L’analisi approfondita dell'ex Presidente della Corte costituzionale sui tentativi di sabotare la Costituzione
Democrazia, istruzione e identità italiana sono solo alcuni degli aspetti che Gustavo Zagrebelsky, ex Presidente della Corte costituzionale italiana, ha esaminato con chiarezza ed efficace semplicità nel suo articolo pubblicato su MicroMega. “La domanda che dovrebbe dare principio a ogni considerazione politica è: che cosa è l’Italia? Che cosa intendiamo per ‘Italia’ e, conseguentemente, che cosa intendiamo per essere ‘italiani’? Nell’articolo 1 della Costituzione - ha sottolineato Zagrebelsky - c’è una pregnante e chiara definizione: repubblica, democrazia, lavoro. Al di fuori di questa triade non c’è italianità in senso costituzionale. Discutiamo spesso di democrazia, dei suoi mille significati, e meno del significato di repubblica, res publica. Spesso ci si limita a dire che siamo una repubblica perché abbiamo un presidente della Repubblica, non viviamo in una monarchia e per nostra fortuna il problema di una restaurazione monarchica non è al momento all’ordine del giorno; anche se non si sa mai. Per quel che riguarda il lavoro, poi, figuriamoci, se ne discute tanto più in quanto manca, è precario, è sfruttato”. Ciò che, invece, non sembra mancare in Italia, sono gli stereotipi che - come ha ribadito l’ex Presidente della Corte costituzionale - “non sono più buoni neanche per il marketing”. In ogni caso, secondo Zagrebelsky, persiste l'idea che “l’italianità viene identificata con l’enogastronomia, cosa buona peraltro; oppure con la Venere di Botticelli che offre a chi la guarda una pizza, cosa disgustosa. L'essere italiani è diventata cosa pubblicitaria, commerciale e, come tutto ciò che appartiene a quel mondo, diventa una fastidiosa, acritica, stupida autocelebrazione del sé. Un nazionalismo da quattro soldi”.
Democrazia e istruzione: un binomio imprescindibile
“La democrazia, che non può essere unanimità, si basa sulla decisione della maggioranza. A seconda dell’importanza delle scelte, deve essere una maggioranza qualificata. Ciò comporta una quantità di premesse senza le quali il voto stesso viene distorto. Come minimo - ha spiegato Zagrebelsky - i cittadini devono avere accesso a una cultura che li renda in grado di capire di che cosa si discute e siano in grado di discernere, tra le tante voci che ascoltano, quelle più attendibili. Occorre che l’informazione sia innanzitutto rispettosa dei fatti e non si degradi a imbonimento al servizio di interessi impropri. Se si dimentica questa sua essenziale funzione, si formeranno, sì, maggioranze, ma saranno maggioranze manipolate e la democrazia si trasformerà in una forma dell’inganno. C’è poi un altro elemento: l’analfabetismo in generale, e quello politico in particolare, che costituisce un grave problema della democrazia, insieme a quello dell’onestà dell’informazione”. Viene da sé che l'istruzione gioca un ruolo fondamentale all'interno di una democrazia che intende definirsi tale. “La scuola è chiamata a svolgere questa fondamentale funzione: la formazione di cittadini consapevoli. Come il diritto di voto, così il diritto alla scolarizzazione deve essere libero e uguale. Ora, sulla scuola si stagliano tre grandi ombre, la funzionalizzazione, la disuguaglianza e la settorializzazione. Funzionalizzazione significa destinazione degli studenti alla produttività, e non alla libertà. Sembra che lo scopo dominante della scuola sia l’inserimento nel “mercato del lavoro”. Ciò comporta inclinazione al conformismo e alla rassegnazione. La creatività si spegne, il giudizio critico anche, l’originalità, invece di essere favorita in ogni società che vuol essere libera, viene mortificata. Il rischio paradossale che corriamo in questi tempi è che la libertà si trovi più nella scuola privata che in quella pubblica, se questa procede sulla strada della funzionalizzazione. Una volta la scuola privata era vista con sospetto di indottrinamento; oggi il rischio si rovescia su quella pubblica. Qui si innesta la disuguaglianza. Sempre più vediamo scuole per ricchi integrati e per poveri disintegrati. Chi può, già vive in quartieri privilegiati anche dal punto di vista scolastico, incomparabili rispetto alle periferie degradate. E, se non basta, sceglie per i figli scuole di élite, in Italia e all’estero. Così la scuola, nel suo insieme, invece d’essere un grande e indispensabile strumento d’integrazione sociale, diventa l’opposto, la perpetuazione della divisione in classi.” - prosegue - “La terza ombra che incombe sulla scuola, favorita da ciò che si è detto a proposito delle altre due, è la specializzazione eccessiva. La scuola - ha proseguito Zagrebelsky - dovrebbe fornire gli strumenti per uno sguardo d’insieme, uno sguardo “politico”, nel senso etimologico della parola. Ora la specializzazione, pur necessaria, anzi sempre più necessaria nelle società attuali in cui la tecnologia ha invaso ogni aspetto della vita degli individui, è quanto di più “impolitico” vi sia e favorisce l'inserimento passivo in ruoli predeterminati, da quelli puramente esecutivi a quelli altamente innovativi. In ogni caso, la specializzazione, se non contrastata da visioni d’insieme del vivere sociale, porta a considerare il proprio piccolo o piccolissimo mondo, ancorché supersofisticato, come “l’unico mondo”.
