per quell’impegno assunto e portato avanti sempre senza esitazioni, nelle scuole, nelle piazze, in tutte le occasioni in cui, parlando dello zio di cui portava lo stesso nome, affermava il principio più alto e universale, quello alla libertà.
Sono onorato di averti conosciuto.
Ciao Placido.