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"Tutti i dirigenti dell'Azienda ospedaliera" del Policlinico di Messina, "apponendo la loro firma sulle determine di autorizzazione delle convenzioni, hanno consentito lo sviamento delle risorse - sia per il ruolo apicale ricoperto (che impone la conoscenza specifica della normativa di settore) sia per l'entità dei vantaggi riconosciuti negli anni a Fondazione Aurora onlus per il centro clinico Nemosud". Così scrive nella sua ordinanza la gip di Messina, Claudia Misale, nell'ambito dell'inchiesta "Nemo", nella quale risultano indagate 9 persone, tra cui l'assessore alla Salute, Giovanna Volo, che all'epoca era direttrice sanitaria. Contestati a vario titolo i reati di peculato e corruzione. Al centro i vantaggi economici e gestionali concessi al centro clinico Nemosud, che si occupava di riabilitazione neurologica, "privo dei requisiti fondamentali richiesti per la erogazione dell'attività sanitaria (le c.d. tre A: autorizzazione, accreditamento, accordi)". Spiega la gip che, nei rapporti tra il Policlinico di Messina e Nemosud, "si sia realizzata illegittimamente una esternalizzazione delle prestazioni sanitarie di riabilitazione, attraverso la conclusione di convenzioni in assenza dei presupposti previsti dalla legge regionale 5/2009". È da escludersi, "diversamente da quanto affermato anche da alcuni funzionari regionali, che il Centro Nemosud potesse ritenersi "integrato" nell'azienda ospedaliera pubblica e potesse perciò ammantarsi dell’accreditamento a quest'ultima riconosciuto". Ciononostante, il Centro Nemosud, rileva la gip, "ha funzionato per anni all'interno di un'azienda pubblica, occupandone i locali, utilizzandone il personale e avvalendosi dei suoi beni strumentali".
Pur potendo attivare all'interno dell'Uoc Neurologia i posti letto di riabilitazione neurologica codice 56 utilizzabili per la presa in carico e la cura dei pazienti affetti da Sla e da altre malattie neurologiche, si è preferito "delegare totalmente ad una struttura privata l'attività sanitaria relativa alle patologie indicate, consentendo a questa di ottenere il rimborso di prestazioni per cui la stessa Azienda non era autorizzata (codice 75)". Il denaro pubblico è stato quindi utilizzato, sottolinea la gip Misale, "per la copertura di spese privatistiche (servizio di assistenza proveniente da personale medico e infermieristico selezionato dal centro clinico a suo piacimento, senza procedure di evidenza pubblica)". Del resto, che la gestione dei pazienti da parte dell'Azienda ospedaliera fosse possibile è dimostrato dalla presa in carico degli stessi immediatamente dopo la chiusura di Nemosud". Argomenta la gip: "La circostanza che i beni distratti siano stati utilizzati per il raggiungimento di un fine pubblico - l'erogazione di prestazioni sanitarie - non giustifica la scelta del mezzo illecito utilizzato. Oltretutto, in base a quanto emerso da plurime fonti informative, il trattamento sanitario operato nel centro Nemo ha sostituito totalmente l’attività della Uoc di Neurologia". Inoltre, come argomentato dal pm., "che l'intento della dirigenza della Fondazione fosse quello di lucrare sull’attività erogata è dimostrato dalla periodica modifica delle convenzioni - dal contenuto patrimoniale sempre più vantaggioso per la struttura privata e dalla qualifica delle prestazioni con il codice 75 (non assegnato dalla Regione Sicilia all'Aou Policlinico), rimborsate con un importo pari circa al doppio, rispetto a quelle del codice 56 (questo invece assegnato, ma non attivato all'interno del Policlinico per agevolare il centro clinico privato. Al contempo, il personale - non selezionato con procedure pubblicistiche concorsuali, ma assunto con contratti di natura privatistica dalla Fondazione - è stato retribuito, aggiunge la gip di Messina, "mediante il rimborso da parte del Policlinico alla Fondazione Aurora, con risorse economiche pubbliche, in quanto provenienti dalla Regione (cui era stato richiesto peraltro un finanziamento) e destinate allo svolgimento dell'attività sanitaria di natura pubblica propria dell'Azienda ospedaliera". Insomma, come affermato anche dal Pm nella sua richiesta, "la situazione venutasi a creare è paragonabile, di fatto, alla costituzione di una clinica privata all'interno di una struttura ospedaliera pubblica, clinica che ha potuto utilizzare beni mobili ed immobili di proprietà pubblica e ha ricevuto fondi pubblici destinati alla sanità, pur essendo priva dei requisiti minimi per esercitare in ambito sanitario". Ciò è avvenuto, per il gip, "per l'azione coordinata di più persone che, consapevolmente, lo hanno consentito". D'altra parte, "la dirigenza del Policlinico ha presentato, sostenuto e agevolato il progetto Nemosud per circa un decennio", una condizione che non sarebbe perdurata "se non vi fosse stato il sostegno concreto della dirigenza aziendale". Inoltre, il centro clinico Nemosud "esercitava un'attività diversa da quella erogata dall'Azienda Policlinico di Messina e non prevista dalla Rete Regionale (prestazioni codice 75); di conseguenza, pur volendo aderire alla tesi della legittimità della costituzione del Centro e della sufficienza dei requisiti aziendali, il centro Nemosud non avrebbe potuto erogare prestazioni diverse da quelle assegnate al Policlinico, ma lo ha fatto per numerosi anni. Di ciò erano certamente consapevoli tutti i dirigenti dell'Azienda ospedaliera che, apponendo la loro firma sulle determine, hanno consentito lo sviamento delle risorse".

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