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Quando fare il proprio dovere, con un'intervista a Vinciguerra, diventa motivo di querela

Dall'aprile 2022 la collega giornalista, Raffaella Fanelli, sta affrontando un processo dopo il rinvio a giudizio per diffamazione dalla Procura di Verona.

Al centro della vicenda l’intervista che fece al neofascista ex Ordine Nuovo, Vincenzo Vinciguerra, pubblicata su una testata on line con sede a Verona, in cui quest'ultimo faceva riferimenti a Paolo Signorelli, esponente della destra radicale, condannato per associazione eversiva e banda armata, morto nel 2010.

L'abbiamo raggiunta per porle alcune domande e capire ciò che è avvenuto in questo processo che domani vedrà l’audizione di Vincenzo Vinciguerra e a seguire la sentenza. Noi ci auguriamo che vi sia un’assoluzione piena.

01- Raffaella, è passato più di un anno e mezzo dal tuo rinvio a giudizio da parte della procura di Verona. Come sta procedendo questa querelle giudiziaria?

L’ultima udienza di questo processo assurdo si terrà il prossimo 18 ottobre, sarà sentito Vincenzo Vinciguerra e poi ci sarà la sentenza.  Mi contestano la pubblicazione dell’intervista al neofascista di Ordine Nuovo e Avanguardia Nazionale, Vincenzo Vinciguerra, appunto, realizzata nel carcere di Opera e pubblicata nel 2019. Nello stesso anno, e grazie a quell’intervista, le indagini sull’omicidio di Mino Pecorelli sono state riaperte dalla procura di Roma. Il pubblico ministero Erminio Amelio che sta conducendo le indagini sulla morte del giornalista ha acquisito la mia intervista a Vinciguerra e il mio libro “La Strage Continua – la vera storia dell’omicidio Pecorelli”.  E a Bologna, la Corte d’Assise d’appello che stava processando l’ex Nar Gilberto Cavallini, dopo la mia intervista, ha chiamato Vinciguerra a testimoniare e in quella sede il neofascista ha fatto le stesse dichiarazioni acquisite come fonte di prova. Cavallini è stato condannato all’ergastolo e nella sentenza, firmata dal presidente della Corte, Michele Leone, è finita la mia inchiesta sull’omicidio Pecorelli. Nelle pagine depositate il 9 gennaio del 2020, c’è un intero capitolo sulla morte del giornalista. Un’intervista utile e apprezzata da altre Procure, ma non da quella di Verona. Dove il mio lavoro è finito sul banco degli imputati. A Reggio Calabria, la direzione distrettuale antimafia, mi ha indicato come “fonte affidabile” riprendendo la mia intervista a Licio Gelli e definendola “utile” alle indagini nell’ambito del processo ‘ndrangheta stragista. Ho visto citato il mio lavoro, con garbo e misura. Insomma, mentre altre Procure hanno valorizzato le mie inchieste e le mie interviste, quella di Verona mi ha rinviata a giudizio e processata.

C’è una domanda che continuo a farmi: perché a Verona hanno accolto una querela che Silvia Signorelli aveva già presentato a Milano e che i giudici milanesi hanno archiviato? Già, perché va detto anche questo. A Milano, la figlia di Paolo Signorelli mi aveva già querelata, rappresentata dall’avvocato Gabriele Bordoni (legale dell’ex Nar Gilberto Cavallini, ndr). Una querela archiviata così come la sua opposizione all’archiviazione. Va detto anche che in questo processo c’è stato addirittura un provvedimento di sequestro preventivo dell’intervista “incriminata” da parte del Gip di Verona, poi immediatamente annullato dal Tribunale del Riesame grazie all’intervento di Andrea Di Pietro, l’avvocato di Ossigeno, l’Osservatorio per i giornalisti minacciati. Perché questo, in verità hanno cercato di fare con la querela della Signorelli: fermare la mia inchiesta sull’omicidio di Mino Pecorelli. La riapertura dell’inchiesta sulla morte del giornalista è del febbraio 2019. La querela e il rinvio a giudizio del giugno 2019. Non ho mai creduto alle coincidenze. Posso pensare che dietro questa querela ci sia altro? Mi viene in mente un articolo dell’Espresso “Chi è l’uomo nero della lega nord amico di Massimo Carminati?”

