L'intervento del presidente della Corte di Appello di Palermo al congresso dell'Anm
"Viviamo una forma di antagonismo tra poteri dello Stato. Ma la magistratura non vuole lo scontro, piuttosto rivendica il diritto dovere di svolgere la funzione di controllo della legalità nel perimetro tracciato dalla Costituzione". Lo ha detto il presidente della corte d'appello di Palermo, Matteo Frasca, aprendo la seconda giornata dei lavori del 36esimo congresso dell'Associazione Nazionale Magistrati in corso a Palermo. "I controlli vengono vissuti troppo spesso come ingerenza nelle attività del Governo, - ha aggiunto - ma i controlli hanno la funzione di garanzia dei cittadini. Si avverte una insofferenza che si coglie anche nelle riforme dei delitti contro la pubblica amministrazione. Non si comprende peraltro che si tratta di reati che ormai vedono sempre più protagonista Cosa nostra", ha detto.
Basta guardare attorno per vedere che la maggioranza di governo composta da Fratelli di Italia, partito politico di matrice apertamente neofascista e da Forza Italia e Lega, ha messo in piedi dal momento della sua formazione un progetto ad ampio respiro che punta ad 'ammazzare' le indagini sui colletti 'bianchi'.
I panni sporchi si devono lavare in famiglia e tutti gli esponenti di una certa 'casta' dovranno risultare sempre impeccabili agli occhi dell'elettorato. Il loro chiodo fisso, la loro bestia nera sono le intercettazioni perché costituiscono l’unico tallone di Achille che può incastrare i colletti bianchi, perforando lo scudo impenetrabile di omertà blindata che li protegge.
L'ex procuratore generale di Palermo e oggi senatore Roberto Scarpinato aveva detto davanti ad un'Aula vuota che il ministro della Giustizia Carlo Nordio era promotore di una "nuova politica criminale".
La soluzione finale prevederà, tramite la riforma della Costituzione, di ricondurre la magistratura sotto il controllo governativo: la separazione delle carriere secondo il presidente Frasca “sarebbe inutile e dannosa" poiché “una magistratura debole non è in grado di garantire i diritti dei cittadini né di esercitare un vero controllo di legalità", ha concluso.
Ma l’indebolimento passa anche attraverso lo smantellamento degli strumenti d’indagine: stoppare l’uso del trojan - definito da Nordio “un’arma incivile, una porcheria” - e la messa al bando dei captatori informatici sui device degli indagati per reati contro la Pubblica amministrazione, norma sempre chiesta da Forza Italia e ora promossa dal deputato Costa.
Basti pensare all’inchiesta dei magistrati di Genova su Giovanni Toti: il governo di Giorgia Meloni si è impegnato ad accogliere e votare un ordine del giorno del deputato di Azione Enrico Costa, che chiederà di eliminare l’utilizzo del trojan, il captatore informatico, per le indagini che riguardano i reati contro la Pubblica amministrazione. Tra questi anche la corruzione. Ricordiamo che tramite il virus informatico, inoculato nel cellulare di Aldo Spinelli (anche lui agli arresti domiciliari), gli inquirenti sono arrivati a scoprire il colloquio con l’allora presidente dell’Autorità Portuale Paolo Emilio Signorini. Inoltre, come si capisce dall’ordinanza di custodia cautelare, diversi indagati non volevano parlare al telefono proprio per evitare le cosiddette “intercettazioni tradizionali”. Ma il trojan ha permesso comunque di scoprire le conversazioni tra gli indagati.
In altre parole il vertice della piramide sociale, grazie alle riforme in cantiere (premierato, giustizia, intercettazioni, bavaglio alla stampa etc...), tra poco diverrà intoccabile, anche sotto il profilo penale.
Una vera e propria giustizia di classe che riguarda, inoltre, una modifica introdotta nell’art. 270 cpp: se nel corso di una intercettazione autorizzata per un reato di mafia viene ascoltata una conversazione che riguarda un furto in un supermercato commesso da soggetti non mafiosi, quella intercettazione è utilizzabile.
Se invece viene ascoltata una intercettazione che riguarda una corruzione di dieci milioni di euro, quella intercettazione non può essere utilizzata, perché questa maggioranza ritiene che a differenza dei furti aggravati, la corruzione non rientra tra i reati gravi, qualunque sia il suo importo.
E’ in dirittura di arrivo la riforma che limita a soli 45 giorni il tempo massimo delle intercettazioni. Con limiti così stringenti sui tempi per intercettare e senza trojan, l’inchiesta di Genova si sarebbe interrotta agli albori.
Ma l'attuale classe politica non si accontenta di far andare al macero il lavoro degli investigatori: anche quando i 'panni sporchi' vengono fuori non se ne deve parlare: dicembre scorso la maggioranza di destra più i deputati di Italia Viva e Azione avevano votato a favore di una legge che di fatto strozza il diritto all'informazione vietando la ‘pubblicazione integrale o per estratto del testo dell’ordinanza di custodia cautelare finché non siano concluse le indagini preliminari, ovvero fino al termine dell’udienza preliminare'.
Una vera e propria deriva nazionale foraggiata dalla solita cavalleria garantista.
Foto di copertina © Imagoeconomica
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