Usigrai: ''La Rai trasformata nel megafono del governo"
“La maggioranza di governo ha deciso di trasformare la Rai nel proprio megafono”. È il j’accuse di Usigrai, il sindacato dei giornalisti Rai, letto in diretta durante le edizioni del Tg1, Tg2 e Tg3 di giovedì 11 aprile.
Una protesta mirata alla recente modifica delle norme sulla “par condicio” del servizio pubblico in vista delle elezioni europee che si terranno l’8 e il 9 giugno. La Commissione di vigilanza Rai, infatti, ha approvato una norma che consente ai rappresentanti del governo di “parlare nei talk show senza vincoli di tempo e senza contraddittorio”. Così facendo verrebbero favoriti gli esponenti del governo che intendono candidarsi alle europee. Tra questi la premier Giorgia Meloni e il vice Antonio Tajani, rispettivamente in corsa con FdI e FI.
Non solo, ha scritto Usigrai, “Rai News 24 potrà trasmettere integralmente i comizi politici, senza alcuna mediazione giornalistica, preceduti solamente da una sigla”. Per l’esecutivo del sindacato si tratterebbe di un “ritorno all’Istituto Luce”.
“Questa non è la nostra idea di servizio pubblico, dove al centro c’è il lavoro delle giornaliste e dei giornalisti che fanno domande, anche scomode, verificano quanto viene detto, fanno notare incongruenze - hanno continuato i giornalisti Rai -. Per questo, gentili telespettatori, vi informiamo che siamo pronti a mobilitarci per garantire a voi un’informazione indipendente, equilibrata e plurale”.
Per il sindacato Unirai, noto per il suo orientamento a destra, si tratta di un “circo politico-mediatico”, ha detto il segretario Francesco Palese commentando la protesta di Usigrai, sul dibattito parlamentare intorno alla par condicio.
A tutto ciò va aggiunta la volontà da parte dell’esecutivo di punire i giornalisti con pene fino a 4 anni e mezzo di carcere per reati come la diffamazione. L’ennesimo attacco alla libertà di stampa di questo governo di destra-destra. Ed ecco che, dopo la par condicio à la carte, il partito della premier “fa un altro passo verso paesi come Russia, Cina, Bielorussia o Iran: i giornalisti rischiano fino a 4 anni e mezzo di carcere”, ha scritto Usigrai commentando uno degli emendamenti del ddl sulla diffamazione presentati dal relatore Gianni Berrino, esponente di Fratelli d'Italia. L'esecutivo del sindacato “si unisce alla condanna espressa già dal presidente dell'ordine dei giornalisti Carlo Bartoli e dalla segretaria della FNSI Alessandra Costante. Siamo di fronte a un fatto gravissimo. Lo è ancora di più se si pensa che l'emendamento arriva dal partito della presidente del Consiglio, visto che la Corte Costituzionale si è espressa chiaramente contro il carcere per i giornalisti e il nostro paese è stato richiamato dalla corte europea dei diritti dell'uomo e dalle istituzioni".
In questo clima di tensione, va inserito anche l’ennesimo attacco a Report, la trasmissione d’inchiesta condotta da Sigfrido Ranucci, a cui verranno tagliate le repliche estive. Delle 20 puntate delle serate più significative della stagione, infatti, quest’anno ne saranno trasmesse solo 5. Un taglio di 15 puntate che Viale Mazzini ha giustificato come una “scelta aziendale”.
Appare evidente, però, che l’indigestione sia dovuta ai contenuti e agli scoop che la trasmissione di Ranucci ha portato alla luce nell’ultimo anno: dallo scandalo Sgarbi a quello della Santanché, dagli interessi dietro al Ponte sullo Stretto agli affari della criminalità organizzata a Milano, fino ad arrivare alle inchieste sulle stragi e i delitti eccellenti che hanno macchiato la Repubblica.
La decisione è stata presa dal vertice, col coinvolgimento del direttore generale, Giampaolo Rossi, del capo dell’approfondimento, Paolo Corsini, e del responsabile della distribuzione, Stefano Coletta.
Davanti a tutto ciò appaiono profetiche le parole della scrittrice Michela Murgia quando, durante la scorsa edizione del Salone del Libro, intervistata da Andrea Malaguti, disse: “Io penso che questo governo sia fascista. Lo penso dalle scelte, dalle decisioni che sta prendendo. Cioè controllo dei corpi, controllo della libertà personale, discriminazione delle comunità già discriminate che stavano riuscendo a ottenere dei diritti. Una certa impostazione ideologica che inevitabilmente ripercorre cose che abbiamo già visto. Ma voi vi aspettate che il fascismo vi bussi a casa con il ‘fez’ e la camicia nera e vi dica: 'Salve, sono il fascismo, questo è l'olio di ricino'? Non accadrà così”.
Come darle torto?
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