"Oggi è più difficile scoprire i funzionari infedeli che i mafiosi" ha affermato il procuratore capo di Palermo Maurizio de Lucia in una intervista a Repubblica. "Le indagini sui colletti bianchi sono più difficili perché non è possibile utilizzare il sistema legislativo che funziona nei confronti della mafia, abbiamo strumenti diversi, certamente meno invasivi, ma anche meno efficaci" ha sottolineato. E sull'abolizione del reato di abuso d'ufficio commenta: "Prendo atto con rispetto di quanto deciso dal Parlamento. Quando fui audito in commissione giustizia segnalai però la problematicità di questa abrogazione: la precedente modifica, intervenuta nel 2000, aveva già fortemente limitato l'ambito di applicabilità del reato di abuso d'ufficio. Dunque, è stato fatto un intenso lavoro per una questione sostanzialmente poco incisiva", "magari l'abrogazione dell'abuso d'ufficio avrà un valore simbolico per qualcuno, ma si era già intervenuti in materia. In realtà, c'è una questione di metodo più generale: le attuali scelte in materia di politiche penali si susseguono in materia caotica senza lasciare il tempo alle norme approvate di sedimentare. Perché se ne fa una, e un minuto dopo se ne fa un'altra. Per gli operatori del diritto è difficile adeguarsi ai mutamenti". Ed evidenzia che "dal punto di vista normativo, bisogna essere assai cauti soprattutto con riguardo alle intercettazioni. La corruzione, come la mafia, è un reato occulto che si scopre non perché qualcuno te lo dice, ma perché ascolti chi compie i reati". Cosa ne pensa dell'emendamento che vorrebbe ridurre le intercettazioni a 45 giorni? "Si rischia di introdurre un elemento preoccupante per chi fa indagini sulla pubblica amministrazione, perché le limita moltissimo. Piuttosto, sarebbe sufficiente prendere atto del fatto che già oggi le intercettazioni sono autorizzate da un giudice terzo, in presenza di specifici e rigorosi requisiti. Bisogna poi uscire da un equivoco, le intercettazioni non finiscono abusivamente sui giornali. Quelle che vengono pubblicate sono solo quelle nella disponibilità delle parti".
Antonello Cracolici
Cracolici: intercettazioni strumento fondamentale nella lotta alla mafia
"Ha ragione il Procuratore capo di Palermo de Lucia quando dice che oggi 'è più difficile scoprire i funzionari infedeli che i mafiosi', perché i mafiosi, più o meno, si conoscono, anche perché hanno un sistema 'riproduttivo' spesso all'interno delle proprie famiglie, quindi con una gerarchia interna che si tramanda in alcuni casi da padre in figlio. Si conoscono quelli che escono dal carcere o che tornano a delinquere, ma la borghesia mafiosa, cioè quell'area apparentemente di persone al di fuori di ogni sospetto, sono più complicate da scovare". A dirlo all'Adnkronos è il Presidente della Commissione regionale antimafia in Sicilia Antonello Cracolici, commentando le parole del Procuratore capo di Palermo. A margine della commemorazione di Libero Grassi, l'imprenditore ucciso dalla mafia il 29 agosto di 33 anni fa, Cracolici ha spiegato che "la strumentazione per contrastare i cosiddetti 'colletti bianchi' si è attenuata, è inutile negarlo. C'è stato in questi anni il tentativo di mettere in discussione strumenti fondamentali nella lotta alla mafia, uno su tutti, le intercettazioni. Difficilmente qualcuno sarà individuato per strada perché si limita a incontrare un mafioso. Il più delle volte c'è un sistema di affari, società. Bisogna andare più dai notai o dai commercialisti. E' evidente che un'attività di questo tipo va fatta con una strumentazione diversa".
Foto di copertina © Imagoeconomica
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