Durante l’evento promosso da Libera, si sono susseguiti interventi di magistrati e familiari di vittime della mafia
Si è svolta venerdì scorso in Piazza Vittorio Emanuele a Menfi “L’Alba della legalità 2023”, la manifestazione antimafia promossa da “Libera” insieme con “l’Associazione Giuseppe e Paolo Borsellino”. Tra i volti noti della lotta alla mafia che sono saliti sul palco di Menfi per ritirare un premio in riconoscimento del loro instancabile impegno, c’è anche quello di Vincenzo Agostino, che il 5 agosto del 1989 ha perso suo figlio, l’agente di polizia Antonino Agostino, ucciso insieme alla sua giovane moglie Ida Castelluccio e la bimba che portava nel suo grembo. “Siamo vicini al traguardo della verità, per questo motivo ringrazio alcuni magistrati che mi hanno aiutato lavorando sul caso di mio figlio. Ringrazio tutti i cittadini che mi hanno accolto nelle scuole e nelle piazze insieme a mia moglie che, purtroppo, mi ha lasciato quattro anni fa. Lei non ha avuto la verità che io spero di ottenere. Noi dobbiamo essere liberi - ha proseguito Agostino rivolgendosi ai giovani presenti - e lo saremo solo quando ognuno farà il proprio dovere”. Presente sul palco anche Giovanni Paparcuri, l’autista del consigliere istruttore Rocco Chinnici, scampato miracolosamente alla morte durante l’attentato del 29 luglio del 1983, quando persero la vita, oltre al noto magistrato, fautore del pool antimafia, anche i carabinieri Mario Trapassi, Salvatore Bartolotta e il portiere dello stabile in cui ha vissuto Chinnici, Stefano Li Sacchi. Dopo aver ricordato i motivi che lo hanno condotto a lasciare il ‘bunkerino’ - il museo realizzato dall’Anm di Palermo per ricordare Giovanni Falcone e Paolo Borsellino - Paparcuri ha ricordato ai giovani che oltre ai doveri e il rispetto doveroso delle regole, esistono anche i diritti. “Ragazzi, pretendete anche i diritti. Noi non dobbiamo chiedere attraverso le raccomandazioni il diritto allo studio, oppure alla sanità; sono diritti e ci spettano”. Il testimone di giustizia Ignazio Cutrò, anche lui presente sul palco di Menfi, sulla scia di Paparcuri, ha parlato di “diritto alla vita”, ma anche della paura di perdere il proprio futuro a causa della mafia. “I mafiosi vi rubano il futuro, per questo dovete denunciare. Siamo in guerra ed è inutile guardarsi attorno. Io sono stato definito ‘infame’, ‘sbirro’ e ‘confidente di questura’; ne vado fiero perché questo significa essere una persona onesta. Non mi sono arreso - ha sottolineato Cutrò - e non ho intenzione di farlo. Fino all’altro giorno ho accompagnato persone a denunciare, perché il nostro obiettivo è quello di aiutare le persone a farlo”.
Balsamo: “L’ergastolo ostativo è un segnale di speranza”
Durante l’evento antimafia è stato consegnato un riconoscimento anche all’ex presidente del Tribunale di Palermo, Antonio Balsamo, il quale, ricordando la morte della piccola Nadia Nencioni, uccisa durante la strage di via dei Georgofili di Firenze nella notte tra il 26 e il 27 maggio 1993, e la morte del piccolo Giuseppe Di Matteo, rapito, ucciso e sciolto nell'acido dopo quasi 800 giorni di prigionia, ha affermato: “La storia della mafia che rispetta i bambini è solo una mitologia”. E ancora: “La lotta alla mafia non si è conclusa. Ci sono numerose vicende drammatiche che hanno bisogno di verità. Mi piacerebbe che nel prossimo periodo ci fosse una Commissione parlamentare Antimafia capace di lavorare sulla scia dell’esempio di Cesare Terranova, che ha sempre creduto alla possibilità di utilizzare le Commissioni parlamentari d’inchiesta per andare oltre la stessa possibilità di accertamento giudiziario. Esistono molte vicende che hanno bisogno di verità”; fatti drammatici che sono avvenuti in passato, in Sicilia e nel resto d’Italia, “che hanno ancora bisogno di verità e sulla quale si possono fare dei passi avanti nei prossimi anni.” - prosegue - “C’è una narrazione diffusa, secondo cui, sulla strage di Capaci sarebbe tutto chiaro. Tuttavia, la ricostruzione che abbiamo fatto, anche grazie alle dichiarazioni di Gaspare Spatuzza - ha spiegato Balsamo - evidenzia la necessità di un grosso impegno d’indagine e di ricerca della verità. Il collaboratore di giustizia Antonino Giuffrè ha spiegato in modo inequivocabile che prima delle stragi, da parte di Riina, è stata eseguita un’attività di contatto preventivo nei confronti di ambienti che fanno parte del mondo economico e politico. Per questo motivo serve un accertamento approfondito relativo agli ambienti con i quali Salvatore Riina è entrato in contatto prima di avviare le stragi del ‘92”. Infine, Balsamo ha voluto ricordare anche i “segnali di speranza” che hanno caratterizzato la lotta alla mafia. “Con mille difficoltà si è riusciti ad approvare la disciplina dell’ergastolo ostativo, che ha impedito la scarcerazione degli autori delle stragi mafiose. Non dimentichiamo che se non fosse stata approvata questa normativa, ci sarebbe stata la possibilità concreta per gente che non ha mai avuto il minimo segnale di pentimento nei confronti delle vittime, oppure nei confronti della collettività, di poter tornare in libertà. Uno degli obiettivi di Cosa nostra - ha concluso - è sempre stato quello di abolire l’ergastolo; un obiettivo che, per fortuna, è fallito”.
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