Le interviste dei due magistrati ai microfoni de Il Fatto Quotidiano
Oggi arriva a Palazzo Madama il ddl Zanettin, ovvero la proposta di Forza Italia per limitare a 45 giorni (prorogabili solo in casi molto particolari) il periodo nel quale i pm possono effettuare intercettazioni. Molti addetti ai lavori hanno parlato di “mannaia” anche se restano al di fuori alcuni reati, per esempio quelli che riguardano la criminalità organizzata. Ieri il sostituto procuratore nazionale antimafia Nino Di Matteo nelle colonne de Il Fatto Quotidiano ha spiegato i pericoli di questa proposta alla luce del fatto che spesso le Procure arrivano a contestare reati di mafia partendo da intercettazioni che riguardano altro, come la corruzione.
Il Fatto questa mattina è tornata sul tema. "Con il limite di 45 giorni alle intercettazioni, così com'è impostato nel ddl al vaglio del Parlamento, la nostra inchiesta sull'appalto dell'ospedale Covid a Bari, che peraltro ha già portato a delle condanne in Appello, di certo non l'avremmo potuta fare”, ha detto il procuratore di Bari, Roberto Rossi, in merito al ddl Zanettin. "Intanto bisogna aspettare la stesura definitiva - spiega Rossi -. Ma, se resta così com'è, non c'è dubbio: qualsiasi restringimento dei poteri di indagine (e questo in particolar modo) favorisce i gruppi mafiosi. Se pensiamo che la mafia vive anche attraverso il traffico di stupefacenti, i furti d'auto, le false fatturazioni e la corruzione, è piuttosto agevole comprendere le conseguenze di iniziative legislative simili. Va detto che gran parte delle riforme sulla Giustizia stanno impattando anche sui reati di più diffusa pericolosità sociale". Secondo Rossi, "dobbiamo avere il coraggio di dirlo a voce alta: siamo dinanzi a un insieme di norme che sta riducendo la sicurezza dei cittadini".
Anche il Procuratore aggiunto di Genova Francesco Pinto è stato raggiunto dai microfoni del Fatto. "In 45 giorni non avremmo mai potuto sviluppare un'indagine come quella condotta a Genova negli ultimi anni - ha detto -. La nuova norma delineata nel ddl Zanettin rischia di trasformare le intercettazioni in armi spuntate e vanificare completamente importanti indagini su gravi fenomeni criminali". Con la norma prevista dal ddl Zanettin, sottolinea Pinto, "sarebbe stato impossibile provare l'esito di alcune situazioni di cui si parlava nelle prime telefonate. La norma prevede che anche in caso di un quadro meritevole di approfondimento i telefoni vengano staccati". Per il magistrato "quando si indaga su fenomeni complessi, come un appalto o una concessione pubblica, 45 giorni sono appena sufficienti per capire chi sono i personaggi intercettati. Così un'indagine diventa un evento lasciato al caso, una specie di pesca miracolosa. C'è un sistema di controlli che ha una sua coerenza, che in questo modo viene meno".
Foto © Imagoeconomica
ARTICOLI CORRELATI
Di Matteo: ''Riforme disegnano una giustizia classista e protezione per il potere''
Ammannato e Bongiovanni: ''Ecco i mandanti esterni delle stragi del '93''
Di Matteo: “Sogno di Falcone? Tradito. Politica non più in prima linea contro la mafia”
Lodato: ''Cosa nostra eterodiretta, così mi disse Falcone''
Saverio Lodato: ''Falcone era convinto che dietro i delitti politici ci fosse Gladio''
''Il colpo di spugna'' sulla Trattativa Stato-Mafia''
Di Matteo: ''Cosa pensa il ministro Nordio dell'iniziativa del sen. Gasparri?''
Nino Di Matteo: ''L'Italia sta tradendo il sogno di Falcone''
Nelle parole di Giovanni Falcone il peso di ''Cinquant'anni di mafia''
di Giorgio Bongiovanni