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vincenzoni-paolodi Antonio Nicola Pezzuto - 18 luglio 2014
La Sacra Corona Unita continua la sua ascesa cercando di infiltrarsi nell’economia salentina. Questo è quanto emerge dall’operazione “Baia Verde” condotta dai Carabinieri del R.O.S., guidati dal Colonnello Paolo Vincenzoni (nella foto, ndr). I tentacoli della mafia salentina si allungano su Gallipoli, la Città Bella, e sul settore del turismo e del divertimento notturno.
Quindici le ordinanze di custodia cautelare in carcere emesse dal Gip, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Lecce ed eseguite dai Carabinieri del Raggruppamento Operativo Speciale e del Comando Provinciale di Lecce. Nel mirino degli investigatori il clan Padovano ed altri gruppi della Scu. A sottolineare l’importanza del blitz, la presenza nel Salento del generale del R.O.S., Mario Parente. Gli arrestati sono accusati, a vario titolo, di associazione mafiosa, spaccio di sostanze stupefacenti ed estorsione con l’aggravante delle modalità e finalità mafiose.
Tra gli indagati spicca il nome di Angelo Padovano, figlio di Salvatore detto Nino Bomba, storico capo dell’omonimo clan ucciso il 6 settembre 2008 su ordine del fratello Rosario Pompeo.

“Siamo ormai alla seconda generazione e in alcuni casi anche alla terza”, ha commentato durante la conferenza stampa il Procuratore Capo Cataldo Motta, evidenziando come all’interno dell’organizzazione mafiosa il potere si stia tramandando da padre in figlio. Una Scu che, come emerso dall’inchiesta, evita di ricorrere alle affiliazioni perché, “dietro ad ogni affiliazione c’è un mandato di cattura”, come dice un boss ad un imprenditore che offre la sua disponibilità ad affiliarsi. “Per le affiliazioni abbiamo notato una modifica doppia, nel senso che sono state abbandonate completamente da parte dei gruppi che hanno una dimensione storica – afferma il Procuratore Motta – e che quindi non hanno esigenza di un aspetto formale, di un aspetto rituale per documentare la propria forza intimidatoria perché, essere inseriti in un clan storico come il clan Padovano, è già decisivo di per sé. Ci sono invece i nuovi, gli ultimi adepti, i quali mancando di una tradizione, tra virgolette, alle spalle, continuano a ricorrere sempre più frequentemente ai riti di affiliazione per il conferimento delle doti”.
Una Sacra Corona Unita così concentrata sugli affari che preferisce sotterrare l’ascia di guerra che spesso ha caratterizzato il rapporto tra i vari clan, stringere alleanze e indossare l’abito buono. Così, a Gallipoli, dopo l’uccisione di Salvatore Padovano e la condanna all’ergastolo del fratello Rosario Pompeo come mandante dell’omicidio, il clan si è riorganizzato attorno alle figure di Angelo Padovano, come già detto figlio di Salvatore, di Roberto Parlangeli e del suo gruppo attivo su Lecce ed organicamente inserito nel clan Tornese di Monteroni, alleato storico dei Padovano. Una federazione mafiosa di un certo spessore.
L’obiettivo ambizioso delle nuove leve della Scu è quello di infiltrarsi nell’economia sana, oltre che praticare la sempre fiorente attività di spaccio delle sostanze stupefacenti. Quindi, in una città come Gallipoli che fa del turismo un punto di forza della sua economia, le attenzioni dei nuovi boss sono cadute sul fiorente settore del turismo e della movida notturna. Il sodalizio mafioso ha cercato di accaparrarsi il controllo e la gestione diretta dell’attività di security nei locali pubblici e nei lidi balneari oltre che nelle discoteche e la gestione dei parcheggi.
A tal fine è stata fatta oggetto di attentati un’agenzia investigativa che si occupava della sicurezza dei locali del territorio gallipolino. Anche il sindaco aveva subito “pressioni” da esponenti del clan, soprattutto da Parlangeli,  in quanto non aveva garantito la gestione dei parcheggi alla società “Lu rusciu te lu mare” gestita da quest’ultimo anche tramite il prestanome Amerigo Liaci.  
