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rostagno-mauro-web11Video all'interno!
di Miriam Cuccu
- 26 settembre 2014
In ricordo del giornalista Mauro Rostagno pubblichiamo un estratto dell’intervista a Gianni Di Malta, cameraman del cronista di Rtc ucciso da un commando mafioso il 26 settembre 1988.

Dal movimento studentesco nel Sessantotto a Trento alla militanza in Lotta Continua, da lui abbandonata prima che sfociasse nella lotta armata. Per poi approdare in India, dove Rostagno, insieme alla compagna Chicca Roveri ed alla figlia Maddalena entrerà a fare parte di una comunità sotto la guida spirituale di Osho. Nuovamente in Italia a Lenzi, vicino Trapani, fonderà una comunità di arancioni che ben presto si convertirà in centro terapeutico per il recupero di tossicodipendenti: nasce Saman. Dal 1986 Rostagno diventa giornalista televisivo a Rtc, e indaga con occhio critico e consapevole nella Trapani degli anni Ottanta, fatta di connessioni occulte tra Cosa nostra, politica e massoneria.

La sera del 26 settembre 1988 Mauro sta tornando alla comunità Saman sulla sua Duna bianca, dopo essere uscito dalla sede di Radio Tele Cine. Giunto in prossimità del centro esplodono dei colpi di fucile da una Fiat Uno, che tallona l'autovettura si Mauro. Una pausa, poi altri colpi, questa volta più vicini, di una pistola calibro 38. Mauro, ancora sul sedile del conducente, è morto. I tre killer a bordo della Uno fanno dietrofront mentre Monica Serra, che da una settimana assisteva Mauro a Rtc, miracolosamente illesa esce dalla macchina e corre verso la comunità per dare l'allarme.
Dopo 26 anni il processo ha accertato che dietro la sua morte ci fu, senza ombra di dubbio, l'ordine e il braccio armato della mafia trapanese. Ma ci sono altri ambienti contigui a Cosa nostra, toccati nei loro equilibri da un giornalista senza peli sulla lingua, che certamente vollero e appoggiarono la morte di Mauro.
Di questo ne è convinto anche Gianni Di Malta, cameraman di Rtc e attualmente tra i responsabili di Saman, che accompagnò Rostagno durante la sua attività di giornalista. Attraverso i suoi ricordi, ci racconta il legame profondo vissuto con Mauro Rostagno…

In che modo si sono incrociate le strade di Gianni Di Malta e Mauro Rostagno?
In realtà più che incrociate direi che è stato lui a 'tamponarmi'! Mi è venuto addosso con tutta la sua irruenza, la sua allegria, la sua capacità di far sentire bene le persone. Io ero fermo immobile, in quel di Rtc, a fare il mio solito lavoro stressante di cameraman... Da lì questa persona simpatica, allegra e gioiosa mi ha subito appassionato...

Parallelamente alla vita in comunità Rostagno inizia a lavorare come giornalista a Rtc: nel momento in cui andavano in onda i suoi servizi (che finora nessuno si era mai sognato di fare) Trapani si svuotava e si trasferiva in blocco davanti al televisore. Cosa stava accadendo in città?
I cittadini avevano voglia di essere informati su come andavano le cose nella propria città e l'unico che parlava senza peli sulla lingua era Mauro Rostagno. La sua attività giornalistica a Trapani è durata un anno e mezzo, eppure nel giro di due o tre mesi già aveva iniziato a catturare l'attenzione di tutti i trapanesi, che ora iniziavano a conoscere ciò che accadeva.

