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di Aaron Pettinari - 16 giugno 2014

Il procuratore aggiunto commenta l'operazione Reset e chiede un rafforzamento del 416 bis
L'operazione “Reset” ha disarticolato il mandamento di Bagheria ma Cosa nostra in questi anni ha sempre trovato il modo di riorganizzarsi e ripartire con nuovi riferimenti. Ne abbiamo discusso con il procuratore aggiunto Leonardo Agueci, magistrato di lungo corso che ha condotto proprio queste indagini.
Un'intervista che potrete leggere integralmente nel prossimo numero cartaceo di ANTIMAFIADuemila in uscita nel mese di luglio.


Dottor Agueci, l'operazione condotta nelle scorse settimane ha messo in evidenza come Cosa nostra si stesse prodigando in una nuova riorganizzazione. Una nuova formula, diversa da quella della Commissione provinciale che più volte in passato hanno riprovato ad istituire, chiamata direttorio. E' forse questa la prima novità che si evince da questa operazione?

Per prima cosa dobbiamo chiarire che la parola “direttorio” è una dizione giornalistica e non una struttura codificata, come avveniva nei tempi storici, quando i collaboratori parlavano dell'esistenza costituita ed istituzionalizzata di una struttura divisa nel modo che sappiamo, con la Commissione provinciale, i mandamenti, le famiglie e così via. Da questa operazione quello che emerge è un quadro organizzativo di fatto, basato sulla realtà concreta. Per cui, in assenza di una formale presenza di un organo direttivo, codificato secondo il codice di Cosa Nostra, nel corso del tempo si sono poi consolidate delle figure di maggior prestigio, che per un certo carisma personale hanno acquisito un controllo delle vicende di Cosa Nostra e sono diventate un punto di riferimento su fatti che andavano molto più al di là del loro territorio. Di fatto hanno acquisito una sorta di controllo sull’intera compagine mafiosa, quanto meno del territorio palermitano. Questo è avvenuto prima con Giulio Caporrimo e poi con Alessandro D’Ambrogio. Il carisma di quest'ultimo era emerso in particolare con l’indagine Alexander dell’anno scorso. Un aspetto che si era manifestato anche per l'investitura che aveva avuto dai boss detenuti, e che lo portava certamente ad avere una capacità di influenza molto più ampia del territorio di Porta Nuova, del quale risultava essere in quel momento il rappresentante più autorevole.

Dopo D'Ambrogio, l'operazione Reset evidenzia come a Palermo la figura di riferimento riconosciuta fosse quella di Nicolò Greco, fratello di Leonardo Greco, fino a questo momento sempre riuscito a rimanere lontano dalle luci della ribalta.
Proprio per questo aspetto il Greco è stato sicuramente un soggetto  molto abile che ha saputo mantenere, almeno così ci viene descritto,  un controllo effettivo sul suo territorio di influenza, non sporcandosi mai le mani. Ma delle indicazioni sull’importanza del suo ruolo già c’erano, solo adesso hanno aggiunto il livello di prova che ci ha consentito di intervenire. Bagheria è un territorio che ha avuto, da Perseo in poi, una serie di scombussolamenti e  anche di contrasti tra i vari gruppi. Greco faceva sì che gli altri si scannassero tra loro ma per lui può valere il detto "divide et impera".

Un altro tema che emerge sempre più nel corso degli anni è il ritorno dei vecchi boss che, una volta usciti dal carcere, tornano esattamente a delinquere come e più di prima.
Il problema delle persone che rientrano, che escono dal carcere, rappresenta un dato di fatto. Una questione che dovrebbe portare ad un'attenta riflessione anche sulla normativa antimafia.

In che senso?
Ormai l’articolo 416 bis, in realtà, come strumento di contrasto  alla mafia, come strumento sanzionatorio, non basta più, è un’arma spuntata.

Può entrare maggiormente nello specifico?

....l'intervista integrale nel prossimo numero di ANTIMAFIADuemila cartaceo.

Foto © ACFB

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