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L’ex giudice della Corte Costituzionale: "Se fossi Mattarella rimanderei indietro la legge"

"Le ordinanze cautelari sono un atto pubblico e il divieto di pubblicarle chiama in causa una serie di principi costituzionali inviolabili che vengono tarpati con uno scopo chiarissimo anche se non dichiarato. Qui stanno vietando la pubblicazione di un atto pubblico assunto da un giudice che agisce in base a precise condizioni di legge e per questi signori i contenuti di questo atto non devono essere conosciuti in ossequio non si sa bene di cosa. O meglio lo si intuisce benissimo". “Se fossi nei panni del capo dello Stato come minimo rimanderei indietro la legge alle Camere con messaggio motivato. Ma temo, visto il clima determinato dal progetto di riforma costituzionale in animo al governo, che ciò non avverrà. Il Quirinale si trova nella morsa di una tenaglia. Anzi in una gabbia".
Sono state queste le parole dell'ex vicepresidente della Corte costituzionale, Paolo Maddalena in un'intervista pubblicata al 'Fatto Quotidiano' in merito all'approvazione del super - bavaglio imposto alla stampa  dall'emendamento presentato (e poi votato alla Camera) del deputato di Azione, Enrico Costa.
Per l'ex magistrato della Consulta si tratta di “una norma deviante e incostituzionale, figlia di una deriva pericolosissima”: in questo senso "la presunzione di innocenza non c’entra un fico secco. Qui siamo di fronte a una inaccettabile limitazione del diritto dei cittadini a essere informati. Su atti come quelli che implicano la limitazione della libertà personale che devono essere sempre motivati dall’autorità giudiziaria. Impedire di conoscere quali siano state queste motivazioni determina un grave vulnus di controllo democratico. Significa occultare la verità. A che scopo e per chi? Non per il popolo, ma contro di esso. È una disposizione infame e pericolosissima".
E poi ancora: "Questa norma - ha detto - incide sulla funzione dell’informazione facendo strame dell’articolo 21 della Costituzione sulla libertà di stampa, ma anche sull’articolo 4 che al comma 2 dice che ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società. Ecco: se un giornalista non può informare che giornalista è? Con queste limitazioni in cosa un giornalista può onorare la sua funzione concorrendo al progresso della società?".
Anche il Comitato di redazione del Tg3 ha espresso forte preoccupazione per l'emendamento Costa: "Già oggi, dopo la riforma del 2017, nell'ordinanza di custodia cautelare devono essere riprodotti "solo i brani essenziali" delle comunicazioni intercettate e c'è la garanzia della "riservatezza delle comunicazioni non rilevanti" ai fini della giustizia penale. Riteniamo quindi che l'ulteriore divieto leda profondamente il diritto dei cittadini a essere informati e non tuteli peraltro l'indagato. L'emendamento Costa - afferma il Cdr del Tg3 in una nota - non impedirà la pubblicazione della notizia di un arresto, ma priverà i giornalisti della possibilità di riferire il contenuto delle accuse con precisione, in modo verificabile. Ciò rischia di tradursi in una maggiore approssimazione a danno degli stessi indagati e impedirà ai cittadini di conoscere il merito delle accuse su fatti di cronaca rilevanti. La presunzione di innocenza è un principio sacrosanto, che però nulla ha a che fare con questa riforma: consentire di pubblicare notizie riguardo a un arresto solo sulla base di un principio di "relata refero" e senza invece poter avere accesso diretto a una delle fonti primarie di un'indagine è il contrario del lavoro giornalistico. Indebolisce noi e soprattutto la democrazia". "Per fare un esempio sugli effetti dell'emendamento Costa - continua il comunicato - se fosse già stato in vigore avrebbe impedito al nostro pubblico di conoscere realmente cosa è avvenuto il 23 maggio 2021 sul Mottarone prima del 20 maggio 2023, giorno della chiusura dell'indagine preliminare. Sarebbero stati due anni di interrogativi senza risposta sui controlli mancati e sulla consapevolezza degli indagati del malfunzionamento dell'impianto. Vale per il Mottarone, come per la quasi totalità delle inchieste che abbiamo seguito in questi anni, dalle stragi per disastri di varia natura alle indagini sulla mafia fino ai femminicidi. Per questo sosteniamo la protesta simbolica di Fnsi, Usigrai e delle Associazioni regionali di Stampa che si svolgerà domani davanti a Palazzo Chigi e parteciperemo attivamente alla valutazione di ogni altra iniziativa futura volta a far comprendere ai cittadini il pericolo dell'approvazione di una norma simile".
A muoversi anche le forze di opposizione: Pd, 5 Stelle e Alleanza Verdi Sinistra hanno fatto sapere che metteranno in campo tutte le azioni di lotta possibili contro la legge bavaglio.
Per iniziare non parteciperanno alla conferenza stampa di fine anno di Giorgia Meloni, passando poi a una strenua battaglia in Parlamento.
“Nemmeno Silvio Berlusconi con l’editto bulgaro si era spinto a tanto. La libertà di stampa in Italia è sotto attacco da trent’anni e con l’emendamento Costa ha raggiunto il suo culmine”, ha affermato il responsabile dell’informazione del Pd, Sandro Ruotolo aggiungendo che “la questione è etica, perché l’articolo 21 della Costituzione difende non solo il dovere dei giornalisti a informare, ma anche il diritto dei cittadini a essere informati. La scelta della Fnsi di disertare la conferenza di Meloni è giusta, come anche lo sarà la scelta di non obbedire alla norma, che è anticostituzionale”.

Foto © Imagoeconomica

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