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Valeria Scafetta, Giulia Migneco e Alma Velletri raccontano la vita di dieci donne che hanno sfidato la mafia

I modelli di riferimento per questa generazione di ragazzi sono figure che, partendo dal nulla, sono riuscite a ottenere fama, soldi e potere. È importante mostrare loro che esistono anche dei modelli alternativi, che permettono di vivere la vita in maniera più profonda, magari, proseguendo il proprio percorso di studi, oppure dedicandosi al rifacimento di un marciapiede. Si tratta di un impegno significativo nei confronti del Paese e della Costituzione”. Lo ha detto la giornalista Valeria Scafetta durante la rassegna curata dal Comune di Siena, insieme a Teatri di Siena, Movimento Agende Rosse, ANTIMAFIADuemila e Avviso Pubblico. Durante l’evento è stato presentato anche l’ultimo libro che Scafetta ha scritto insieme a Giulia Migneco, dal titolo: “Donne e Antimafia. Dieci coraggiose protagoniste della lotta alla mafia” (ed. Becco Giallo 2022). Attraverso le illustrazioni di Alma Velletri, le parole di Scafetta e Migneco raccontano la storia di dieci donne che hanno scelto di iniziare la loro lotta contro mafia e corruzione. La rassegna ha visto anche l’intervento del coordinatore regionale per la Toscana di Avviso Pubblico, Massimo Borghi, che dal 1991 porta avanti instancabilmente il suo impegno nell’antimafia sociale. “La lotta alla mafia si fa con la cultura della legalità. Infatti - ha precisato Borghi - sono due le cose che spaventano le organizzazioni mafiose: la cultura e il sequestro dei beni”. Un’analisi chiara e genuina, per niente scontata. Tuttavia, sembra che non tutte le realtà siano in grado di percepire allo stesso modo i pericoli dovuti alla presenza della criminalità organizzata nei vari territori, soprattutto quando si oltrepassano i confini italiani. “Poche settimane fa - ha sottolineato Borghi - Avviso Pubblico ha presentato un progetto sui temi che riguardano il contrasto alla mafia. Ho notato che, quando si discute di grandi organizzazioni mafiose al di fuori dell’Italia, molti rimangono scioccati, quasi increduli. Sfortunatamente, nei nostri territori, la presenza costante del fenomeno mafioso rappresenta una triste realtà”. Per Angela Altamura, dirigente della Divisione Anticrimine della Questura di Roma, “la cultura contro la mafia deve essere in orizzontale su tutto. Deve necessariamente riguardare il rispetto delle regole. Deve insegnare ai ragazzi che non bisogna voltarsi dall’altra parte davanti ai vari episodi di bullismo, ma anche ai cittadini nei vari ambiti della società”. In merito alle organizzazioni criminali, Altamura ha sottolineato come queste abbiano subito una trasformazione quasi radicale negli ultimi anni. “Sono diventate molto più silenti, soprattutto quando devono infiltrare la nostra economia. Per questo stesso motivo - ha spiegato - non c’è più l’intenzione di fronteggiare lo Stato in maniera diretta”. Durante l’evento di Siena, anche il magistrato Maria Monteleone ha sottolineato l'importanza dell’antimafia sociale. “Oggi, ci troviamo di fronte a una realtà che richiede una particolare attenzione. È necessaria una sensibilità in grado di riconoscere le nuove forme di illegalità che riguardano tutti. Le manifestazioni dell’illegalità hanno assunto modalità e conseguenze per le vittime estremamente gravi”. Invece, Suor Carolina Iavazzo, intervenuta in collegamento, ha ricordato il quartiere Brancaccio di Palermo ai tempi di don Pino Puglisi. “Padre Puglisi ha fatto una lettura precisa del territorio e ha scoperto che la mafia viene creata anche da chi non genera cultura, istruzione e apertura mentale. Infatti, la mafia - ha ribadito la fondatrice del Centro giovanile Padre Pino Puglisi di Bovalino - non teme soltanto le manifestazioni di piazza, ma teme soprattutto chi crea delle sane alternative, e Padre Pino Puglisi aveva intuito questo aspetto. Per questo motivo si era impegnato ad eliminare l’ignoranza nel quartiere Brancaccio, popolato da moltissime persone che non sapevano né leggere né scrivere”. Tuttavia, la mafia, che si tratti di Cosa nostra, di ‘Ndrangheta, oppure di Camorra, non si nutre solo di ignoranza, ma anche di connivenze e di soldi, tantissimi soldi. “La mafia, in certi ambienti - ha detto Suor Carolina - attecchisce perché trova connubio, invece che di un rifiuto”.  Per questo motivo “la mafia si è evoluta, diventando una mafia ‘più pulita’, che non lascia più i morti per strada. Lo dimostrano anche i fatturati enormi che la criminalità organizzata sta generando grazie al traffico di droga, oppure grazie ai colletti bianchi”.

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