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cop69di Lorenzo Baldo
Un lungo flashback sulla vita e la morte di Paolo Borsellino che inizia con le parole di sua moglie Agnese: “Uno Stato popolato da ricattatori e ricattati non potrà mai avere e dare né pace né libertà ai suoi figli. Non provo meraviglia: mio marito aveva capito tutto”. “Non perdono quei rappresentanti delle istituzioni che non hanno il senso della vergogna, ma sanno solo difendersi professandosi innocenti come normalmente si professa il criminale che si è macchiato di orrendi crimini”.

All’interno la testimonianza di Leonardo Guarnotta su un pezzo di vita vissuto assieme al magistrato palermitano, così come il ricordo del discorso di Borsellino ai suoi colleghi davanti le bare di Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Rocco Dicillo, Vito Schifani e Antonio Montinaro. Quello “Stato-mafia” individuato dal giudice assassinato vent’anni fa capace di stringere patti e alleanze con i capi di Cosa Nostra rivive ancora nelle sue stesse parole. “Ho visto la mafia in diretta, perché mi hanno detto che il generale Subranni era ‘punciutu’”. La ricostruzione della strage di via D’Amelio nel racconto dell’unico sopravvissuto della scorta Antonino Vullo e del pompiere che filma quell’inferno riaccende i riflettori su quell’apocalisse Allo stesso modo riaffiora il mistero della sparizione dell’agenda rossa di Paolo Borsellino: le versioni ambigue e contradditorie dell’ufficiale dei carabinieri Giovanni Arcangioli che recupera la borsa del giudice e dell’ex pm Giuseppe Ayala. E poi ancora l’inchiesta sul depistaggio delle prime indagini sulla strage del 19 luglio 1992: il falso pentito Vincenzo Scarantino, la nuova verità fornita da Gaspare Spatuzza e i recenti arresti legati alle sue dichiarazioni. Nell’ordinanza di custodia cautelare ritroviamo i punti fondamentali che ruotano attorno alla trattativa: Paolo Borsellino sarebbe stato  ucciso perché visto da Riina come un “ostacolo alla trattativa” fra il Ros e Vito Ciancimino. Borsellino avrebbe appreso di questa trattativa da Claudio Martelli e da Liliana Ferraro arrivando a sospettare financo il tradimento del comandante del Ros Antonio Subranni. Lo Stato sapeva delle trattative, che non furono iniziative isolate di un paio di ufficiali del Ros, ma rientravano in una politica fatta di patti e accordi decisa ai massimi livelli istituzionali, probabilmente per salvare la vita ai politici condannati a morte da Cosa Nostra perché visti come “traditori” (da Mannino ad Andreotti, da Martelli a Vizzini). L’intervista dimenticata del Tg1 a Paolo Borsellino del 1 giugno 1992 torna alla ribalta grazie alla ricerca certosina di Maria Grazia Mazzola che ha curato lo speciale sul ventennale Le parole spezzate del giudice pochi giorni dopo la strage di Capaci restituiscono intatto il ricordo dell’amico assassinato sotto il profilo umano e professionale. La testimonianza inedita dell’ex componente del pool antimafia, Gioacchino Natoli, riaccende i riflettori su uno tra gli eventi più inquietanti che ruotano attorno a Paolo Borsellino: l’appuntamento del 1° luglio ’92 al Viminale. Per la prima volta Natoli racconta di aver raccolto la confidenza di Borsellino su quella giornata. Il grido di Salvatore Borsellino rinnova la pretesa di verità che anima la vita del fratello del giudice. Una ricerca spasmodica che muove un pugno di magistrati per fare luce sulla strage di via D’Amelio e su quella ignobile trattativa tra Stato e mafia. A distanza di vent’anni dalla strage il progetto di legge “Paolo Borsellino” finalizzato al potenziamento dell’articolo 416ter in riferimento al reato di voto di scambio trasforma il ricordo in azione concreta. “Io accetto, ho sempre accettato più che il rischio, quali sono le conseguenze del lavoro che faccio, del luogo dove lo faccio e vorrei dire anche di come lo faccio. Lo accetto perché ho scelto a un certo punto della mia vita di farlo e potrei dire che sapevo fin dall'inizio che dovevo correre questi pericoli”. Le parole di Paolo Borsellino portano con sé il peso di una gravosa e straordinaria eredità lasciata a chi ha proseguito la sua strada e per chi verrà dopo. E sono sempre le sue parole a indicare la via da seguire. “Non è amico chi mi consiglia di andare via da Palermo, di mollare tutto. Gli amici sinceri sono quelli che hanno rispetto per quello che io sono e per quello che faccio, che condividono le mie scelte perché hanno i miei stessi ideali. La mafia è sempre lì non è sconfitta, ma come sarebbe senza il mio contributo se ogni volta ad ogni accenno di pericolo fossi fuggito?”.

ANTIMAFIADuemila
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