La corte d’Appello di Bologna che ha condannato l’ex terrorista: “Gelli, tramite i servizi, finanziò e attuò la strage, servendosi della destra eversiva”
"Non vi è dubbio, anche solo per quanto motivato, per le modalità (para)militari con cui agivano e le dotazioni di eguale natura che si erano procurati, che il fine che muoveva i Nar era strettamente politico eversivo ed aveva come mira le strutture dello Stato democratico e la radicale distruzione della società; era quindi una strategia di radicale destabilizzazione del 'sistema'. In altri termini ricorre il dolo specifico richiesto dal reato di cui all'articolo 285 cp.". A scriverlo è la Corte d'assise d'Appello di Bologna nella sentenza di conferma dell'ergastolo per l'ex Nar Gilberto Cavallini per la strage di Bologna, avvenuta il 2 agosto 1980 che provocò la morte di 85 civili e il ferimento di 216. Per i giudici bolognesi non ci sono più dubbi dunque sulla matrice e sui moventi dell’attentato, il più sanguinario del dopo guerra in Italia. Quella della corte d’Assise d’Appello presieduta da Orazio Pescatore (giudice a latere Anna Mori) è l’ennesima sentenza in 45 anni nella quale i magistrati accertano le responsabilità di estremisti di destra nell’attentato (già nel 1988 la Corte d’Assise di Bologna aveva condannato quali autori della strage i vari Giusva Fioravanti e Francesca Mambro). Secondo i giudici della corte d’Appello che hanno emesso sentenza di condanna contro Cavallini lo scorso 27 settembre “deve ritenersi provato che sotto il termine 'spontaneismo' vi era una consapevole strategia politica volta all'annientamento radicale del sistema borghese, portata avanti con una serie di attentati finalizzati a destabilizzare l'ordine democratico". Cavallini, 71 anni, un lungo percorso nella destra eversiva, è stato condannato in passato per diversi omicidi, tra cui quello del giudice Mario Amato, freddato alle spalle il 23 giugno 1980. Ha accumulato otto ergastoli, nove con quello di questa sentenza nella quale il reato contestato a Cavallini era stato riqualificato da strage comune a strage politica, come richiesto della pubblica accusa.
Nelle 389 pagine di motivazioni di sentenza depositate la corte ritiene si possa affermare “con tranquillante sicurezza la presenza di contatti plurimi e continuativi nel tempo tra destra eversiva, Nar, e la stessa persona di Cavallini con i Servizi e la P2". I giudici parlano di "una diretta partecipazione dei Servizi alla vicenda stragista e non solo la sua conoscenza". Un "coinvolgimento diretto - scrivono - nella sua pianificazione". I depistaggi, sostiene poi la Corte, "sono stati posti in essere da appartenenti ai Servizi (sia Sisde, che Sismi) tutti facenti parte della P2 o ad essa comunque collegati (Grassini, Santovito, Umberto D'Amato, Pazienza, Musumeci, Cioppa, Pompò, Belmonte), i quali tutti rispondevano direttamente o indirettamente a Gelli”.
La “longa manus” di Gelli
La strage, ricordano i giudici richiamando la sentenza di primo grado che ha portato alla condanna all'ergastolo dell'ex di Avanguardia Nazionale, Paolo Bellini, "sarebbe stata finanziata dallo stesso Gelli".
Quindi la corte si sofferma sulla figura e il ruolo del Gran Maestro Venerabile della P2. "Ancorché - si legge - manchino prove di passaggi diretti relativi alla datazione di somme di denaro a chi fu esecutore della strage, in base alla documentazione acquisita ed agli accertamenti che è stato possibile fare, può ritenersi che il Gelli, tramite i Servizi da lui dipendenti e che a lui rispondevano, finanziò e attuò la strage, servendosi come esecutori di esponenti della destra eversiva (Nar, esponenti di Tp e per quanto da ultimo accertato dalla Corte d'Assise di Bologna, anche Avanguardia Nazionale)".
Tutto questo, sottolineano i giudici, "trovando terreno fertile in quei 'ragazzini' che in quella fase avevano il convergente interesse, nella loro prospettiva ideologizzata, a 'disintegrare' in radice le basi dello Stato democratico, innestandosi in tale intento anche rapporti di tipo economico". A maggior ragione, quindi, "va riconosciuta la ricorrenza della matrice politica della strage e quindi conseguentemente la ricorrenza del reato, così come contestato". La corte osserva inoltre che “nell'ambito di questa vicenda si sono mossi in modo deviato, calunnioso, in spregio ai valori e alle Istituzioni democratiche, quali delineate nella Carta Costituzionale, anche pubblici ufficiali, che perseguivano proprie autonome strategie politiche, all'infuori di qualsiasi lecita investitura politico istituzionale".