Italiani “brava gente”
L'Italia, con le sue mille sfaccettature e un popolo fatto di “brava gente”, ha sempre affascinato l’immaginario collettivo europeo. Tanto che un “viaggio in Italia” rappresentava un rito di formazione obbligatorio per i rampolli europei, nonostante l'assenza di un'unità politica consolidata nella penisola. Ma il concetto di “Italiani brava gente”, nel tempo, ha rivelato anche la complessità della sua natura, in cui la rigidità di determinati principi sociali, non di rado cede il passo a una certa flessibilità sociale, che presto si trasforma in corruzione. “Quanto male ha fatto la corruzione al nostro Paese! È rimasta e ha cambiato natura. La “brava gente” criminale del passato - ha osservato l’ex Presidente della Corte costituzionale italiana - è diventata semplicemente criminalità organizzata; l’alone romantico d’un tempo ha lasciato il posto semplicemente alla logica cruda degli affari, del danaro che si accumula con la violenza, il ricatto, la corruzione, la commistione con gli apparati dello Stato. Quest’ultimo, che un tempo era il nemico, è diventato un potenziale alleato da ‘scalare’ dall’interno. I codici d’onore sono spariti. I nemici si murano nel cemento armato dei piloni delle autostrade, i loro figli si sciolgono nell’acido. Non c’è limite alla violenza. Altro che ‘brava gente’: il tutto in un clima generalizzato di assuefazione, se non di connivenza, mentre coloro che combattono la criminalità organizzata, in primis i magistrati che spesso ci lasciano la vita e comunque la serenità, passano per ‘eroi’”.
Costituzione e governabilità
“L’attuale governo - ha ribadito Zagrebelsky - sta tentando un cambiamento radicale della Costituzione e l’aggettivo ‘radicale’ significa che quello che c’era prima non ci sarà più dopo. Questo tentativo si può dedurre da vari elementi della riforma proposta ma, se vogliamo prenderne in esame uno specifico e determinante, questo risiede nella legge elettorale con premio di maggioranza del 55% indipendentemente dalla misura del consenso, anche minimo, ottenuto nel confronto elettorale.” - prosegue - “La democrazia deliberativa alla quale si ispira la nostra Costituzione, col suo impianto proporzionalistico, non vuole “vincitori” in senso bellico. Vuole invece che ciascuna posizione politica ottenga in termini di rappresentanza la forza che ha dimostrato di avere nell’elettorato del Paese”. E ancora: “L’idea di dare una rappresentanza del 55% semplicemente a chi ha preso un voto più degli altri è un'aberrazione poiché può portare a ‘vincere’ le elezioni chi ha ottenuto il 20,1% dei voti qualora tutte le altre forze che hanno ottenuto il 79,99% siano divise tra loro. La Corte costituzionale ha detto che il premio in nome della ‘governabilità’ può esistere, ma a condizione che il partito politico cui va il premio abbia dimostrato di avere un consenso consistente nel corpo elettorale. Altrimenti, siamo alla legge Acerbo che aprì la strada al fascismo. Si potrebbe obiettare: ‘il premio lo dobbiamo dare proprio a chi è debole, perché proprio in quanto debole ne ha più bisogno! Chi è forte ne può fare a meno’. Comprendiamo così quanto i premi di maggioranza siano strumenti problematici e abbiano in sé il germe della contraddittorietà. Più in generale, il cambio concettuale della democrazia si può constatare in questo rovesciamento: non dal basso all’alto, ma dall’alto al basso nella piramide del potere. Dalla democrazia partecipativa alla democrazia autoritativa. Spero sia chiaro il concetto”. Infine, l'ex Presidente della Corte costituzionale italiana ha parlato della capacità di governare. Ha esaminato tutti gli aspetti che potrebbero chiarire le intenzioni di coloro che vorrebbero governare il Paese, ma puntualmente deviano su un’altra intenzione: quella di rendere il popolo meglio governabile, che non è la stessa cosa. “Se la parola d’ordine diventa ‘governabilità’, che fine fanno le energie che nascono dal basso e si sviluppano grazie agli strumenti preposti: la rappresentanza, il referendum, le associazioni, le manifestazioni di dissenso, la libera stampa, la formazione di coscienze civili e democratiche? Consideriamo poi che tutti i sostantivi e gli aggettivi che contengono i suffissi -abile e -ibile eccetera, esprimono un’idea passiva: governabile è ‘essere disposto a essere governato’ (come ‘amabile’ è ‘degno di essere amato’ e così via). È proprio qui che risiede la truffa: si vuole una riforma costituzionale non per governare meglio, per renderti meglio governabile. Quando sento ripetutamente la parola ‘governare’ - ha concluso Zagrebelsky - mi viene in mente quando ero ragazzino e andavo in campagna dove c’erano i contadini che ‘governavano’ gli animali. È la stessa cosa: il pastore e la mandria, il gregge; ecco, questo è ciò che è insito nella parola ‘governabilità’. Del resto, ‘il governo pastorale’ è una forma di governo conosciuta e teorizzata già nell'antichità. Se poi viene pronunciata inconsapevolmente, è bene sottolineare che proprio le parole inconsapevoli sono quelle che esprimono più chiaramente ciò che si ha dentro di sé”.
Fonte: MicroMega
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