Ranucci e il suo team tornano ad occuparsi degli interessi che legano mafie, massoneria, politica e imprenditoria
Secondo la procura antimafia, sin dagli anni ‘90, la Camorra è riuscita a fare affari e mettere radici in Veneto, anche grazie alla compiacenza di politici, imprenditori, professionisti e alcuni esponenti delle forze dell’ordine. Questo è stato il racconto dell’ultima puntata di Report, che ha ricostruito le principali modalità adottate dalla criminalità organizzata per insediarsi nel ricco Nordest. Partendo dalla presenza di una costola del clan dei Casalesi ad Eraclea, attraverso Luciano Donadio, non solo imprenditore originario di Casal di Principe, ma anche presunto boss dei Casalesi, la trasmissione di Rai Tre, condotta dal giornalista Sigfrido Ranucci, ha messo in luce le dinamiche che descrivono la capacità delle mafie di lucrare attraverso gli appalti e la pubblica amministrazione, anche grazie alla presenza sempre più diffusa della massoneria nel nostro Paese. Tuttavia, Report, all’interno della sua ultima puntata dal titolo “Cosa Veneta”, non si è occupata solo delle indagini sul presunto gruppo di Donadio, che riguarderebbero usura, estorsioni, minacce e voto di scambio, oppure della condanna allo stesso Donadio di ventisei anni di carcere per associazione a delinquere, stranamente, senza l’aggravante mafiosa, ma si è occupata anche della presenza della ‘Ndrangheta a Verona e dei contatti che alcuni ‘ndranghetisti avrebbero allacciato con diversi politici presenti all’interno della giunta dell’ex sindaco di Verona, Flavio Tosi.
Le mani della ‘Ndrangheta nel Nordest
Partendo dalla famiglia calabrese dei Giardino, l’inchiesta di Report ha raccontato delle ‘ndrine presenti sul suolo veronese. Secondo l'Antimafia, infatti, proprio a Verona si è radicata una locale di ‘Ndrangheta, e il capo indiscusso sarebbe Antonio Giardino, altrimenti noto con il nome di “Totareddu”. Con la sua condanna a 30anni di carcere, “Totareddu”, difatti, ha sancito la presenza di un’organizzazione mafiosa nel Veneto. Proprio alla famiglia Giardino sono riconducibili decine di aziende con sede in Veneto e nel resto del Nord Italia che lavorano nel campo dell’edilizia e della manutenzione ferroviaria. Ma l’interesse che la ‘Ndrangheta ha per il Veneto è emerso anche dall’inchiesta “Kyterion”, condotta dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro. In particolare, è emersa l’attenzione che alcuni personaggi vicini alle ‘ndrine calabresi avrebbero avuto nei confronti di alcuni politici appartenenti alla giunta di Flavio Tosi, rieletto come sindaco di Verona nel 2012.
Le parole del pentito che fanno tremare il Veneto
Anche il Veneto, ora, ha il suo pentito di ‘Ndrangheta e il suo nome è Nicola Toffanin. Guardia giurata, ex appartenente ai corpi speciali militari e vicino ad ambienti di estrema destra, Toffanin, senza una licenza di investigatore privato, non solo ha spiato diversi politici su richiesta di altri politici, ma è anche diventato l’uomo di collegamento tra la ‘Ndrangheta e la politica. Per questo motivo, oggi, le parole che Toffanin sta pronunciando davanti ai magistrati di Venezia in qualità di pentito, stanno facendo tremare il Veneto. Toffanin ha infatti confessato di curare i rapporti tra le cosche e la politica, con diversi settori dell’imprenditoria, oltre alle sue capacità di accedere a numerose informazioni provenienti dalla Procura di Verona. Anche il Procuratore della Repubblica di Venezia, Bruno Cherchi, intervistato da Report, ha spiegato che Toffanin è un soggetto che gode di “molti contatti, quindi ha molte informazioni, tutte riscontrate”. Ciò che rende Toffanin interessante dal punto di vista investigativo è anche la sua vicinanza con il braccio destro del boss Antonio Giardino, ovvero, Michele Pugliese, anche detto “il commercialista”. Inoltre, tra le frequentazioni che di certo non sono passate inosservate, ci sarebbe anche quella di Francesco Vallone, il quale, oltre ad essere un massone vicino alla cosca dei Mancuso, è stato anche il responsabile del Centro studi “Enrico Fermi”; secondo gli inquirenti, un vero e proprio diplomificio della ‘Ndrangheta.
In più, gli investigatori dell’antimafia che hanno seguito le tracce di Toffanin hanno scoperto che le attività ‘ndranghetiste perpetrate in quel di Verona hanno raggiunto anche la partecipata dei rifiuti AMIA, attraverso Andrea Miglioranzi, il manager della partecipata e “pupillo di Tosi”. Miglioranzi sarebbe stato ricattato da Toffanin dopo che lo stesso avrebbe offerto una “mazzetta” da 3 mila euro al manager in cambio di corsi di formazione per il suo amico Vallone; corsi mai realizzati. Inoltre, l’ultima puntata di Report si è occupata anche di Alberto Filippi, l’ex senatore leghista che avrebbe ordinato un attentato intimidatorio contro il giornalista Ario Gervasutti. Secondo i magistrati, Filippi avrebbe organizzato un attentato per intimidire il giornalista ed ex direttore del Giornale di Vicenza. Tra gli indagati per l'attentato intimidatorio figura anche Santino Mercurio, un calabrese e ‘ndranghetista di 65 anni che avrebbe confessato agli inquirenti di aver sparato contro la casa di Gervasutti su suggerimento di Filippi. Secondo gli investigatori, l'intento di questa azione è stato quello di intimidire il giornalista, a seguito della pubblicazione di vari articoli critici sull'azienda di Filippi, la Unichimica. Nonostante ciò, l'ex parlamentare ha costantemente negato qualsiasi coinvolgimento nell'attentato.
L’appalto per il nuovo ospedale e la 'ndrina Grande Aracri
Infine, l’ultima puntata di Report si è soffermata su un progetto da 590 milioni di euro che attinge anche dai fondi del Pnrr per costruire il nuovo Ospedale di Padova. Il progetto sarebbe finito nel mirino dell’antimafia, che ha emesso un provvedimento interdittivo sul cantiere dell'ospedale padovano. Al centro di questa vicenda ci sarebbe anche il boss Nicolino Grande Aracri, partito dalla provincia di Crotone, in Calabria, per fare affari nel Nord Italia. Per il nuovo padiglione di pediatria dell’ospedale, l’appalto di 46 milioni di euro è stato vinto dall’azienda SETTEN, la quale ha subappaltato ad un’altra azienda, la SIDEM, il cui dominus sarebbe Michele De Luca, cugino di primo grado del boss Grande Aracri. Ciò nonostante, la SIDEM è riuscita ad infiltrarsi nel processo di appalto per la costruzione del nuovo ospedale grazie al gestore di fondi immobiliare NUMERIA Spa, fondato dell’avvocato Bruno Barel, che dopo aver saputo dell’interdittiva antimafia - ha fatto sapere Report - ha ceduto il ramo operativo dell'azienda".
Guarda l'inchiesta integrale: rai.it/programmi/report/inchieste/Cosa-Veneta
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