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martello-giudice-web1L’uomo di Aradeo è accusato di aver accumulato i suoi beni attraverso l’usura
di Antonio Nicola Pezzuto - 23 agosto 2012
La Corte d’ Appello di Lecce (Presidente Giacomo Conte, a latere i Giudici Antonio Del Coco e Cinzia Vergine) ha confermato in secondo grado la confisca dei beni intestati a Santo Paglialunga e ai suoi famigliari, i figli e la moglie, e quindi a lui riconducibili. Un tesoro dal valore di oltre otto milioni di euro comprendente 19 immobili, 37 terreni, 3 aziende immobiliari un kartodromo e diversi conti correnti bancari. Ma il fiore all’ occhiello di questo ingente patrimonio è rappresentato dal castello situato alle porte di Aradeo e ricadente nel territorio di Cutrofiano.

Confiscato anche l’ Istituto Finanziario Aradeo s.p.a., con sede in Aradeo, tramite il quale il Paglialunga svolgeva attività usuraia.
Nell’ ottobre del 2010 la Direzione Investigativa Antimafia di Lecce aveva sequestrato i beni in questione. Misura di prevenzione emessa dalla Prima Sezione Penale del Tribunale di Lecce che, nel gennaio del 2011, ha decretato la confisca del patrimonio dell’ uomo di Aradeo. Adesso, la sentenza della Corte d’ Appello rafforza le dicisioni prese dalla magistratura in primo grado.
Gli accertamenti di natura economico patrimoniale hanno evidenziato una notevole sproporzione tra il reddito da lui dichiarato ed il valore economico dei suoi beni. Negli ultimi undici anni, infatti, il totale dei redditi dichiarati dalla famiglia Paglialunga sfiora appena quota 69.000 euro, corrispondente ad un reddito annuo di 6.290 euro. Inoltre, ha destato l’ attenzione degli investigatori il fatto che molti beni fossero intestati ai figli che, all’ epoca dei fatti, erano dei ragazzi in cerca di prima occupazione e quindi protagonisti di operazioni immobiliari assai rilevanti per individui della loro età e condizione.
Le indagini hanno appurato che il Paglialunga, tramite l’ Istituto Finanziario Aradeo s.p.a., concedeva prestiti usurari ad un tasso d’ interesse pari al 60% annuo circa, scontando assegni bancari postdatati. Numerosi piccoli imprenditori in difficoltà economiche sottoscrivevano contratti di mutui fiduciari in bianco che, solo in un secondo momento, venivano compilati con l’ indicazione dell’ avvenuto versamento di una somma di denaro in contanti, in realtà ben superiore a quella effettivamente prestata al fine di giustificare l’ entità del tasso d’ interesse preteso. E’ ovvio che le somme effettivamente prestate erano notevolmente inferiori per occultare i tassi di interesse usurari.
In seguito alla perquisizione del 5/5/2005 furono trovati 570 contratti di mutui fiduciari in bianco, sottoscritti dai clienti dell’ istituto finanziario e ad esso intestati, oltre a 226 assegni bancari originali, 13 dei quali situati presso l’ abitazione privata dei Paglialunga e 213 presso la Finanziaria, tutti ancora da negoziare per un importo complessivo di euro 787.486,83. Più precisamente, 20 di essi risultavano essere postdatati rispetto alla data della perquisizione e contestuale sequestro, 30 mancavano della data di emissione o essa era solo parzialmente riportata, 129 erano invece compilati con la data o l’ importo a matita.  Nell’ abitazione del Paglialunga furono anche sequestrati 88 effetti cambiari, per un importo complessivo di euro 28.859,61, privi però della data di emissione e scadenza. A questi fatti si sommano le dichiarazioni rese da diversi soggetti usurati dalla citata Finanziaria tra il 1994 e il 2008.
Adesso, con il provvedimento della Corte d’ Appello, si compie un ulteriore passo in avanti verso la confisca definitiva.

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