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Da Villa San Giovanni a Messina nessuno vuole il Ponte. Si teme il rischio sismico su un ponte con collegamento ferroviario

Il progetto definitivo del Ponte sullo Stretto, pubblicato dalla società Stretto di Messina, conta ben 1526 pagine e riguarda soltanto il Comune di Messina. Altre 558, invece, riguardano il Comune di Villa San Giovanni, in provincia di Reggio Calabria. All’interno, ci sono i nomi di centinaia di famiglie che vivono su entrambi i lati dello Stretto e che ora rischiano di dover lasciare per sempre le proprie abitazioni, con tanti saluti ai sacrifici fatti nell’arco di un’intera vita. In particolare, sfogliando l’interminabile elenco di espropri previsti per la costruzione del Ponte, tra abitazioni di tipo civile, stalle, rimesse e scuderie, a Villafranca Tirrena, in provincia di Messina, ci si trovi pure una masseria che ha ospitato pericolosi latitanti di Cosa nostra, diventando, all'occorrenza, anche un luogo ideale per meeting tra mafiosi di alto rango come Angelo Siino, mente economica di Totò Riina, oppure Michelangelo Alfano, boss di Bagheria. Un piccolo pezzo di terra che - come ha evidenziato Il Fatto Quotidiano - è rimasto al di fuori dei beni confiscati; pertanto, lo Stato dovrebbe pagare per espropriare. Infatti, il terreno è ancora oggi di proprietà di un boss della mafia siciliana passato a miglior vita all’età di 83 anni e mai condannato per mafia, ma solo per omicidio: don Santo Sfameni, anche detto “il patriarca”.
Oggi, nel caso in cui lo Stato dovesse pagare per espropriare il piccolo appezzamento di terra, a beneficiarne sarebbe Antonio, il figlio erede del boss deceduto nel 2012. Per alcuni collaboratori di giustizia, “il patriarca” sarebbe stato, addirittura, “l’anello di congiunzione tra Cosa Nostra e alcuni magistrati”. Don Santo - ha riportato il Fatto - è titolare del “diritto di proprietà per 2/24” della masseria-stalla, registrata “orti irriguo”, per una “superficie 1.326 mq”. Altri 2/24 sono intestati a Palma Bertino, sua moglie, e al figlio Antonino, citato in diversi atti giudiziari come “prestanome del padre nella gestione di attività imprenditoriali”. Nell’elenco degli espropri spuntano anche i terreni della Le.Ni. Immobiliare Srl, costituita da Santo alla fine degli anni 80 e trasferita al figlio, che a Saponara, in provincia di Messina, possiede 9.289 metri quadri di “seminativo arborato”. La società è stata confiscata in via definitiva nel gennaio 2006 a don Santo, moglie e figlio.
Il boss don Santo è stato arrestato nel '94 grazie aqlle indicazioni fornite da Luigi Ilardo, il noto collaboratore di giustizia imparentato con i Madonia. Ilardo è stato ucciso due anni dopo, nel 1996, mentre stava fornendo agli investigatori informazioni cruciali per l'arresto di Bernardo Provenzano. È arrivato persino a indicare il punto esatto dove si trovava il covo che ospitava il capo di Cosa Nostra durante la sua latitanza. Ma don Santo è legato anche ad un’altra vicenda, alla morte di una ragazza di 17 anni di nome Graziella Campagna, uccisa il 12 dicembre 1985 perché aveva scoperto la vera identità di due latitanti palermitani, Gerlando Alberti jr e Giovanni Sutera, entrambi protetti da don Santo. Un omicidio che ha portato a don Santo una condanna per concorso esterno a 7 anni, poi prescritta nell’appello bis, e all’ergastolo per Alberti e Sutera.


Ponte sullo Stretto: un disastro preannunciato?

Per quanto riguarda il progetto del Ponte sullo Stretto, non sono poche le criticità emerse. I sindaci di Villa San Giovanni e Messina hanno sollevato questioni rispetto a numerosi errori e incompatibilità presenti nel progetto. Sarebbero diverse, infatti, le criticità sulla gestione delle sostanze inquinanti e sull’elevato impatto che la sismicità potrebbe avere sulla struttura; senza contare che si tratta di un’opera che richiede un grande investimento di risorse pubbliche, nonostante sia ritenuta da molti come dannosa e inutile.
Giusy Caminiti, sindaca di Villa San Giovanni, ha spiegato: “Lette le carte, abbiamo capito che sono necessari studi, integrazioni e quantificazioni. A partire da un nuovo esame approfondito della costa, dei fondali marini, delle scorrenti. Va tenuto anche in debita considerazione il fatto che siamo in aree Sic, ovvero in siti di importanza comunitaria, e in zone di protezione speciale della Costa Viola”. Inoltre - ha reso noto “Il Sole 24 Ore” - le criticità emerse dalla documentazione del progetto non solo sarebbero diverse, ma anche non trattate. “La gestione delle acque piovane - ha proseguito Caminiti - derivanti da eventi atmosferici rilevanti, nel progetto non è sviluppata e non sono indicate, quindi, le soluzioni per il rischio degli afflussi a mare di acque di dilavamento del cantiere cariche di sostanze inquinanti”. E aggiunge: “La faglia sismica, segnalata sulle mappe, attraversa tutto il territorio di Cannitello fino a Punta Pezzo, lambendo quindi anche la variante ferroviaria realizzata nel 2012 come opera propedeutica al Ponte. Sono necessari pertanto approfondimenti normativi e tecnici di dettaglio”.
Sul versante siciliano le reazioni non sembrano essere diverse. Sono circa quaranta i professionisti che hanno contestato la legittimità del Ponte, chiedendo di valutare eventuali reati e “un'approssimazione”, che per il progetto fortemente voluto dal leader della Lega Matteo Salvini, “sembra essere elevata a regola”. Attraverso un esposto presentato dai professionisti sono state elencate una lunga serie di quesiti che dimostrano quanto l’opera sia irrealizzabile. Eppure - ha ricordato “La Repubblica” - è stato concesso il “via libera” al progetto del Ponte sullo Stretto senza condizioni, ma limitandosi a suggerire di realizzare eventuali indagini in futuro. Inoltre, i professionisti messinesi hanno chiesto ai magistrati di approfondire anche gli “atti aggiuntivi”, con i quali “Webuild” e “Stretto di Messina” daranno vita ai lucrosi contratti che non sono mai stati resi pubblici.

Foto © Imagoeconomica

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