lespresso.it/c/attualita/2015/2/23/chi-e-luomo-nero-della-lega-nord-amico-di-massimo-carminati-e-flavio-tosi/7759

E’ un illuminante articolo su Domenico Magnetta che Vinciguerra indica come custode della pistola usata per uccidere Mino Pecorelli. Mi auguro solo che a Verona ci sia stata una non conoscenza dei fatti. Non altro.

02- Cosa ti contestano?

Il procuratore Marco Zenatelli mi accusa di aver offeso la reputazione del defunto Paolo Signorelli – condannato in via definitiva per associazione sovversiva e banda armata, assolto per insufficienza di prove nel processo per la strage di Bologna, così come dall’accusa di essere il mandante dell’omicidio del giudice Vittorio Occorsio e dell’omicidio del giudice Amato – ora, avrei offeso tale illustre uomo e cotanta reputazione non censurando la dichiarazione di Vinciguerra su Signorelli “uomo dei servizi”. Bene, tale offesa, e tali legami, vorrei ricordare, sono stati attribuiti negli anni dai pentiti dei Nar e collaboratori di giustizia ritenuti credibili e affidabili da innumerevoli giudici. Vorrei ricordare che tali dichiarazioni (“Signorelli uomo dei servizi”) arrivano anche da Paolo Aleandri, da Marco Affatigato, da Sergio Calore, da Aldo Tisei, da Walter Sordi. Quindi non ci sono solo le dichiarazioni di Vincenzo Vinciguerra, peraltro ritenuto fonte attendibile dal giudice di Milano Guido Salvini, non un giudice qualsiasi ma il Giudice autore dell’istruttoria che ha portato all’ultimo processo sulla strage di Piazza Fontana e che ha permesso con le sue indagini di arrivare alla verità sulla strage di Milano. In sintesi, io rischio una condanna perché non avrei spento la telecamera davanti alle dichiarazioni di Vinciguerra su Signorelli. Insomma, avrei dovuto coprire quelle frasi con un cartello “Signorelli Santo Subito”.

03- Quali sono i punti salienti sulla scorta dei quali tu contesti l'operato della procura scaligera? Che cosa c'è che non ti convince?

Trent’anni che scrivo di cronaca e di mafia. Sono stata querelata decine di volte, anche da un serial killer e sempre c’è stata un’archiviazione. Mai sono stata rinvita a giudizio e mai processata per il mio lavoro. Mai. Quello che sta succedendo a Verona, non lo accetto. Non lo accetto perché lo ritengo ingiusto. Credo che si stia usando la legge per fermare la giustizia. Credo che dietro tutto ci sia la mano di chi ha sparato su Mino Pecorelli. E’ una mia ipotesi, lo so. Ma, confesso: da quando sono stata rinviata a giudizio sto “lavorando” su Paolo Signorelli. Sto cercando di capire cosa e chi si stia muovendo e quindi di provare la mia assurda ipotesi. Ho trovato un verbale di Paolo Aleandri del 14 maggio 1986 dove sono ben chiari i legami di Signorelli con i servizi. Aleandri parla di un suo arresto a Palermo e di “Signorelli che interviene con gli uomini della Digos” per farlo rilasciare. Dice di aver soggiornato, a Palermo, insieme alla famiglia Signorelli, quindi anche con i figli del professore, in casa di Roberto Incardona, persona sicuramente nota anche ai giudici di Verona, nel caso lo ricordo: Incardona è stato uno dei leader dei militanti fascisti palermitani, ha militato in Ordine Nuovo e nel Fronte di Liberazione nazionale oltre a Costruiamo l'Azione e a Terza Posizione. Certo, uno può soggiornare con la sua famiglia dove meglio crede. Pero, in quel verbale di Aleandri, c’è anche scritto che un uomo dei servizi arrivò in quella casa per parlare con Signorelli. Dice che quell’agente stava raccogliendo informazioni sui sequestri di persona nel sud Italia da parte di gruppi di destra. Si può anche non sapere niente dell’attività del proprio padre ma chiedo: perché Silvia Signorelli non ha querelato Paolo Aleandri? Aleandri è stato tra i fondatori del gruppo neofascista Costruiamo l’Azione. E’ stato legato ai fratelli De Felice, a Massimiliano Fachini, a Sergio Calore e allo stesso Licio Gelli. Oltre che a Paolo Signorelli.

