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L’attentato del '74 sul treno in transito a San Benedetto Val di Sambro fu rivendicato da Ordine Nero. Mai nessuna condanna

Il 4 agosto 1974, alle 1:23 di notte, esplode una bomba ad orologeria posizionata all’interno della quinta carrozza del treno Espresso 1486 “Italicus”, che percorreva la tratta Roma-Monaco di Baviera. Nell'attentato, avvenuto mentre il treno attraversava la galleria di San Benedetto Val di Sambro, nei pressi di Bologna, morirono 12 persone e altre 48 rimasero ferite. Tra i primi a soccorrere le persone a bordo del treno vi fu il giovane controllore Silver Sirotti, appena 24enne, divenuto poi un eroe postumo. Dopo l'esplosione della bomba, Sirotti si precipitò all’interno del vagone ancora avvolto dalle fiamme per aiutare i passeggeri rimasti intrappolati e salvare quante più vite possibile. Un gesto di grande coraggio e altruismo che, purtroppo, gli costò la vita. Nel tentativo di continuare a soccorrere altri passeggeri, il giovane controllore rimase intrappolato tra le fiamme. Sirotti è stato insignito della Medaglia d'Oro al Valore Civile e il suo gesto eroico viene ricordato ogni anno durante le cerimonie commemorative. Oltre a Sirotti, nell’attentato persero la vita anche Nunzio Russo, Marco Russo, Maria Santina Carraro, Elena Donatini, Nicola Buffi, Herbert Kontriner, Tsugufumi Fukuda, Antidio Medaglia, Elena Celli, Raffaella Garosi e Wilhelmus Hanema.


La rivendicazione e il processo

L’attentato si inserisce all’interno di un periodo di forte tensione politica e sociale, passato tragicamente alla storia come gli “anni di piombo”. L’attacco, insieme alla sua rivendicazione, faceva parte della cosiddetta “strategia della tensione”, portata avanti da gruppi di estrema destra con l'obiettivo di destabilizzare il Paese e demolire lo stato di democrazia vigente. “Abbiamo voluto dimostrare alla nazione che siamo in grado di mettere le bombe dove vogliamo, in qualsiasi luogo, dove e come ci pare - si legge nella rivendicazione di Ordine Nero - [...] seppelliremo la democrazia sotto una montagna di morti”. Sulla strage, tra mancanza di prove e ostacoli giudiziari, sono state condotte diverse inchieste. Tuttavia, la conclusione è amara: sono trascorsi 50 anni e per la strage dell’Italicus, nonostante il numero considerevole di sospettati, non sono stati ancora individuati in maniera chiara i veri responsabili.
La prima istruttoria sulla strage dell’Italicus si concluse il giorno prima della strage di Bologna, il primo agosto 1980, con il rinvio a giudizio di alcuni estremisti di destra, tra cui Mario Tuti, Luciano Franci e Piero Malentacchi, accusati di essere gli esecutori materiali dell'attentato. Altri imputati includevano Margherita Luddi, Emanuele Bartoli, Maurizio Barbieri, Rodolfo Poli e, con l’accusa di calunnia e depistaggio, Francesco Sgrò. Il 20 luglio 1983, il Presidente della Corte d'Assise di Bologna, Mario Negri, assolse tutti gli imputati per insufficienza di prove. Ma il 18 dicembre 1986, la Corte d'Assise d'Appello di Bologna, presieduta da Pellegrino Iannaccone, ribaltò parzialmente la sentenza condannando all’ergastolo Mario Tuti e Luciano Franci. Un altro colpo di scena arriva il 16 dicembre 1987, quando il noto giudice “ammazza sentenze”, Corrado Carnevale, annulla nuovamente la sentenza. Nel 1992, infine, la Corte di Cassazione chiuse definitivamente i procedimenti contro i due estremisti di destra. Anche se la Corte stabilì che le prove presentate non erano sufficienti per condannare Tuti e Franci, la sentenza evidenziò diversi tentativi di depistaggio per sviare le indagini. In particolare, la sentenza ha evidenziato le connessioni con la loggia massonica P2 e gli ambienti neofascisti. Sebbene la P2 non sia stata ritenuta responsabile in termini legali, è stata considerata storicamente e politicamente responsabile, avendo fornito un’opera di “istigazione agli attentati e di finanziamento nei confronti dei gruppi della destra extraparlamentare toscana”. Pertanto, “la Loggia P2 è gravemente coinvolta nella strage dell'Italicus e - ha concluso la Corte - può ritenersi anzi addirittura responsabile in termini non giudiziari ma storico-politici, quale essenziale retroterra economico, organizzativo e morale”. La strage dell’Italicus rimane, dunque, uno degli episodi più controversi e mai risolti nella storia del terrorismo in Italia. L’assenza di colpevoli condannati per quanto avvenuto la notte del 4 agosto 1974 ha lasciato una ferita aperta, una delle tante.

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