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"Giornalisti e cittadini si uniscano nella mobilitazione contro l'ennesima legge-bavaglio". E' l'accorato appello che Rete NoBavaglio - nata nel 2015 da un gruppo di cronisti sotto la spinta del giurista Stefano Rodotà - rivolge ai direttori di testata, agli operatori dell'informazione e alla società civile. "Noi non ci faremo mettere il bavaglio", sostengono in una nota appena diffusa. "Il divieto di pubblicare, che secreta le ordinanze di custodia cautelare e i contenuti fino alla fine dell'udienza preliminare, rappresenta un provvedimento autoritario gravissimo, che non solo colpisce e limita il lavoro dei giornalisti, ma soprattutto il loro diritto a essere informati e rende più indifese le stesse persone private della libertà". Si tratta, affermano, "dell'ennesimo bavaglio messo alla stampa che non sorprende. E' la conferma dell'attacco all'informazione portato avanti negli ultimi anni dai poteri forti e dalla politica più brutta. Nel nostro Paese, infatti, esiste un partito del bavaglio trasversale ai vari schieramenti parlamentari, che vuole silenziare l'informazione per poter agire in modo indisturbato e senza avere addosso l'occhio mediatico".

“Si vuole sempre più condizionare l'indipendenza dell'informazione”
"E' successo durante la stagione del governo Berlusconi e ancora nel 2015, quando il governo Renzi voleva impedire la pubblicazione delle intercettazioni: in quell'occasione è nata la Rete NoBavaglio”. "Con l'alibi della difesa della privacy - prosegue la nota - del diritto all'oblio e della presunzione di innocenza del decreto Cartabia (che affida ai procuratori la responsabilità di decidere se possa essere resa pubblica una inchiesta) si vuole sempre più condizionare l'indipendenza dell'informazione. La stessa riforma del reato di diffamazione, attualmente in discussione in Parlamento, non solo non risolve il problema delle querele-bavaglio, ma toglie ulteriore autonomia ai giornalisti, stabilendo multe onerose e l'obbligo di rettifica senza contraddittorio. In questo clima di 'censura di Stato' si contestualizza l'emendamento appena approvato, che proibisce la pubblicazione dei contenuti dell'ordinanza di custodia cautelare fino alla fine dell'udienza preliminare. Di conseguenza dal momento dell'arresto fino al processo, "all'opinione pubblica per mesi sarà negato il diritto di essere informata su temi importanti come la lotta alla corruzione e la lotta alla mafia. Ma non solo: non sarà possibile conoscere le accuse e le prove contestate alla persona finita in carcere. E quindi se si tratta di una reclusione legittima o eccessiva; di conseguenza saranno colpite anche le garanzie a tutela del cittadino indagato o arrestato. Con questo ulteriore atto il 'partito trasversale del bavaglio' è riuscito a cancellare il ruolo di garanzia che la libera stampa riveste a tutela di tutti i cittadini, anche di quelli privati della libertà".

Presidente Matterella 'non firmi questo provvedimento liberticida'
La Rete NoBavaglio è al fianco della Federazione della Stampa italiana e dell'Ordine dei Giornalisti, e "si unisce all'appello rivolto al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, di non firmare questo provvedimento liberticida, che declasserà ulteriormente l'Italia, oggi al 41.mo posto, dietro a Montenegro, Argentina e Macedonia del Nord, nella classifica del World press Freedom di Reporter sans frontier". L'associazione aderisce ad ogni forma di mobilitazione contro questo provvedimento, "per garantire il diritto-dovere dei giornalisti di informare e il diritto dei cittadini di essere informati. Come rete di giornalisti e cittadini ci rivolgiamo ai direttori delle testate giornalistiche e a tutti gli operatori dell'informazione chiedendo di dare vita a una campagna contro tutti i bavagli e di unirsi in una battaglia di civiltà e democrazia che deve creare un'alleanza tra mondo dell'informazione e cittadinanza attiva". Uno Stato davvero democratico -conclude il documento- "dovrebbe favorire la verifica delle informazioni e non ostacolarla. Senza libertà non può esistere una informazione corretta e di qualità. E senza informazione la libertà muore".

Foto © Imagoeconomica

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