Partiamo da un dato: i beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata costituiscono un incredibile patrimonio che va restituito alla collettività. La Sicilia è la prima regione italiana per numero di beni confiscati. Secondo i dati dell’Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (Anbsc) aggiornati al 15 novembre 2021, su 38.101 immobili confiscati o sequestrati in Italia, ben 14.315 (pari a circa il 37,5%) si trovano in Sicilia; di questi 7.126 sono già “destinati”, sia per finalità istituzionali sia per finalità sociali, mentre altri 7.189 sono ancora “in gestione” dell'Agenzia stessa. Delle 4.686 aziende sottratte alla criminalità in tutta la Penisola, 1.449 (circa il 30%) hanno sede nella nostra Isola, ma solo 543 sono già “destinate”. Gli addetti ai lavori però evidenziano, e denunciano da tempo, una applicazione “a macchia di leopardo” a livello nazionale. Un asset strategico fondamentale, quello dei beni confiscati, per un rilancio vero e profondo dello sviluppo della nostra regione, le cui radici storiche - ma anche legislative - affondano in quella legge Rognoni-La Torre che ha rappresentato uno spartiacque essenziale nel contrasto alla criminalità organizzata. La successiva legge 106/96 definirà la destinazione "sociale" dei beni stessi. L’alto valore di queste leggi non è soltanto sotto il profilo del contrasto ma anche, e soprattutto, sotto il profilo simbolico e sociale: ciò che le mafie hanno indebitamente sottratto alla società adesso torna alla società stessa.
Fin qui tutto bene. Ma quello delle confische è un meccanismo, soprattutto nella parte della gestione/assegnazione dei beni, che alle volte si inceppa con degli strascichi dolorosi, per esempio, nel caso di aziende confiscate con lavoratori, il che significa vicende familiari, lavoro e dunque salario, esistenze insomma. Le aziende confiscate in presenza di lavoratori, finiscono spesso, ma non sempre per fortuna, in fallimento con il relativo licenziamento dei lavoratori. E’ un dramma, senza dubbio, sotto l’aspetto delle vicende personali ma anche per quel che riguarda il messaggio all’esterno poiché la tutela e la creazione di lavoro è affermazione dello Stato, in mancanza della quale chiaramente non rimane che rivolgersi, in alcuni contesti, alla criminalità organizzata. Un settore per tutti, quello dell’edilizia, su cui per decenni le mafie hanno basato e costruito uno dei loro pilastri del consenso, garantendo lavoro. Un sistema quindi, quello delle confische, che se non correttamente applicato e gestito potrebbe produrre effetti -negativi- diametralmente opposti a quelli che si prefiggono tutte le misure di prevenzione.
Grave, ad esempio, la recente decisione del Governo di cancellare dalle misure del PNRR quella dedicata alla valorizzazione dei beni confiscati alle mafie. Parliamo di 300 milioni di euro stanziati nel novembre 2021, per i quali era già stata pubblicata la graduatoria definitiva di ammissione al finanziamento degli enti locali: un fallimento della politica ma anche della società civile, degli enti locali e di tutti i soggetti coinvolti che piuttosto che recepire in un silenzio assordante la decisione, avrebbero dovuto manifestare il proprio dissenso e far capire la scelleratezza di una scelta che azzopperà ulteriormente un sistema che ha bisogno di essere sostenuto e valorizzato. Dove sta il punto di svolta dunque? Sicuramente nella creazione di una Governance vera e con pieni poteri, un’azione di sistema che veda coinvolti tutti gli attori delle varie tappe di confisca e restituzione del bene, ed è chiaro che anche la società civile ha la sua grande responsabilità nel fare in modo che chi decide di gestire un bene - penso soprattutto ai piccoli centri dove purtroppo gli interessi dei criminali “locali” sono ancora ben presenti - non si senta solo, che si crei una comunità attorno a quell’impresa, cooperativa o altro. Adesso rimaniamo in attesa di conoscere le nuove direttive europea in materia, che avranno contenuti migliorativi, come la “pianificazione pre sequestro”. Il meccanismo dunque funziona, forse dobbiamo però salvaguardarlo, credendoci, dai rischi serissimi che si inceppi un po’ troppo spesso...