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dia12di Antonio Nicola Pezzuto
Gli uomini della Direzione Investigativa Antimafia di Lecce, coordinati e diretti dal Vice Questore Aggiunto, Dott.ssa Carla Durante, hanno confiscato in via definitiva aziende e beni immobili riconducibili a Giovanni Mazzotta, 50enne di Monteroni di Lecce. L’uomo farebbe parte o sarebbe comunque vicino al clan Tornese della Sacra Corona Unita e, secondo gli investigatori, proprio da questa appartenenza avrebbe “tratto le risorse economiche all’origine del suo patrimonio”, come si legge negli atti giudiziari.

Giovanni Mazzotta, soprannominato “Gianni Conad” in quanto ha sempre operato nel settore dei supermercati, fu arrestato nel giugno del 1994 grazie al maxi blitz della Direzione Distrettuale Antimafia di Lecce denominato “Due Mari”. Con sessantaquattro ordinanze di custodia cautelare fu sbaragliato il clan guidato dai fratelli Tornese di Monteroni.

A Mazzotta, in primo grado,  furono inflitti sette anni e quattro mesi di reclusione con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata allo spaccio di sostanze stupefacenti. Ancora più duro il verdetto emesso l’undici febbraio del 1999 dai giudici della Corte d’Appello di Lecce: otto anni e otto mesi. Sentenza passata poi in giudicato il 7 ottobre del 2000.

La confisca del patrimonio è divenuta irrevocabile il 25 maggio 2015 con la dichiarazione di inammissibilità dei ricorsi da parte della Suprema Corte. Il provvedimento chiude con successo un iter giudiziario che aveva portato nel maggio del 2011 al sequestro anticipato dei beni del Mazzotta. Anche in quell’occasione erano stati gli agenti della Sezione Operativa della D.I.A. di Lecce ad apporre i sigilli. La proposta di misura patrimoniale fu avanzata dal Procuratore della Repubblica di Lecce, Cataldo Motta, a conclusione di complesse e difficili indagini svolte con successo dalla Direzione Investigativa Antimafia di Lecce che portarono alla luce un’evidente sproporzione tra gli irrisori redditi dichiarati dal Mazzotta e il patrimonio accumulato a lui riconducibile.

La richiesta di sequestro si basava su tre elementi. Il primo: la riconducibilità di tutti i beni, al di là della loro formale intestazione, a Giovanni Mazzotta che gestiva direttamente i supermercati, pur non essendone il titolare, impartendo ordini a chi formalmente risultava il responsabile della gestione. Il secondo: l’appartenenza o quanto meno la vicinanza di Mazzotta al clan Tornese, confermata dalla condanna. Il terzo: una forte sproporzione fra il valore dei beni e i redditi percepiti da Mazzotta che potevano essere appena sufficienti per garantire un’esistenza dignitosa ma non la formazione di un impero economico.  

I provvedimenti di sequestro e confisca sono stati emessi dal giudice Roberto Tanisi, Presidente della Seconda Sezione Penale del Tribunale di Lecce.  

Decisivo, ai fini delle indagini che hanno portato al sequestro e alla confisca definitiva del patrimonio di Gianni Conad, l’omicidio di Lucio Vetrugno, alias “Lucio della Tigre”, così soprannominato perché possedeva una tigre. L’uomo fu ucciso con una pistolettata il 22 dicembre del 2010 mentre era nella sua masseria, denominata “La Tenente”, situata sulla Copertino-Leverano. In tasca alla vittima, infatti, furono ritrovati quattro assegni in bianco, ciascuno dell’importo di 4.500 euro, firmati dall’amministratore della Mi.Che. s.r.l., una delle società confiscate riconducibili al Mazzotta.

“L’emissione in favore di Vetrugno, da parte del legale rappresentante di una delle società riconducibili al Mazzotta – scriveva nel provvedimento di sequestro il giudice Tanisi – di quattro assegni, per complessivi 18000 euro, rinvenuti nelle tasche dello stesso Vetrugno, dopo che questi venne ucciso, testimonia i rapporti a dir poco torbidi fra i predetti”.

In seguito a questi fatti il Sostituto Procuratore Guglielmo Cataldi dispose delle intercettazioni telefoniche a carico del Mazzotta  grazie alle quali si scoprì che era lui a intrattenere rapporti commerciali con i fornitori, era lui che si occupava della gestione del personale e dei rapporti con gli istituti di credito e sempre lui si preoccupava della contabilità degli esercizi commerciali.

A gravare sulla condotta di Mazzotta anche la testimonianza resa ai carabinieri da un imprenditore di Leverano che avrebbe subito pressioni tipicamente “mafiose” da Gianni Conad, come scritto nel provvedimento. Dalle indagini emergeva che per raggiungere il monopolio nel settore della grande e media distribuzione a Leverano, il Mazzotta avrebbe messo paura al titolare di un supermercato. Dapprima per costringerlo forzatamente a vendergli l’attività e successivamente per obbligarlo a ricomprarsela. Un comportamento giudicato dagli investigatori tipicamente mafioso.

Vediamo nel dettaglio i beni che sono stati confiscati, il cui valore ammonta a 1,6 milioni di euro: un locale commerciale sito in Monteroni di Lecce; due abitazioni ubicate in Monteroni di Lecce; la società GI.AN.CO. Srl con sede in Monteroni di Lecce con l’intero complesso aziendale; un villino di sette vani e un terreno ubicati a Monteroni di Lecce; la società DENNIS Srl con sede in Leverano e l’intero complesso aziendale composto dai seguenti punti vendita: il supermercato “Meta” ubicato in Leverano, il supermercato “Gulliper” di Maglie, il supermercato “Gulliper” sito in Leverano; la società MI.CHE. Srl con sede in San Cesario di Lecce e l’intero complesso aziendale costituito dai seguenti punti vendita: un supermercato ubicato in Leverano, il supermercato “Pam” ubicato in Nardò, il punto vendita “Mondo Casa” sito in Leverano, il supermercato “Pam” ubicato in Leverano.

“Questa confisca si inserisce in un’attività molto più ampia che mira all’aggressione dei patrimoni mafiosi con quello che si ritiene ora il metodo più incisivo di contrasto nella lotta alla criminalità organizzata, facendo venir meno le disponibilità patrimoniali e, di conseguenza, depotenziando i grossi gruppi mafiosi”, afferma decisa e soddisfatta per il risultato ottenuto la Dott.ssa Carla Durante, Comandante  della Direzione Investigativa Antimafia di Lecce.

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