Qual era il giornalismo di Mauro Rostagno, che desiderava andare “alla ricerca dello straordinario frugando nell'ordinarietà, nel mondo comune, vicino, quotidiano”? Cosa intendeva secondo te per 'straordinario'?
Lo 'straordinario' era per lui raccontare i fatti. Una novità assoluta, allora, sapere che tale consigliere comunale rubava o tal'altro politico era colluso con il potere mafioso, o ancora che l'amministratore di turno faceva parte di una loggia massonica. Tutti sapevano, si facevano i discorsi al bar o dal barbiere, però guai a dirlo attraverso gli organi di stampa. Mauro invece lo diceva: nell'ordinarietà, ovvero nelle cose che tutti sapevano, la straordinarietà era questa. Che poi, per un giornalista, dovrebbe essere invece la normalità. Quando Mauro entrava in possesso di un'informazione riusciva ad approfondirla e a soddisfare la curiosità delle persone, per come è giusto che sia e, ritengo, un giornalista professionista sia tenuto a fare se vuole fare questo mestiere. Oggi ci sono diversi giornalisti coraggiosi e in gamba che, guarda caso, sono liberi professionisti o bloggisti, gente che non lavora per il potere. Ma chi lavora all'interno delle testate classiche... francamente mi viene difficile pensare a qualcuno che possa avere la stessa verve di Rostagno.

Il 26 settembre '88 Mauro Rostagno viene ucciso. La sentenza che attesta le responsabilità del boss Vincenzo Virga e del sicario Vito Mazzara è infine stata scritta nero su bianco dopo 26 anni e una serie di pregiudizi, omissioni e atti mancati volti a sviare le indagini per escludere a priori la pista mafiosa. Che sensazione dà avere finalmente ottenuto la verità sull'uccisione di Mauro e per quale motivo, a tuo parere, le primissime indagini sono state volutamente depistate?
Stiamo parlando degli anni '80, periodo in cui la mafia è padrona assoluta dei territori e allunga i suoi tentacoli ovunque, nella politica, nei tribunali, nelle forze dell'ordine. All'interno di alcuni centri di potere avevano già iniziato a dettare la linea da seguire per portare avanti un'indagine che, si sapeva, avrebbe portato al nulla. Del depistaggio lo sapevamo tutti, ce lo dicevamo da anni, non serviva il processo per attestarlo così come non serviva per sapere che Mauro è stato ucciso dalla mafia, l'ha detto il parroco nell'omelia al funerale. Però adesso nessuno può più affermare il contrario. Mentre il giudice in aula leggeva la sentenza ho detto a caldo all'avvocato Esposito, che ci ha seguito come parte civile: “Bene, adesso si può partire”. È un buon punto di partenza sapere che due delle persone responsabili dell'omicidio Rostagno sono state assicurate alla giustizia, ma adesso bisogna continuare.

Cos'è che più di tutto ricordi di lui?
Io ho 51 anni e ho perso mio padre quando ne avevo 12. In Mauro ho rivisto la sua figura, il suo essere così scanzonato, allegro, sorridente, sempre pronto a parlare o a darti una pacca sulla spalla, per questo mi sono molto legato a lui. Quando andavo in bicicletta con mio padre lui cantava a squarciagola “Mi dispiace di morire ma son contento...” io seduto dietro e lui davanti... Facevo sempre la stessa cosa anche con Mauro, l'ultima fu proprio due giorni prima che venisse ammazzato: eravamo in macchina e lui cantava a squarciagola “Je so' pazz'” di Pino Daniele... Questo è il più bel ricordo che ho di Mauro, perchè anche se per poco mi ha fatto rivivere ciò che facevo con mio padre, ma ci sono tantissimi episodi che potrei raccontare… (segue)

L’intervista completa nell’ultimo numero di Antimafia Duemila (CARTACEO - PDF)

VIDEO
Il servizio televisivo sull’omicidio del giudice Antonino Saetta, ucciso da Cosa nostra il 25 settembre 1988, e l’intervista di Mauro Rostagno al Presidente della Provincia di Trapani Mario Barbara



Intervista di Mauro Rostagno a Claudio Fava, a seguito della chiusura de I Siciliani, testata giornalistica fondata dal padre Giuseppe Fava, ucciso dalla mafia il 5 gennaio 1984.




Il ricordo di Mauro Rostagno da parte dei colleghi di Radio Tele Cine

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