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Armando Del Core e Luigi Baccante: un legame con l’omicidio Siani?

La Dda di Firenze nell’ambito delle indagini sulle stragi del 1993, secondo quanto riportato dal ‘Fatto Quotidiano’, sta svolgendo degli accertamenti per verificare l’identità dei due misteriosi napoletani che avrebbero partecipato all’attentato in cui venne coinvolto il conduttore televisivo Maurizio Costanzo avvenuto a Roma in via Fauro il 14 maggio del ’93.

Si potrebbe trattare, secondo l’ipotesi investigativa (da riscontrare), di Armando Del Core e Luigi Baccante (detto Maurizio), gli stessi che vennero condannati con sentenza definitiva per l’omicidio del giornalista Giancarlo Siani, avvenuto a Napoli il 23 settembre 1985. Il primo come uno degli esecutori e il secondo come uno dei mandanti.

Entrambi vennero indicati dal collaboratore di giustizia Vincenzo Sinacori come esponenti del clan Nuvoletta di Marano (Napoli) assieme a Ciro Nuvoletta. I tre, facenti parte del clan napoletano ma affiliato alla fazione corleonese di Salvatore (Totò) Riina, secondo il pentito, parteciparono tra il 1991 e il 1992 alle riunioni e ai sopralluoghi preparatori tra Palermo e Roma prima degli attentati: “Deciso che si doveva colpire Costanzo - disse Sinacori - mi recai a Napoli per contattare Maurizio, Ciro e Armando, ai quali dopo averli incontrati dissi che avevamo bisogno di loro spiegandogli la situazione. A Roma vennero però Armando e Ciro che io incontrai alla stazione”.

Chi sono quindi “Armando” e “Maurizio”?

Sono Armando Del Core e Luigi Baccante?

È un’ipotesi; certo è che tra il 1996 e il 1997 Sinacori – ed altri due collaboratori – collocano i due membri dei Nuvoletta tra Palermo e Roma per lavorare coi siciliani agli attentati. In particolare Sinacori, nell’interrogatorio del 14 febbraio 1997 disse: “Ad un’altra riunione (che si tenne a Palermo, ndr) presero parte anche due napoletani, Ciro Nuvoletta ed un tale che si faceva chiamare Maurizio, ma che credo avesse un diverso nome di battesimo; ricordo che si diceva di quest’ultimo che aveva un passato di calciatore…Riina, rivolgendosi a Maurizio ed a Ciro disse loro di mettersi a disposizione per qualsiasi necessità ove io lo avessi chiesto”.

Per sviluppare questi spunti investigativi i pm hanno affidato una delega alla Dia per cercare di fare chiarezza.

I reati contestati tuttavia avrebbero perso il loro mordente nel corso degli anni: per l’ipotesi minore di favoreggiamento sarebbe già scattata la prescrizione mentre potrebbe rimanere in piedi solo una ipotetica contestazione di concorso in tentata strage.


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Maurizio Costanzo © Imagoeconomica
 

Il mancato sviluppo delle dichiarazioni di Sinacori

Al ‘Fatto Quotidiano’ non risulta che le procure di Palermo, Caltanissetta e Firenze, che a vario titolo lavorano sui protagonisti della stagione delle stragi, abbiano sviluppato queste e altre dichiarazioni di Sinacori o che siano in possesso delle identificazioni complete di questi nomi, tra cui “Armando” e “Maurizio”.

Eppure nei verbali di Sinacori si legge che nel Marano, vicino Napoli, giocò nel campionato Promozione Luigi Baccante e tutti sapevano che era affiliato ai Nuvoletta.

A questo si aggiunge anche il mancato passaggio di informazioni tra le procure sopracitate e quella di Napoli poiché quando il pentito e gli altri parlarono dei ‘napoletani a Roma’ da almeno tre anni il pm Armando D’Alterio, che indagò sull’omicidio Siani, stava battendo la pista dei Nuvoletta grazie alle dichiarazioni del pentito Salvatore Migliorino.

I misteri irrisolti dei ‘napoletani a Roma’

Di due napoletani parlò anche il pentito Antonio Scarano nel 1996 al pm di Firenze Pierluigi Vigna raccontandogli di averli visti in un appartamento che lui aveva trovato in via Martorelli a Roma su richiesta di Matteo Messina Denaro.

Il luogo era già stato utilizzato in passato come alloggio nel 1992 dalla primula rossa di Castelvetrano, Sinacori e Geraci.

Scarano dichiarò che la descrizione di Ciro Nuvoletta che gli diede un compagno di carcere era la stessa dell’uomo da lui visto in quella casa. “Poi, avendogli data la descrizione dell’altro napoletano che vidi nella casa di G. G., mi ha detto che la descrizione si attaglia ad altro soggetto che non è della stessa famiglia di Ciro Nuvoletta ma si accompagna sempre con esso”.

Di ‘napoletani’ nel 1996 parla anche Francesco Geraci, che però di nomi ricorda solo ‘Ciro’.


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Giuseppe Graviano

Napoli è Cosa nostra

Nel 1993, dopo le stragi di Roma e Milano e prima dell'attentato allo stadio Olimpico di Roma, anche la città di Napoli doveva essere colpita secondo il disegno stragista di Cosa nostra. Il dettaglio emerse il 6 febbraio del 2019 nel corso del processo sul depistaggio di via d'Amelio. Di fronte al collegio del tribunale di Caltanissetta, presieduto da Francesco D'Arrigo, depose il collaboratore di giustizia e l’ex boss di Brancaccio, Gaspare Spatuzza, ovvero il pentito che ha contribuito a riscrivere parte della storia della strage del 19 luglio 1992.

Quest'ultimo, rispondendo alle domande del sostituto procuratore Stefano Luciani, parlò di “una questione a Napoli” che “abbiamo gestito anche noi in parte. Nel primo punto noi abbiamo prelevato l'esplosivo, lo abbiamo macinato e lo abbiamo inviato a Napoli in quanto, come mi disse Giuseppe Graviano, si sarebbero fatti tutto loro, i napoletani. Successivamente venne a dirmi che per quella circostanza ci saremmo dovuti muovere io e Cosimo Lo Nigro perché loro non erano esperti della tipologia del nuovo esplosivo". Questo progetto di attentato, secondo quanto dichiarato dal collaboratore, sarebbe stato messo in piedi dopo le stragi di Milano e Roma e prima dell'incontro con Graviano a Campofelice di Roccella, avvenuto tra ottobre e novembre 1993. "C'era questa famiglia napoletana dei Nuvoletta che si muoveva per quel che riguardava Cosa nostra". Il progetto su Napoli, però, venne accantonato.

Nonostante questo le testimonianze dei pentiti e i fatti emersi nel processo 'Ndrangheta stragista confermano che tutte le mafie, seppur apparentemente distinte per origine geografica e struttura, operano come un’unica entità. Clan come i Nuvoletta, affiliati alla camorra napoletana, erano un unicum con la fazione corleonese di Totò Riina e molto probabilmente hanno collaborato attivamente con Cosa nostra nelle stragi che insanguinarono l’Italia.

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