“I clan vogliono imporre le loro agenzie di security e iniziano una serie di episodi intimidatori, prima alla discoteca Praja, poi nei confronti di De Giorgi (il titolare dell’agenzia che si occupava della sicurezza della generalità dei locali n.d.a.) – afferma il Procuratore Aggiunto Antonio De Donno – fra cui l’esplosione di alcuni colpi di arma da fuoco verso l’abitazione  dei genitori. A quel punto si capisce chiaramente che vi è un’escalation che ha un preciso scopo. L’indagine ha consentito di individuare le agenzie di security gradite al clan”.
I messaggi intimidatori sono stati recepiti dagli operatori economici della zona che, in modo generalizzato, non hanno più rinnovato l’incarico di provvedere alla sicurezza dei locali al precedente referente per paura di subire ritorsioni da parte del clan egemone sul territorio.
Il sodalizio mafioso ha scelto inizialmente come agenzia di security, da imporre per controllare direttamente le attività economiche, quella di Fabio Pellegrino e, successivamente, per sopravvenute complicazioni burocratiche legate alla mancanza di regolarità di licenza, quella gestita da Luca Tomasi, legato al clan Tornese di Monteroni.
“Abbiamo ritenuto queste persone organiche al clan – continua il Procuratore Aggiunto Antonio De Donno - . Abbiamo ritenuto che quel comportamento, cioè mettere a disposizione la propria agenzia per il controllo delle attività economiche della zona, fosse sintomatico dell’adesione al clan dal momento che il controllo della security è avvenuto con metodo intimidatorio. Gli imprenditori sono stati costretti, attraverso una serie di atti intimidatori chiari ed evidenti che miravano principalmente a colpire De Giorgi e a mandare il segnale che De Giorgi doveva farsi da parte, a rivolgersi ad altre agenzie. Sono segnali mafiosi veri e propri e quindi abbiamo contestato il reato di associazione mafiosa sia a Fabio Pellegrino che a Luca Tomasi”.
Dalle indagini è emerso anche il tentativo, da parte del clan, di mettere le mani su altri settori economici come quello del movimento terra.
“Un’operazione difficile in un ambiente non sempre favorevole caratterizzato da quelle condizioni tipicamente mafiose-ambientali - ha affermato il Generale Mario Parente - e questo qualifica ulteriormente le attività svolte. Le indagini hanno fotografato un quadro molto attuale della situazione. Si è riscontrato una sorta di adattamento progressivo da parte degli stessi imprenditori ad una situazione di fatto basata sul cogliere dei segnali inequivocabili per un territorio come quello in cui si ha la perfetta sensazione della caratura criminale degli interlocutori. C’era un adeguamento autonomo da parte degli imprenditori e degli operatori commerciali. Ci troviamo davanti ad un oggettivo salto di qualità perché si è verificata un' estromissione delle imprese sane a beneficio di quelle controllate dal sodalizio mafioso che aveva messo le mani su un mercato molto remunerativo e lucroso come quello del turismo estivo nel Salento. L’auspicio è che l’operazione possa restituire una certa fiducia agli imprenditori”.
La Sacra Corona Unita sta dimostrando tutte le sue ambizioni non limitandosi a taglieggiare ma a gestire direttamente le attività economiche, estromettendo dapprima gli imprenditori onesti dal mercato e poi imponendo i propri affiliati e le proprie attività nei vari settori del turismo estivo.
Per raggiungere i suoi obiettivi spesso non ha dovuto fare ricorso neanche ad atti intimidatori in quanto gli imprenditori e anche la popolazione, consapevoli delle minacce e violenze subite in passato vivono in uno stato di assoggettamento. Questo è uno dei dati più preoccupanti emerso dalla brillante operazione dei R.O.S.

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