Io l’ho cercato Paolo Aleandri e ha confermato il suo verbale e i legami del professore con i servizi. Perché non l’ha fatto chi ha chiesto il mio rinvio a giudizio? Che indagini sono state fatte? I verbali di Paolo Aleandri sono in rete. Silvia Signorelli deve querelarlo. Deve querelare Walter Sordi e tutti gli altri che hanno parlato del padre.  Perché querelare solo Vinciguerra? Perché chiedere il sequestro dell’intervista che ha permesso la riapertura delle indagini sull’omicidio Pecorelli? Nelle motivazioni della sentenza che ha condannato l’ex avanguardista Paolo Bellini per la strage di Bologna c’è scritto: “...anche un terrorista della nuova generazione come Valerio Fioravanti, nella sua smania di protagonismo, si avvicinò progressivamente ad elementi di spicco del neocostituito gruppo ‘Costruiamo l’Azione’ come Paolo Signorelli e Fabio De Felice, i quali a loro volta erano strettamente legati ai servizi segreti e a Licio Gelli”. Le motivazioni sono state depositate il 5 aprile 2023. Mi chiedo: possibile che i giudici del tribunale di Verona non le conoscano? Silvia Signorelli deve querelare anche chi ha scritto questa sentenza. Perché non lo fa?


04- Ma come è possibile che il processo si tenga a Verona?

Si tiene a Verona perché il sito che nel 2019 ha ospitato la mia inchiesta sull’omicidio di Mino Pecorelli aveva sede legale a Verona, purtroppo.


05- Che cosa è stato l'omicidio Pecorelli e perché va considerato uno snodo non solo uno snodo della storia politica del Paese ma della storia italiana tout-court?

C'è un filo rosso (e nero!) che lega il lungo decennio 1969-'80. Erano i cosiddetti anni di piombo, della “strategia della tensione”... erano gli anni dei tentativi di colpi di Stato. Del terrorismo. Dei nostri servizi segreti asserviti agli interessi degli Stati Uniti. Mino Pecorelli era partito dall’omicidio di Aldo Moro ed era tornato indietro, fino alla strage di Piazza Fontana, passando per il golpe borghese del 1970 e aveva individuato quel filo invisibile che arriva fino alla strage alla stazione di Bologna. Si era messo sulle tracce dei veri responsabili di quegli anni di terrore. E per le sue ricerche finite nei suoi articoli lo hanno condannato a morte. Dunque i mandanti dell’omicidio del giornalista Mino Pecorelli vanno cercati nel cuore del “doppio stato” e del suo regista: la P2 e Licio Gelli. E processare, oggi, il suo assassino significa portare alla luce e chiarire molti fatti tragici della nostra Repubblica. 


06- Ritieni quello della procura veronese un atteggiamento preconcetto dietro al quale si cela un secondo fine?

Credo che legge e giustizia non siano la stessa cosa. Credo che a volte bisognerebbe avere il coraggio di scegliere da che parte stare. Detto questo, credo che Verona sia ancora, purtroppo, una città nera.
    

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