Alfredo Messina - esponente berlusconiano di elevato spessore - ha candidamente ammesso che "c'era il timore che rapissero anche i figli di Berlusconi. E allora credo che non fosse stata di Berlusconi l’idea di Mangano, ma fosse stata di Dell’Utri, che lo conosceva per altri motivi, a proporre se si metteva una tutela particolare e evitiamo di rapire qualche ragazzo”.
“Fu preso come stalliere, la presenza di Mangano poteva allontanare il pericolo di un rapimento”, ha detto Messina.
Eppure Dell'Utri, nelle dichiarazioni spontanee del 29 novembre 2004 (agli atti del processo), aveva detto di essersi rivolto a Mangano perché cercava “una persona che capisca di terreni, che capisca di cavalli, che capisca di cani”, e non avendola trovata in Brianza, Berlusconi “gli aveva chiesto se conoscesse qualcuno adatto in Sicilia”.
Ma nell'ottobre del 2021 Dell'Utri al 'Foglio' aveva raccontato un’altra storia: "Eravamo negli anni 70, e la faccia di Mangano poteva tenere lontani i malintenzionati in un periodo violentissimo della storia di questo paese. Una faccia da duro. C’erano i rapimenti allora”.
“L’assunzione di Vittorio Mangano ad Arcore, nel maggio-giugno del 1974, costituiva l’espressione dell’accordo concluso, grazie alla mediazione di Dell’Utri, tra Cosa nostra e Silvio Berlusconi ed era funzionale a garantire un presidio mafioso all’interno della villa di quest’ultimo”. Così è scritto nelle motivazioni della sentenza di condanna a Marcello Dell'Utri per concorso esterno (pena scontata) che conferma i suoi rapporti con la mafia almeno per 18 anni, dal 1974 al 1992.
Inoltre giudici della corte d’appello di Palermo presieduta da Claudio Dall’Acqua avevano scritto nelle motivazioni della sentenza di secondo grado del giugno 2010 che il mafioso fu assunto nel 1973 su intervento di Marcello Dell’Utri come “stalliere” nella villa di Arcore non per accudire i cavalli ma per garantire l’incolumità di Silvio Berlusconi.
Circostanza sempre negata più volte da Dell’Utri e dai suoi legali nei processi.
Eppure domenica sera alla trasmissione di Report Alfredo Messina - esponente berlusconiano di elevato spessore, manager di Berlusconi dai primi anni '90 e tesoriere di Forza Italia tra il 2016 e il 2023 - ha candidamente ammesso che "c’era il timore che rapissero anche i figli di Berlusconi. E allora credo che non fosse stata di Berlusconi l’idea di Mangano, ma fosse stata di Dell’Utri, che lo conosceva per altri motivi, a proporre se si metteva una tutela particolare e evitiamo di rapire qualche ragazzo”.
“Fu preso come stalliere, la presenza di Mangano poteva allontanare il pericolo di un rapimento”, ha detto Messina.
Eppure Marcello Dell'Utri, nelle dichiarazioni spontanee del 29 novembre 2004 (agli atti del processo), aveva detto di essersi rivolto a Mangano perché cercava “una persona che capisca di terreni, che capisca di cavalli, che capisca di cani”, e non avendola trovata in Brianza, Berlusconi “gli aveva chiesto se conoscesse qualcuno adatto in Sicilia”.
Ma nell'ottobre del 2021 Dell'Utri al 'Foglio' aveva raccontato un’altra storia. L’ex senatore di fatto conferma gli incontri avuti da Berlusconi con lo stesso Mangano e Tanino Cinà. In passato li aveva descritti, aggiungendo anche la presenza di Stefano Bontade, il collaboratore di giustizia Francesco Di Carlo (oggi deceduto).
"Quando Mangano e Tanino Cinà vennero a Milano dalla Sicilia, Berlusconi, dopo averli squadrati, mi fa: Uhm, accidenti che facce'". “Ma bisogna capire il momento - aveva aggiunto Dell’Utri nell'intervista - Eravamo negli anni '70, e la faccia di Mangano poteva tenere lontani i malintenzionati in un periodo violentissimo della storia di questo paese. Una faccia da duro. C’erano i rapimenti allora. Mangano venne a vivere ad Arcore con la moglie, la mamma della moglie e le due figlie. Che giocavano in giardino con i figli di Berlusconi. Non sembrava un mafioso vero, sembrava il personaggio di un film con Alberto Sordi in Sicilia. Uno sul quale si può persino fare dell’ironia”.
Le 'donazioni' di Berlusconi a Dell'Utri
La trasmissione Report si è concentrata anche sull'eredità di Berlusconi, il ruolo di Marta Fascina nel partito di Forza Italia, sulla figura di Marcello Dell'Utri e sulle somme di denaro ricevute da quest'ultimo da Berlusconi nel corso degli anni. Ricordiamo di questo particolare aspetto è già al vaglio dei magistrati della Procura di Firenze, i procuratori aggiunti Luca Tescaroli e Luca Turco, titolari dell'indagine sui mandati esterni delle stragi del '92 - '93.