Gli alibi falsi di Cavallini
Tornando invece su Cavallini, l’imputato avrebbe fornito alla corte un alibi radicalmente falso sulla vicenda del 2 agosto. “A fronte di un'accusa di ergastolo", da un lato "continuava a preoccuparsi di non smentire Ciavardini, Mambro e Fioravanti sulla circostanza che quel giorno (il 2 agosto 1980, ndr), fatto salvo il lasso di tempo necessario alla commissione", cioè quando sarebbe andato da Treviso a Padova per la filettatura di un'arma, "i quattro si trovavano insieme". E dall'altro "rifiutava di indicare la sola persona che in quel contesto poteva lanciargli un'ancora di salvezza, riscontrandone la narrazione", cioè la persona da cui sarebbe andato a fare la filettatura. Nelle motivazioni della sentenza di condanna all'ergastolo i giudici parlano dunque di una "radicale falsità dell'alibi" dell'ex Nar, "il che è prova a carico e giustamente è stata valutata come tale nei precedenti giudizi". Per quanto riguarda le responsabilità di Cavallini, i giudici parlano di un "contributo agevolatore" per aver fornito alloggio a Mambro, Fioravanti e Ciavardini nella fase immediatamente precedente la strage, aver falsificato la patente intestata a Flavio Caggiula, consegnata da Ciavardini a Fioravanti, e infine aver messo a disposizione dei tre il veicolo per raggiungere il luogo della strage. La Corte poi sottolinea, anche se "non è stato possibile appurare se anche Cavallini si sia recato a Bologna", quanto accertato "è già pienamente sufficiente, sul piano oggettivo, a configurare un apporto concorsuale, ed è peraltro certo che il 2 agosto egli uscì di casa assieme ai complici e almeno per un certo tratto egli rimase anche assieme a loro". Così come "è provato che Cavallini fosse ben consapevole di ciò che i sodali sarebbero andati a fare una volta lasciato Treviso". Nelle motivazioni si legge poi che "l'incontro dei quattro coimputati la sera del 31 luglio e le successive condotte unitariamente tenute sono riprova di una meticolosa preparazione di un evento che li accomunava", e poiché Cavallini "rivestiva un ruolo apicale" nei Nar, "il gruppo non avrebbe mai aderito (a commettere l'attentato, ndr.) senza il suo pieno consenso e la sua diretta partecipazione". Anche "la condivisione dell'alibi, nella parte in cui li accomuna per quanto rattiene a come essi trascorsero la mattina del 2 agosto, rende palese l'unitarietà della condotta tenuta quel mattino". Tutto questo per rimarcare che "l'apporto concorsuale di Cavallini è dunque pienamente provato".
Il commento delle parti civili: i Nar non erano spontaneisti
La sentenza della Corte d'assise d'appello di Bologna nei confronti di Gilberto Cavallini, che conferma l'ergastolo per l'imputato, "ha chiarito che i Nar non erano un gruppo spontaneista, ma anzi erano certamente intranei alla strategia stragista, unitamente ad altre compagini della destra eversiva, alla loggia massonica P2 e ai vertici dei servizi segreti ad essa collegati, strategia che ha visto nel massacro del 2 agosto 1980 il suo momento più drammatico". È quanto affermano i legali del collegio di parte civile (avvocati Andrea Speranzoni, Alessandro Forti, Lisa Baravelli, Alessia Merluzzi) che assistono i familiari delle vittime della strage alla stazione di Bologna. Per gli avvocati di parte civile, inoltre, la sentenza "aggiunge un'ulteriore tassello all'individuazione dei responsabili, delineando con precisione il ruolo del Cavallini, il suo contributo alla realizzazione della strage ed i contatti del medesimo con gli ambienti dello stragismo ed i loro protettori. Il provvedimento rafforza ulteriormente la responsabilità dei soggetti già condannati in via definitiva introducendo nuovi elementi di prova". Infine, viene "demolita ogni ipotesi di pista alternativa in ordine ai moventi ed agli esecutori della strage, in particolare la pista palestinese e la tesi dell'esplosione accidentale". Il collegio di parte civile ritiene pertanto che con questa sentenza "sia stato fatto un ulteriore passo verso la completa verità e il raggiungimento della giustizia, a dispetto degli ostacoli e dei depistaggi che in tempi anche recenti si sono verificati".
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