Assemblea, dibattito e musica. “Ai Giudici” ospiti l’avvocato Fabio Repici e Nino Morana
Nei giorni scorsi, a Palermo, l’organizzazione “Attivamente” ha celebrato il suo quarto anniversario con una giornata all’insegna dell’antimafia sociale. L’evento “Ai Giudici” è iniziato con un’assemblea studentesca sulla lotta alla mafia. Un momento di confronto fra giovani e giovanissimi su come viene vissuta l’antimafia all’interno delle scuole. Presente fra loro anche Bennardo Mario Raimondi, ceramista palermitano vittima di usura, che ha restituito ai presenti la sua esperienza.
A seguire ha avuto luogo un dibattito intitolato “Verità è lotta” con Nino Morana, nipote dell’agente di polizia Nino Agostino ucciso dalla mafia - e non solo - assieme alla moglie Ida Castelluccio il 5 agosto 1989 a Villagrazia di Carini, e l’avvocato Fabio Repici, legale della famiglia Agostino.
Durante l’incontro, moderato da Andrea La Torre, uno dei referenti di “Attivamente”, si è a lungo dibattuto sul debito di verità e giustizia che l’Italia ancora deve sanare nei confronti dei tanti, troppi, familiari di vittime innocenti delle mafie. Tra questi anche la famiglia Agostino, appunto.
Attualmente a Palermo è in corso un processo in Corte d’Assise (presidente Sergio Gulotta, giudice a latere Monica Sammartino) che indaga sul duplice omicidio Agostino-Castelluccio, avvenuto il 5 agosto 1989 a Villagrazia di Carini. Un procedimento che vede sul banco degli imputati il boss dell’Acquasanta Gaetano Scotto e il sedicente amico d’infanzia di Nino, Francesco Paolo Rizzuto, rispettivamente accusati di duplice omicidio aggravato in concorso e di favoreggiamento. E la procura generale nelle scorse settimane ha chiesto l’ergastolo per Scotto e l’assoluzione per Rizzuto.
Nella sua arringa difensiva, l’avvocato Repici ha fatto esplicito riferimento al “Deep State” dietro al Caso Agostino. Uno “Stato profondo” che dall’istante in cui vennero uccisi i due coniugi, si mosse per depistare le indagini e infangare il nome di Nino Agostino. Un modo per occultare il delicato lavoro che lo stesso stava svolgendo in quegli anni: il cacciatore di latitanti, tra le altre cose. Ed è proprio da questo aspetto che è partito Repici durante l’evento di “Attivamente”.
“La ricostruzione del duplice omicidio Agostino-Castelluccio, emersa dal procedimento attualmente in corso, ha portato alla luce in modo davvero sorprendente quanto nella Palermo del 1989 agisse un vero e proprio ‘Deep State’ - ha detto Repici -. Nella ricostruzione dei fatti adoperata dalla procura abbiamo visto all’opera molte forme di ‘Stato occulto’”. “A quel tempo - ha aggiunto - c’era una condizione del potere che vedeva pesanti sfumature criminali. Non esisteva solo la criminalità mafiosa, ma erano collegati alla criminalità mafiosa ambienti criminali che occupavano ambienti istituzionali. Numerosi fonti ci rivelano che Arnaldo La Barbera (ex capo della Squadra mobile di Palermo, ndr) fosse a libro paga non solo del Sisde ma anche della famiglia mafiosa di Resuttana guidata da Nino Madonia, condannato anche in appello per l’omicidio Agostino-Castelluccio”.
“Il nostro Paese non si può definire democratico senza verità e giustizia su tutte le vittime innocenti di mafia - ha detto Nino Morana -. I miei nonni (Vincenzo Agostino e Augusta Schiera, ndr) hanno trasformato il loro dolore in passione per la giustizia. Ed è così che da quel torrido 5 agosto 1989 hanno iniziato a girare tutta l’Italia per parlare nelle scuole, ai ragazzi. Per fargli capire che ognuno di noi deve fare la propria parte per sanare il debito che lo Stato ha nei confronti di noi familiari di vittime innocenti di mafia e del Paese tutto”
Purtroppo, oggi il percorso verso la verità e la giustizia “è ostacolato anche da alcune realtà antimafia che svolgono attività solo per interessi e scopi personali. Promuovendo cioè una visione sterile della lotta alla mafia, ricca di retorica e ipocrisie”, ha aggiunto Nino.
Nella Sicilia degli anni ’80, la verità sui delitti “doveva rimanere occultata - ha evidenziato Repici -. Lo Stato spesso ha lasciato la responsabilità sulle spalle dei familiari delle vittime. In questo senso i nonni di Nino Morana sono due monumenti della nostra storia. E sono anche la testimonianza di una patologia che noi ci portiamo quasi congenitamente nella storia della nostra Repubblica”.
Loro, infatti, come Felicia Bartolotta, la mamma di Peppino Impastato, e tanti altri, “hanno avuto lo stesso destino delle mamme di ‘Plaza de Mayo’. Ovvero delle mamme e delle nonne dei ‘desaparecidos’ vittime della dittatura militare piduista argentina - ha detto l’avvocato -. Però il Paese nel quale Vincenzo Agostino e Augusta Schiera si sono trovati a combattere da soli e a mani nude per 30 anni prima che prendesse piede un processo, formalmente era una democrazia. Le mamme di ‘Plaza de Mayo’, invece, combattevano contro una dittatura militare. Eppure, la difficoltà di avere verità e giustizia nella nostra Repubblica formalmente democratica sono state analoghe a quelle di una dittatura militare. Anzi, potremmo dire che per molti ‘desaparecidos’ la giustizia è stata meno lenta di quanto non lo sia stata per alcune vittime innocenti di mafia”.
L’evento di “Attivamente” si è protratto fino a sera. A concludere la giornata è stata una festa con esibizioni musicali di Giorgio Montalbano e Alice D’Agati.
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