In particolare i magistrati avevano acquisito gli atti investigativi della Dia in cui si riporterebbe l'esistenza di flussi di denaro che sarebbero confluiti sui conti di Dell'Utri: si parlerebbe di 180 mila euro, divisi in due trance e inviati tra maggio e luglio 2021 con una causale curiosa, "donazione di modico valore".
Questo fiume di denaro sui conti di Dell’Utri aveva allertato anche l’Antiriciclaggio. Anche la Banca d'Italia aveva segnalato presunte anomalie: “Da analisi del rapporto sono emersi due bonifici, ciascuno di 90.000 euro, disposti a maggio e giugno 2021 da Silvio Berlusconi, entrambi recanti causale ‘Donazione di modico valore‘. Il cliente ha chiesto l’emissione di una carta di credito che la filiale ha però negato e, a fine giugno, ha quindi richiesto di effettuare un bonifico di 10.000 euro direzionato su una carta prepagata a sé intestata, emessa da una società lituana, chiedendo contestualmente le credenziali per l’accesso all’home banking, onde poter gestire in autonomia il rapporto di conto corrente”. Richieste entrambe rifiutate.
Secondo gli inquirenti, questa enorme riconoscenza dovuta a Dell’Utri, sarebbe scaturita “per aver pagato un prezzo connesso alla carcerazione, senza lasciarsi andare a coinvolgimenti di terzi”.
Per gli investigatori questa continuità di versamenti è “sicuramente connessa a un riconoscimento anche morale, l’assolvimento di un debito non scritto, la riconoscenza, per quanto riguarda l’ultimo periodo”.
Oltre a questo, sempre secondo gli inquirenti, vi potrebbe essere anche una forma di ricatto. Persone vicine all'ex presidente del Consiglio smentiscono categoricamente questa ricostruzione e bollano tutto come puro teorema dei pubblici ministeri.
L'ipotesi è sempre stata smentita anche da tutti i personaggi citati in questa vicenda.
I magistrati di Firenze hanno anche sentito il noto ragioniere Giuseppe Spinelli: era con lui che Berlusconi si interfacciava quando quest’ultimo doveva fare regali e donazioni. E tra questi compariva anche Dell’Utri, al quale Berlusconi ha lasciato 30 milioni di euro secondo testamento. “Alla fine degli anni ’80 il dr. Berlusconi fece una serie di donazioni notarili a varie persone tra cui Dell’Utri, Bernasconi, Confalonieri e il cugino (di B.) Foscale; erano donazioni in favore dei principali responsabili che avevano procurato lo sviluppo di Fininvest. Dopo le donazioni, fui incaricato dal dr. Berlusconi di effettuare bonifici in favore del dr. Dell’Utri, con la causale prestito infruttifero; ma i prestiti non sono mai stati restituiti”. Spinelli ha precisato di non aver “mai operato trasferimenti di denaro contante in favore di Dell’Utri”.
Una continuità di elargizioni che, secondo gli investigatori della Dia, sarebbe stata dovuta all'ex senatore "per aver pagato un prezzo connesso alla carcerazione, senza lasciarsi andare a coinvolgimenti di terzi".
Giallo sul testamento 'colombiano' di Berlusconi
Marco Di Nunzio, un imprenditore che vive in Colombia e che sostiene di essere tra gli eredi di Silvio Berlusconi per via di un testamento non olografo e sottoscritto a Cartagena poco più di due anni fa, è indagato dalla procura di Milano per falsità in testamento dopo una segnalazione, del giugno del 2023, dell'ambasciata italiana a Bogotà proprio alla procura meneghina. Nella "diffida" testamentaria si mostra una pec in cui l'imprenditore allega gli atti firmati dal notaio e chiede di sapere quando ci sarà la lettura pubblica del testamento in Italia. Dal documento, ritenuto falso, Di Nunzio sarebbe beneficiario del 2% delle azioni Fininvest, di 26 milioni di euro - di cui venti destinati a promuovere il partito Forza Italia -, di tutte le azioni della società proprietaria delle ville ad Antigua e la nave 'Principessa VaiVia'. Il pm Roberta Amadeo e il procuratore della Repubblica di Milano Marcello Viola, titolari del fascicolo, hanno chiesto, tramite rogatoria, di ricevere i documenti notarili per procedere a verifiche sull'autenticità di quanto sostenuto dall'imprenditore, che assistito dall'avvocato Erich Grimaldi, è riuscito a far registrare il testamento da un notaio a Napoli, dopo un tentativo fallito a Milano. Che si tratti di un falso ne è convinta la famiglia e la difesa di Berlusconi, i quali - in contatto con la procura - sono certi di avere le prove per dimostrare che il 21 settembre del 2021 (giorno del presunto testamento, ndr) il Cav non era in Colombia.
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- Luca Grossi