"Dopo la morte di Giulio Regeni non sono mai piu' andata a Il Cairo perche' ero molto traumatizzata dalla vicenda e spaventata per quanto accaduto. In piu' c'erano diverse accuse dei media contro di me". È la testimonianza di Maha Abdel Rahman, professoressa dell'Università di Cambridge, udita ieri in collegamento audio e assistita da un traduttore, nel processo, in corso a Roma, per la morte di Giulio Regeni, avvenuta in Egitto nel 2016. Imputati, davanti alla Corte d'Assise, sono quattro 007 egiziani. In aula il procuratore Francesco Lo Voi e il procuratore aggiunto Sergio Colaiocco. La donna ha sostenuto di aver saputo della scomparsa del ricercatore friulano "via mail il 26 gennaio del 2016". "C'erano diverse accuse sulla stampa egiziana su di me: si diceva che ero una spia, un membro della fratellanza musulmana - ha aggiunto la tutor di Regeni -. Anche una parte della stampa italiana mi ha rivolto delle accuse". La professoressa ha poi detto di non aver mai "subito pressioni da parte del governo egiziano per non deporre" e nemmeno i suoi familiari sono stati minacciati. Il discorso poi si è spostato su un'altra "mia" ricercatrice che "lavorava anche lei in Egitto". "Lei si è sentita seguita e mi ha contattato tramite un altro ricercatore dicendo che era seguita e aveva i biglietti per tornare nel Regno Unito, poi quando e' tornata ne abbiamo parlato e ho cercato di capire meglio", ha spiegato la professoressa. È stata poi la volta dell’ex premier e ministro degli Esteri, all’epoca dei fatti, Paolo Gentiloni - anche lui sentito come testimone. "Per me è difficile ricomporre i rapporti" con l'Egitto "finché non verrà accertata la verità sui responsabili della morte di Giulio Regeni". Gentiloni ha parlato di vicenda "abnorme" aggiungendo che "non è condivisibile che i rapporti tornino alla normalità tra i due Paesi: una frattura e incrinatura nella fiducia deve lasciare una traccia e finché ho avuto ruolo di governo questa traccia è rimasta". L'ex numero uno della Farnesina è poi tornato ai tragici giorni della scomparsa del ricercatore friulano. "Appresi dell'assassinio di Giulio il 3 febbraio, ero a Londra per un incontro internazionale sulla Siria. Avvicinai in modo informale il mio omologo egiziano e gli dissi che questa vicenda sarebbe stata un macigno sulle relazioni e che ci aspettavamo assoluta collaborazione. Nei primi giorni ci furono dichiarazioni di disponibilità dal Cairo che poi però non si è materializzata nei mesi successivi". Gentiloni ha aggiunto che "nei rapporti con le autorità egiziane siamo entrati quasi subito in un'era glaciale dopo anni di collaborazione, in poche settimane le riluttanze e tentativi di depistaggio ci portarono a decidere di richiamare l'ambasciatore Massari. Di fatto non ebbi più incontri bilaterali con l'Egitto fino all'ottobre del 2017 quando incontrai Al Sisi nella veste di presidente del Consiglio”.
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