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di Aaron Pettinari*
Trentanove arresti, centinaia di chili di sostanze stupefacenti sequestrate. E' la mafia del clan di Pagliarelli ad essere colpita che per evitare fatti di sangue si era organizzata affidandosi ad un “Triumvirato” composto da Alessandro Alessi, Giuseppe Perrone e Vincenzo Giudice. Quest'ultimo, è incensurato ma con una parentela eccellente. E' genero di un cugino di Giovanni Motisi, il padrino di cui non c'è traccia da anni. E intanto nuovi boss eccellenti tornano in libertà.

“Non è forse casuale dunque che si registri in tutto il distretto una prorompente crescita dei reati di spaccio, tanto più grave in una fase storica come l’attuale nella quale i vertici di Cosa Nostra, come risulta da vari procedimenti penali condotti dalla Procura di Palermo, sono tornati a dirigere e gestire il traffico di stupefacenti stabilendo collegamenti internazionali ed un ferreo controllo del territorio per compensare in tal modo la decurtazione, conseguente alla crisi economica, degli introiti dell’organizzazione derivanti dalle estorsioni e da altre pratiche di intermediazione parassitaria nel settore degli appalti”. Così il Procuratore generale Roberto Scarpinato, all'apertura dell'anno giudiziario lo scorso gennaio, lanciava l'allarme sul rinnovato interesse della mafia siciliana per le droghe ed il traffico di stupefacente. Anche da questi affari passa il rinnovamento della criminalità organizzata che, nonostante le centinaia di arresti condanne, frutto dello straordinario impegno profuso dalla magistratura e dalla forze di polizia, è più che mai florida. Di fatto l’incessante turn over tra i mafiosi arrestati che entrano in carcere e quelli che ne escono per espiazione pena, continua a garantire la tenuta dell’organizzazione sul territorio ed i capi arrestati vengono sostituiti da reggenti in attesa di riprendere il loro posto. Agli estorsori condannati ne subentrano di nuovi, che talora richiedono le rate arretrate non riscosse a causa degli arresti eseguiti, per un “ciclo della vita” che appare ancora lontano dall'essere spezzato. Sei mesi dopo l'operazione Verbero, che ha portato all'arresto di 39 persone nei confronti di esponenti del clan mafioso di Pagliarelli, accusati di associazione mafiosa, traffico di droga, estorsione e corruzione, rappresenta la fotografia perfetta del rinnovamento che Cosa nostra porta con sé.



Il triumvirato di Pagliarelli: Alessi, Perrone e Giudice
C'è un nuovo che avanza fatto di boss giovani, dal “pedegree” mafioso importante, pronti a mettere da parte incomprensioni e contrasti, per il bene della famiglia. E' così che nasce il “nuovo asse” del mandamento di Pagliarelli dopo che l'operazione “Hybris” (luglio 2011) ne aveva azzerato i vertici. La triade, pronta a prende le decisioni importanti, si reggeva sulle famiglie mafiose di Pagliarelli, Villaggio Santa Rosalia e corso Calatafimi nelle persone di Giuseppe Perrone, Vincenzo Giudice ed Alessandro Alessi.
A loro era stato assegnato il compito di prendere in mano uno dei mandamenti più vasti della città, regno incontrastato di Giovanni Motisi, ad oggi considerato latitante ma di cui non si hanno notizie da anni, e di Antonino Rotolo. Dopo l'arresto del figlioccio di quest'ultimo, Gianni Nicchi, fermato nel 2009 mentre si nascondeva in una casa a poche centinaia di metri dal Palazzo di Giustizia, il comando era passato nelle mani dell'anziano boss di Corso Calatafimi, Michele Armanno, più volte condannato e scarcerato per fine pena, e oggi di nuovo in cella.
Ed è proprio da Hybris, grazie ad alcune intercettazioni, è partita la nuova indagine sulle indicazioni dei boss che ipotizzavano già chi avesse dovuto prendere il loro posto nel caso in cui fossero stati arrestati. E' così che gli inquirenti hanno potuto stringere il cerchio attorno ai “triumviri”, capaci di mettere in piedi un giro di affari solido, facendo leva proprio sui loro trascorsi criminali e su parentele di peso, pian piano hanno conquistato il controllo di un determinato e rilevante settore della vita economica della zona. 

(segue)

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