Del caso della nave affondata si interessò anche il Mossad israeliano
Il 13 dicembre 1995 è stato l’ultimo giorno di vita del capitano Natale De Grazia (in foto).
La Commissione Parlamentare sul ciclo dei rifiuti concluderà che tra le cause della morte "si può riconoscere solo la causa tossica", quindi avvelenamento.
Il capitano di fregata era un ufficiale della Marina militare, in servizio presso la Capitaneria di porto di Reggio Calabria.
Al momento della sua morte era applicato alla sezione di polizia giudiziaria presso la procura circondariale di Reggio Calabria e faceva parte di un pool investigativo, coordinato dal sostituto procuratore Francesco Neri, costituito per effettuare le indagini avviate a seguito di un esposto presentato da Legambiente su alcuni interramenti di rifiuti tossici in Aspromonte.
Nel corso dell’inchiesta si aprirono subito scenari inquietanti legati al fenomeno delle "navi a perdere", le navi dei veleni, cariche di rifiuti tossici e radioattivi, che sarebbero state affondate al largo della Calabria, con la connivenza della ‘Ndrangheta.
Secondo un dossier di Legambiente trasmesso alla Commissione gli affondamenti sospetti di navi, tra il 1979 ed il 2000, sarebbero stati 88 (doc. 117/30).
Del gruppo investigativo facevano parte, oltre al capitano De Grazia, il maresciallo capo Scimone Domenico, appartenente alla sezione di polizia giudiziaria dei Carabinieri presso la procura di Reggio Calabria, il maresciallo Niccolò Moschitta e il carabiniere Rosario Francaviglia, questi ultimi due appartenenti al nucleo operativo del reparto operativo CC di Reggio Calabria.
Una di queste navi era la 'Rigel': il cargo, che batteva bandiera maltese, venne fatto affondare il 21 settembre 1987. Prima di morire, il comandante De Grazia aveva trovato abbondanti prove sul fatto che il naufragio era servito per nascondere in fondo al mare un inconfessabile carico di scorie nucleari.
La motonave Rigel, di proprietà della Mayfair Shipping Company Limited di Malta, affondò, secondo la versione ufficiale, a 20 miglia al largo di capo Spartivento – promontorio situato nel Comune di Brancaleone (RC) – in acque internazionali, dopo essere partita dal porto di Marina di Carrara il 2 settembre 1987, diretta a Limassol, Cipro.
L'affondamento della Rigel fu emblematico. L'equipaggio, quel 21 settembre, non lanciò neppure l'SOS. Non chiese aiuto alle Capitanerie di Porto calabresi o siciliane, che in poche ore avrebbero potuto essere sul posto. Nulla di tutto questo. Comandante e marinai furono salvati "per caso" dalla Krpan, una nave jugoslava che non li sbarcò in uno dei tanti approdi italiani che aveva sulla rotta. Se ne andò invece in giro per il Mediterraneo per un po' e poi scaricò tutti a Tunisi.
Il cargo era pieno di mille e 700 tonnellate di polvere di marmo, oltre alle presunte "macchine". Sufficienti a far inabissare qualsiasi nave.
Secondo le indagini svolte dalla procura della Repubblica di La Spezia nell’ambito del procedimento penale n. 814/1986 RGNR, la Rigel fu affondata dolosamente.
I responsabili, rinviati a giudizio il 20 novembre 1992 per aver cagionato il naufragio della nave al fine di truffare la società di assicurazioni, furono condannati con sentenza confermata nei successivi gradi di giudizio.
Nella sentenza ordinanza del 20 novembre 1992, ripresa dal procuratore Neri e dal capitano De Grazia, si legge che l’accordo per l’affondamento della nave intervenne tra Luigi Divano (titolare della Trade Centre s.r.l.), Vito Bellacosa (di professione agente marittimo, titolare dell’agenzia marittima “Spediamar” corrente in La Spezia), Fuiano Gennaro (di professione funzionario doganale), Cappa Giuseppe e Figliè Carlo, quest’ultimo titolare di un’agenzia marittima in Marina di Carrara (quali organizzatori in Italia e ricercatori delle persone da indurre ad effettuare un fittizio trasporto di merce destinata all’affondamento), Khoury e Papanicolau (il primo quale fittizio acquirente della merce caricata sulla Rigel, e il secondo quale fornitore del mezzo da far naufragare), il capitano Vassiliadis come esecutore materiale nonché capitano della Rigel.
Le conclusioni sono state poi riportate anche dalla commissione parlamentare sulle attività illegali legate al ciclo dei rifiuti.
Nel processo di La Spezia, infine, venne definitivamente accertata la natura dolosa dell’affondamento della Rigel e la truffa ai danni dell’assicurazione.
Il primo elemento di riscontro fu ricavato dall’annotazione “Lost the ship" rinvenuta sull’agenda sequestrata a Giorgio Comerio proprio sulla pagina corrispondente alla data 21 settembre 1987.
Fu De Grazia a ritrovare la nota durante una perquisizione nel maggio del '95. A pagina del 14 settembre c'è un appunto in inglese: "Se noi non abbiamo il denaro disponibile prima del 19 settembre non possiamo comprare la nave per la produzione al pubblico". E, sul foglio dell'agenda relativo al 21 settembre, la frase "Lost the ship". Che tradotto significa "Perduta la nave". Coincidenze? I riferimenti alla Rigel sembrano chiari anche se l'autore della nota ha sempre negato ogni collegamento.
Prima di partire per il suo ultimo viaggio De Grazia aveva telefonato all'allora procuratore di Matera Nicola Maria Pace che conduceva indagini parallele a quelle di Reggio Calabria sul traffico di rifiuti radioattivi: "Procuratore quando torno deve venire a Reggio Calabria. La porto nel punto preciso in cui è affondata la Rigel". Non è mai più tornato.
Per concludere è necessario ricordare le difficoltà incontrate degli inquirenti: pedinamenti o strani episodi che li avevano allarmati, spingendoli ad adottare sempre maggiori cautele.
Sul punto si era espresso il maresciallo Nicolò Moschitta, audito dalla Commissione in data 11 marzo 2010: "Quando le indagini arrivavano a un picco, e quindi stavamo mettendo le mani su fatti veramente gravi, coinvolgenti anche il livello della sicurezza nazionale. A un certo punto De Grazia non venne più a effettuare le indagini con noi, perché il suo comandante l’aveva bloccato. Se non erro, era il colonnello Maio o De Maio, non ricordo bene. Era il comandante della Capitaneria di porto di Reggio Calabria. De Grazia mi chiamò e mi riferì che non poteva più venire, perché il suo comandante gli aveva mostrato un foglio matricolare. Mi chiese se potevo parlare col giudice in modo che scrivesse un’altra lettera per poterlo reinserire nelle indagini. Accettai e promisi di parlarne col dottor Neri. Quest’ultimo scrisse un’altra lettera di incarico di indagini affermando che De Grazia non era solo necessario, ma indispensabile per la prosecuzione delle indagini. Solo così è ritornato con noi a lavorare. Una volta morto lui, ci siamo un po’ fermati. Io sono stato male e anche il giudice Neri ha avuto problemi pressori".
Anche il magistrato Francesco Neri ha raccontato ai commissari che "eravamo pedinati, minacciati spiati, vi erano microspie anche da Porcelli, il procuratore di Catanzaro. Addirittura si presentò un agente del Mossad", il servizio segreto israeliano, tuttavia molte delle sue dichiarazioni sono ancora coperte da segreto.
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